Heimat, una storia 13° – Ore 6.00

Era la mezzanotte della vigilia di Natale, nella gelida luce del plenilunio, la lunga colonna dei trapassati si dirigeva ordinatamente verso la chiesa di Sant’Udalrico di Frassilongo ma, orrore! Le porte eran ben sprangate ed erbacce crescevan tutte intorno, segno che da tempo nessuno vi aveva più messo piede… allora il Bepi e la Catina senza proferir parola si diressero verso il Pomini, passarono davanti alla casa dei Pruner ormai in rovina, superarono il bivio per Roveda e il loro maso non c’era più: al suo posto una costruzione in nudo cemento, troppo alta e troppo stretta, aveva preso il posto del maso centenario, sul lato nord una pietra annerita dal fumo segno di un vecchio incendio, solo un cartello segnaletico lungo il sentiero ormai divenuto stradone: “Puamine”.
Allora si incamminarono verso la sponda opposta della valle, il Bepi, la Catina, il Lorenzo, il Nanetto, la Minica, la Rosina e la Teresina, il Cange, il Frenk, il Toni, tutti i Pruner guidati dall’Heinrich, e tutti i morti di Frassilongo, Roveda, Fierozzo, Mala, Sant’Orsola e Canezza … tutti verso la chiesa di Santa Maria Maddalena di Palù … ma anche questa era chiusa e ben sprangata, ormai inutilizzata da anni, affisso al muro un manifesto che ne annunciava trionfalmente la conversione in moschea, i soldi eran stati forniti da un non ben specificato fondo UE, chissà UE che cosa voleva dire …
Sconsolati i morti dell’intera valle si consultarono sul da farsi, alla fine i paludani, da sempre i più intraprendenti proposero la soluzione al problema: sarebbero tutti ritornati da dove erano venuti centinaia di anni prima, chi dal Tirolo, chi dalla Baviera ed alla guida del Randolf Pompermaier, colui che dalla pianura Boema li aveva riportati a casa dopo le opzioni, si diressero verso la porta nord della valle, al Dosso di Costalta, ma lungo il cammino furono continuamente attaccati dai lupi e dagli orsi che qualcuno aveva fatto arrivare e lasciato prosperare, dopo che generazioni di contadini li avevano sterminati per poter pascolare in pace le loro greggi, e fu qualcuno del gruppo, morto di recente, che spiegò agli altri che la gente di città, a Roma, a Milano ed a Bruxelles, aveva deciso che i lupi e gli orsi dovessero prendere il posto dei pastori …
Arrivarono al Passo del Redebus ed al posto dell’immensa foresta secolare di larici ed abeti rossi, trovarono uno sterminato cimitero di alberi abbattuti dal vento, ci sarebbero voluti mille anni per far ritornare le cose come prima … qualcuno bisbigliò sconsolato “la tempesta Vaia”.
La lunga teoria dei morti, che via via si accresceva ad ogni nuovo cimitero lungo il percorso, discese lungo la Regnana, per arrivare poi alla Valfloriana, ad Altrei ed infine a scendere nell’Unterland per poi in qualche modo andar su verso il confine austriaco.
Dall’alto dei tornanti che scendevano verso la Valle dell’Adige, il lungo nastro dell’Autobrennero appariva in ambo le direzioni come una coda ininterrotta di camion di tutte le nazioni d’Europa, c’erano targhe ungheresi, ucraine, ceche, tedesche, scandinave, camion provenienti dal Veneto e dalla Lombardia, dalla Sicilia e dal Lazio, un’immensa coda ininterrotta da Ala a Kufstein e da Kufstein ad Ala, il rumore infernale di quei motori perennemente accesi e perennemente in coda, era quello il destino delle Alpi?
Fabbriche di pianura che, per vender merce a consumatori di un’altra pianura, intasavano ed ammorbavano l’aria delle Alpi: un inferno di smog e di rumore!
Presero il treno per Monaco, tanto nessuno si accorse della loro presenza: passarono dapprima l’Unterland, Bozen, poi la Eisacktal, Brixen, Sterzing e la Wipptal ed infine la Inntal, ormai erano arrivati ad Innsbruck, a casa!
Era tempo di elezioni, ovunque manifesti del nuovo partito islamico fondamentalista, rivendite di Sushi, Ramen e Kebap, nessuno ormai vendeva i wurstel, troppa paura di offendere i nuovi europei, al massimo si trovavano quelli di pollo, niente birra, speck nemmeno a parlarne … donne velate integralmente accompagnavano gruppi di bambini vocianti in una lingua sconosciuta e dal suono gutturale.
Era diventata questo la loro Heimat?
Madido di sudore, col cuore che stava battendo all’impazzata, il Bepi si risvegliò nel suo letto, sorrise sereno guardando fuori dalla finestra la luce che precedeva l’alba ed emettendo un gemito di dolore morì in una gelida mattina dell’inverno 1975.
POSTFAZIONE
La notizia della morte di mio nonno per me fu come una sassata scagliata in pieno volto, avevo undici anni.
Al suo funerale non potei partecipare, sapendo quanto gli fossi affezionato il mio patrigno non mi diede il permesso di andare a rendergli l’ultimo saluto: la vendetta meschina di un uomo meschino.
Ho voluto un bene immenso ai miei nonni, questo breve racconto è il modo che ho scelto per testimoniarlo.
Le “puntate” precedenti:
Per chi si fosse “perso” qualche pezzetto di questa storia, ecco i link alle “puntate” precedenti:
HEIMAT, una storia – Ore 08.30
HEIMAT, una storia – Ore 09.00
HEIMAT, una storia – Ore 11.00
HEIMAT, una storia – ore 12.00
HEIMAT, una storia – ore 15.00
HEIMAT, una storia – Ore 19.00
HEIMAT, una storia – Ore 22.00






