von mas 08.05.2024 18:00 Uhr

Heimat, una storia 8° – Ore 11.00

“… L’eredità maledetta della I guerra mondiale e della separazione del Tirolo nelle sue due macro aree linguistiche si era ormai incancrenita nella gente: per i sudtirolesi i trentini erano quelli che a forza di predicare le idee irredentiste avevano aizzato l’Italia nella guerra di conquista del 1915 … eran divenuti i colpevoli del nuovo confine al Brennero – Fabrizio Rebolia racconta la Heimat attraverso la storia di suo nonno –  nato Joseph Hofer, morto Giuseppe Offer. 

Uno dei tralicci abbattuti nella Feuernacht, la Notte dei Fuochi (Foto: SHB)

Finiti quei piccoli lavoretti mattutini il Bepi si sentiva già stanco: per fortuna il pontesel dove stava il tavolo da lavoro dava direttamente sulle camere da letto. Il primo istinto fu di aprire la porta della camera matrimoniale, invece aprì la porta che dava sulle camere che eran state delle figlie, entrò nel corridoio e da lì si infilò nella prima porta a sinistra, ossia nella “camera del vento”.

Questa si caratterizzava per un ingressino foderato completamente in legno ed in pendenza, come a dover superare un lieve dislivello, ed era una stanza perennemente chiusa, adibita a deposito di stagionatura delle mele data la sua temperatura costante, nonché a “parcheggio” delle memorie della famiglia: vi era appesa  un’immagine del Sacro Cuore di Gesù, altre foto impilate di parenti scomparsi, nonché i libri scolastici della famiglia e le pagelle.

In un mucchietto vi erano i libri in tedesco del Bepi, quand’ancora si chiamava Joseph (Seppele) Hofer, una pagella bellissima, tutta costellata di 1 (i voti nelle scuole di lingua tedesca sono in scala ascendente ed 1 equivale ancor oggi all’eccellenza) e la firma di suo padre a suggellare la visione trimestrale della stessa: Hofer Anton.

Lì vicino un librone giallo in tedesco (Das Spatzennenest – Il nido dei passeri), l’antologia in tedesco della più piccola delle sue figlie, l’Armida, che prometteva grandi cose ed infatti fu la “prescelta” della vallata, ma questa è una storia che va raccontata dall’inizio.

 

Tra gli anni ’50 e ’60 infatti la Val dei Mòcheni fu al centro di una corrente culturale-linguistica sotterranea di cui pochi ebbero percezione: poiché è un’enclave linguistica tedesca in provincia di Trento, per la Südtiroler Volkspartei, il partito di raccolta del popolo sudtirolese, costituiva  un’appendice del Sudtirolo, scivolata trenta chilometri più in giù, ciò che valeva per il Sudtirolo, valeva dunque anche per la Val dei Mòcheni, compresa la volontà e l‘opportunità della formazione di una nuova classe dirigente locale.

Tra il divieto di uso ed insegnamento della lingua tedesca, divieto mitigato in parte dalle Katakombenschulen (le scuole clandestine le cui insegnanti finirono spesso al confino) e soprattutto a causa delle morti al fronte durante la II guerra mondiale, di fatto in Sudtirolo la classe politica di formazione culturale e linguistica germanica era stata azzerata: occorreva quindi ricominciare da capo scegliendo i meritevoli e inviandoli a spese della SVP a frequentare corsi di studi appropriati in lingua tedesca, in modo da poter avere i futuri quadri del partito e del territorio.

La cosa, visto il comune sentire tra sudtirolesi e mòcheni e probabilmente data anche la vicinanza politica tra la SVP ed il fondatore del Partito Popolare Trentino Tirolese, il vicino di maso Enrico Pruner (Heinrich per tutti in valle) fu anche estesa alla comunità mòchena e quando chiesero ai maestri delle medie della valle chi fossero gli elementi meritevoli di un corso di studi completo, pagato sino all’università, a Frassilongo saltò fuori il nome dell’Armida, la più piccola delle quattro figlie del Bepi.

