von mas 21.05.2020 06:45 Uhr

Briciole di Memoria: Maria Boso “Tamburlo”, diario di una Tirolese

Massimo Pasqualini ha deciso di pubblicare – in esclusiva per i lettori di UnserTirol24 – una parte del diario di sua bisnonna, che nel febbraio 1916 fu internata in un lager in Sicilia.  E’ un racconto vero, duro e  molto dettagliato: quella di oggi è la prima parte.

Maria Boso "Tamburlo", l'autrice del diario

Ho deciso di pubblicare una parte del diario di mia bisnonna riguardante il suo internamento in un lager in Sicilia avvenuto nel febbraio del 1916, tre mesi prima dell’internamento di tutta la popolazione civile che si era fatta sorprendere nel paese di Castello Tesino dall’esercito italiano che aveva invaso il lembo meridionale dell’Impero Austriaco. Queste persone furono rinchiuse in vari campi di concentramento sparsi sul suolo del Regno d’Italia.

Mia bisnonna si chiamava Maria Boso “Tamburlo”. Aveva sposato in seconde nozze, per la morte del suo primo marito, mio bisnonno, il  maestro Piero Sordo “Carlin”, pure lui vedovo. I primi giorni di maggio del 1915, quando si capiva già che il fedele alleato italiano non era poi tanto fedele ed aveva iniziato i preparativi per invadere la nostra terra, mio bisnonno partì volontario con gli Standschützen del paese di Castello Tesino alla veneranda età di 59 anni. Pur non avendo nessun obbligo riguardante il servizio militare perché già vecchio, lo fece perché si sentiva moralmente obbligato a difendere il proprio paese e la propria gente dall’invasore; a lui si unì, sempre come volontario, suo figlio Narciso di soli 16 anni, diventato poi il famoso Don Narciso morto a Mauthausen alla fine della seconda guerra mondiale:  l’altro suo figlio Giorgio combatteva già come aspirante ufficiale con i Kaiserjäger  contro i russi in Galizia, dove aveva ricevuto una medaglia d’argento al valore militare.

Il 22 febbraio del 1916  inizia il racconto dell’internamento nel Regno italico di Maria Boso “Tamburlo” che la porterà, attraverso un viaggio allucinante, sino ad uno sperduto campo di concentramento in Sicilia.

 

“Alle ore quattro del giorno 22 febbraio, giorno di martedì, 1916 la mia cugina Maria Menguzzato sente picchiare alla porta: risponde chi è e sente la voce del carabiniere che la invita a chiamarmi. Viene la povera Maria e mi dice che i carabinieri mi vogliono parlare. Io mi misi subito a vestirmi e le diedi ordine che intanto aprisse la porta che entrassero. Vestitami andai in cucina; il carabiniere mi dice che bisogna che mi conduca a Strigno dal comando militare. Sentito così io, senza scompormi, mi vestii con vestiti da inverno per andare a Strigno. Partii verso le cinque del mattino dalla mia casa, ove lasciai famiglia, casa, tutti i miei averi e i miei cari figli e figlie (NdR: lasciava a casa sette bambini  la più grande dei quali aveva 9 anni), senza nemmeno dargli un bacio di addio, anzi meno che la mia figlia Gisella, tutti gli altri li lasciai nel letto a riposare tanta era la certezza di ritornare non sentendomi colpevole di nessuna colpa. Prima di partire dalla mia casa bevetti un bicchiere di latte e caffè.

Arrivai in caserma e bevvi anche qui un caffè nero offertomi dai signori carabinieri, che per delicatezza avevano fatto fermare un carro perché possa montarvi sopra durante il viaggio da Castello Tesino a Strigno in Valsugana e così parte a piedi, parte sul carro arrivai a Strigno. Qui andai, sempre accompagnata dai carabinieri, nelle scuole vecchie di Strigno per ricevere degli ordini. Da qui partii, sempre in compagnia dei reali carabinieri per andar dal commissario italiano. Durante la strada incontrammo un carabiniere che rivolto alle mie guardie domandò se questa donna è da internare. Nonostante tutto questo io non pensavo che fosse vero tanto era la convinzione di essere innocente. Arrivai dal commissario e qui, sul piazzale, trovai tanta gente, uomini, donne tutti melanconici, qualcuno piangeva. Io resto ferma nel piazzale ed uno dei carabinieri della scorta va dal commissario e dopo pochi minuti ritorna con una carta in mano. Mi chiama e mi consegna la carta che diceva che dovevo partire per Vicenza assieme a tutta quella gente che era là. Potete immaginare il mio crepacuore pensando alla mia innocenza, ai miei figli rimasti a casa da soli e rimasi, rassegnata ai voleri di Dio.

