von mas 25.04.2024 08:30 Uhr

Tradizioni: 25 aprile, le Rogazioni Maggiori

Con Roberto Bazzanella, alla ri-scoperta di tradizioni, usanze, credenze popolari del Tirolo.

Rogazioni - Immaagine da Cathopedia
25 aprile – Le Rogazioni
E’ curioso che proprio in un momento storico in cui non si fa altro che parlare di cambiamenti climatici, di siccità, di bombe d’acqua e di necessità di un rapporto con l’ambiente “sostenibile”, siano scomparse praticamente del tutto le “Rogazioni”
E per “Rogazioni” oggi, 25 aprile, intendiamo quelle “maggiori”, le “grandi”, che precedono quelle “minori” o “piccole” dei tre giorni prima dell’Ascensione.
Le “Rogazioni” riaprono nella stagionalità il rapporto diretto terra-uomo con l’avvio pieno del lavoro agricolo e coincidono con le semine e il rinnovo dei campi di inizio stagione: ecco perché era, e sarebbe ancora, necessario implorare un Aiuto superiore rispetto a quello meramente umano, l’aiuto Divino, per far “fiorire le messi” come si diceva un tempo, chiedere la pioggia quando necessaria, invocare Dio perché cessi o non venga mai la siccità e molto altro.
Che le Rogazioni fossero importanti lo sapevano soprattutto, nella loro innocenza che sapeva però leggere tutti i segni, i bambini, che attendevano nelle Alpi questo giorno con impazienza, in quanto solo dopo la conclusione delle lunghe processioni che toccavano in questo giorno le “croci rogazionali” ai quattro angoli dei paesi, i più piccoli potevano girare scalzi, evitando le scomode e anche molte volte dolorose calzature in legno o cuoio che caratterizzavano l’inverno.
E così una festa laica ha dapprima affiancato e poi sostituito quella religiosa di San Marco e delle Rogazioni, e le antiche invocazioni e litanie processionali per chiedere buoni frutti della terra e equilibrare il rapporto con il creato, sono state sostituite dalla raccolta differenziata e dalle sfilate dei “Friday”.
Segno dei tempi.
Resta ancora però qualcosa, tant’è che, in maniera anche scherzosa, la festa di oggi è chiamata in molte valli della nostra terra ancora la “festa del badìl”: decenni fa era una delle poche festività non religiose, e quindi non di precetto, in cui era possibile fare quindi “lavoro servile” senza chiedere “dispensa” al signor Curato o al Parroco. Tutti nei campi col “badil”, quindi, un ultimo piccolo segno di quell’antica epoca di genuino rapporto fra l’uomo e la terra veicolato da sincera fede
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