Furono giorni di grandi discussioni in famiglia: si rinunciava ad una mano nei campi e nello star dietro al bestiame, ma l’idea di una scuola pagata per intero dalla SVP, dal liceo presso il Collegio delle Suore Salvatoriane di Merano (Schwestern Salvatorianerinnen) all’università probabilmente ad Innsbruck se non addirittura a Monaco di Baviera, era troppo allettante per potervi dire di no, finalmente una Hofer poteva avere un avvenire diverso, probabilmente migliore, vedere il mondo, conoscere persone ed opinioni diverse, vivere insomma … ed alla fine tra addii e lacrimoni l’Armida partì.

 

L‘esperienza invece fu tremenda: oltre alla difficoltà di studiare tutte le materie in una lingua che lei non aveva mai utilizzato (il Bepi e la Catina non insegnarono il tedesco alle figlie, e lo usavano solo tra loro per discutere di cose gravi o per litigare) la cosa peggiore fu l‘atteggiamento delle compagne di collegio e soprattutto delle suore nei suoi confronti che, in quanto walsche, ossia non tedesca, la bersagliarono, soprattutto all’inizio, dei peggiori epiteti, come “cane italiano” ed altre piacevolezze del genere … Lei scoprì dunque che, al di là del comune sentire tanto conclamato, del “Von Kufstein bis Borghetto”, la realtà era ben diversa.

L‘eredità maledetta della I guerra mondiale e della separazione del Tirolo nelle sue due macro aree linguistiche si era ormai incancrenita nella gente: per i sudtirolesi i trentini erano quelli che a forza di predicare le idee irredentiste avevano aizzato l’Italia nella guerra di conquista del 1915, pochi agitatori erano assurti a simboleggiare un intero popolo ed i trentini, che furono quelli che più di tutti pagarono il prezzo della guerra, coi morti in Galizia e la loro terra completamente distrutta dalla guerra, eran divenuti i colpevoli del nuovo confine al Brennero. Gli undicimila morti trentini non valevano la triade Battisti – Filzi – Chiesa ovunque glorificata in ogni piazza e strada d’Italia.

Aggiungiamo poi le opzioni, che riguardarono tutto il Sudtirolo, mentre nel Trentino rimasero di fatto limitate ai ladini, ai mòcheni ed ai lusernesi, contribuendo alla lacerazione del comune sentire tirolese.

Infine, occorre doverosamente aggiungere che nei primi anni ’60 il conflitto etnico era al suo apice,   dopo la Feuernacht del giugno 1961 era appena iniziata la “guerra dei tralicci”: erano gli anni degli arresti continui tra la popolazione sudtirolese (donne e vecchi compresi) e delle conseguenti torture in carcere, gli anni dell’immigrazione di massa dal resto dell’Italia per capovolgere la proporzione etnica e degli espropri subiti dai contadini per costruire le fabbriche riservate agli italiani (in Lancia, Falck ed Accumulatori Alto Adige vigeva il divieto di assumere manodopera di lingua tedesca), la tensione era massima e la diffidenza verso chiunque parlasse solo italiano pure.

Ovunque si parlava delle torture subite da Sepp Kerschbaumer e dagli altri semplici sospettati di far parte del BAS (Befreiungausschuss Suedtirol – Fronte di Liberazione del Sudtirolo), e la questura di Trento, col placet e la regia dei servizi segreti guidati dal generale De Lorenzo, si distinse particolarmente in quest’opera.

Insomma, chiunque arrivasse da sud di Salorno e non parlasse una parola di tedesco, veniva subito guardato con sospetto, se non addirittura accolto con aperta ostilità.

 

Non erano dunque anni facili né di armonia quelli … ed a farne le spese fu proprio l’Armida che, dopo un anno di inferno, alla fine tornò in valle, ma completamente cambiata: aveva visto il mondo che c’era là fuori, e là fuori voleva ritornare a vivere, ma da persona libera e soprattutto indipendente.

 

Le “puntate” precedenti:

Per chi si fosse “perso” qualche pezzetto di questa storia, ecco i link alle “puntate” precedenti:

HEIMAT, una storia – Ore 6.00

HEIMAT, una storia – Ore 6.30

HEIMAT, una storia – Ore 7.30

HEIMAT, una storia – Ore 8.00

HEIMAT, una storia – Ore 08.30

HEIMAT, una storia – Ore 09.00

HEIMAT, una storia- Ore 10.00

 

Jetzt
,
oder
oder mit versenden.

Es gibt neue Nachrichten auf der Startseite