  • Il maestro Piero Sordo"Carlin", marito di Maria Boso (e bisnonno di Massimo Pasqualini)

23 febbraio 1916

Salutati i gentili carabinieri e fatte diverse raccomandazioni mi unii ai miei compagni di sventura. Fra questi vi era la Vittoria Valandro, allevata da mia zia Chiara, per cui era di mia conoscenza ed altre persone di Scurelle. – Pochi minuti dopo partimmo alla volta di Ospedaletto, per essere internati per ordine militare,  accompagnati dai signori carabinieri. Il treno è pronto; quasi tutti piangono, si monta, sempre accompagnati,  alla volta di Grigno.

Qui do un occhiata ai miei monti, alle strade, alla valle, mi sembrava che il cuore mi si spezzi, pensando alla mia famiglia che ancora non sapeva della mia disgrazia; – la mancanza della mamma chi sa per quanto, i miei figli da soli. Poveri miei gemelli, povera la mia famiglia dispersa per il mondo. – Qui la Vittoria vedendomi così in cattivo stato, mi offrì un uovo che essa pure aveva ricevuto da altri, durante il viaggio mi diede più volte qualche pezzetto di cioccolata. Arrivammo a Bassano e partimmo subito per Cittadella. – Qui abbiamo fatto una fermata di tre ore. Smontammo e ci misero in un bugigattolo, simile a una prigione, sempre senza mangiare, e dopo più di un’ora ci condussero nella sala d’aspetto; ricevemmo una tazza di caffè latte e 5 centesimi di pane  (NdR: i cinque centesimi di pane, li dovettero pagare gli internati di tasca propria e se non avevano i soldi non potevano mangiare neanche quella ridicola porzione di pane). – Bisogna notare che avevamo freddo perché era febbraio… Partimmo alla volta di Vicenza e arrivammo verso sera.

La nostra scorta ci condusse in prefettura e dopo aver firmato il foglio presenze ci hanno obbligati a depositare il denaro; – Ci condussero a dormire – gli uomini da una parte e me e Vittoria da un’altra. Di mangiare neanche parlarne, faccio le scale,  la “custoditrice” (secondina) vuole che depositiamo il rimanente denaro, – non si fida, ci perquisisce e poi ci conduce nella camera da letto.

O, che camera, – una prigione- qui trovammo la compagnia di altre donne imprigionate; – mi consegnano un letto duro, duro e una coperta e ricevemmo la buona notte dalla sgarbata donna che fa la carceriera che, chiusa la porta a chiave, se ne andò.

  • Una rappresentanza della Schützenkompanie di Castello Tesino. Seduto al centro, il maestro Pietro Sordo "Carlin". Il capitano è Ettore Sordo,figlio di PIetro

Che notte orrenda e fredda fu la notte del 22/23 febbraio, senza cena con solo una tazza di caffè e cinque centesimi di pane in tutto il giorno… Qui per i nostri bisogni, bisognava usufruire di un secchio, che tenevano nella medesima prigione in un armadio. Alle ore otto venne la sgarbata donna, la carceriera ci apre la porta e ci domanda se con i nostri soldi volevamo latte caldo. Io ne avevo proprio bisogno, ne ordinai 15 centesimi, il latte mi fu portato in prigione, la carceriera mi offri del pane, ringraziai, ma non ne volli da lei.

Dopo esserci lavati alla meglio, per asciugamano adoperai il mio vestito, ci fecero raggiungere i nostri compagni che erano 4 uomini di Scurelle, 3 giovani di Bieno, uno di Tezze , io e la Vittoria.

Fummo sottoposte ad un interrogatorio. Ci fecero firmare e ci restituirono il denaro. Distaccarono una guardia di polizia che ci condusse in un osteria a mangiare, pagammo con i nostri soldi, scrissi una cartolina a casa. La guardia di polizia ci accompagnò sino alla stazione di Vicenza (ore 10) e dalla stazione partimmo alla volta di Bologna. Ci rilasciarono una carta da presentare a Firenze.”

 

I capi d’imputazione per l’arresto di mia bisnonna (lo seppe durante l’interrogatorio) furono due: il primo consisteva nell’aver chiesto ad un ufficiale italiano dove fossero i soldati austriaci; l’altro era perché era moglie di un noto austriacante.

Il racconto continuerà giovedì prossimo con la narrazione dell’allucinante viaggio che la condurrà sino allo sperduto campo di concentramento nell’isola di Sicilia.

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