von mas 08.06.2017 06:30 Uhr

Briciole di Memoria 17: La Feuernacht nel ricordo di Luigi Sardi – 2° parte

Nell’avvicinarsi dell’anniversario della Feuernacht, il ricordo di quei giorni nelle parole di Luigi Sardi. Appassionato narratore di storia vera, nel giugno del 1961 Sardi era giornalista al quotidiano Alto Adige. La sua è una testimonianza di prima mano, vivida e realistica. E’ un lungo monologo: la settimana scorsa “Briciole di Memoria” ne ha proposto la prima parte, oggi il racconto si conclude.

Il primo testimone che arrivò sul posto, provenendo da Bolzano in sella a una Lambretta, pensò a un uomo investito da un’auto pirata. Pochi minuti dopo, da Trento, arrivarono sul posto dell’esplosione il procuratore della Repubblica Luigi Spadea con il segretario Gino Manunta, il sostituto procuratore Catullo Zanfei, il capitano dei Carabinieri Federico Marzollo, comandante del nucleo di polizia giudiziaria di Trento, con i brigadieri Vignola e Baita, il maresciallo dell’Arma Paiar, comandante della stazione di Salorno, e il maresciallo artificiere Vito Tuzzo. Si fermarono di fronte a quel corpo straziato, supino in mezzo alla carreggiata.

Intanto a Bolzano ci si accorge che non c’è un piano difensivo, si capisce che l’attacco è stato portato a termine da un gruppo notevole di assalitori che, ricevuti gli ordigni da tempo confezionati, si sono mossi con sicurezza fra boschi e vigneti fino ai piedi dei tralicci, gli obbiettivi di quel massiccio assalto.

Qualcuno fa sapere ai cronisti di “nera” che frequentano le caserme dell’Arma, che il Sifar aveva avvertito per tempo quanto stava per accadere. Si disse che il generale Aldo Beolchini comandante del IV Corpo d’Armata, avesse fatto preparare un piano per sventare l’attacco terroristico. Ma l’ufficiale venne trasferito da Bolzano, così si disse, per ragioni politiche e con lui se ne andò, se mai ci fu, il piano di difesa.

Era quella del 1961 l’epoca del Sifar, del generale Giovanni De Lorenzo, della colossale schedatura di personaggi della politica, dirigenti di partiti, sacerdoti, giornalisti, industriali, uomini di affari e qualche donna molto avvenente . Un lavoro immenso che, secondo l’affermazione fatta 30 anni dopo da un personaggio che era stato nel Sifar, aveva impegnato tutti gli investigatori concentrati soprattutto a Roma e che – forse – non avevano molto tempo per interessarsi su quanto stava avvenendo attorno alla frontiera del Brennero.

Proprio Beolchini sarà l’estensore della famosa “relazione” attorno ai famosi fascicoli, quella con i tagli imposti dai politici per esigenze esclusivamente politiche: come si legge sul quotidiano La Stampa, dove si scrive che Di Lorenzo ricattava i politici e loro subivano il ricatto. Una pagina della storia italiana della quale, pare evidente, non si può essere orgogliosi.

Mentre cominciano le inchieste, attorno a Bolzano ci sono altri “attentati” e ai piedi dei tralicci abbattuti – ci volevano almeno tre cariche per piegare uno di quei giganti d’acciaio – ecco i manifestini che incitano la popolazione sudtirolese alla sollevazione, alla rivolta contro lo Stato italiano che la tiene prigioniera dal novembre del 1918. Sono firmati “Die Südtiroler Freiheitskämpfer”.

In quel clima di autentico spavento venne accolta con applausi e grida di gioia, ovviamente solo da parte degli italiani, l’autocolonna della Celere partita da Padova quando si profilò lungo il rettilineo che immetteva in città. Una camionetta dopo l’altra cariche di uomini armati, i mitragliatori Bren piazzati sui tettucci degli autocarri, le autoblindo in mezzo e in coda al convoglio. Si annuncia il divieto d’avvicinarsi ai tralicci, alle linee ferroviarie, a quelle elettriche, alla sede della Rai, a quella in passeggiata S. Quirino del giornale Alto Adige, alle caserme, agli stabilimenti presidiati da soldati che hanno l’ordine di sparare su chi non risponda prontamente all’intimazione di alt. Purtroppo a Malles e Sarentino due contadini, che pur non avendo nulla a che fare con gli “attentati”, si erano dati alla fuga davanti alle pattuglie militari, vennero falciati dalle raffiche di mitra.

La “notte dei fuochi” che scatena la “guerra dei tralicci” ha un enorme impatto. Subito crolla il turismo degli italiani verso le bellezze del Sud Tirolo e dei tedeschi verso le spiagge italiane in un momento che, 15 anni dopo la fine della guerra, era di robusta crescita economica.

La risposta dello Stato è rabbiosa, la mobilitazione delle forze dell’ordine e dell’Esercito è imponente, durissima quanto disordinata: ma gli “attentatori”, padroni dei boschi, protetti dal patriottismo dei compaesani, riescono sempre a fuggire.

Jetzt
,
oder
oder mit versenden.

Es gibt neue Nachrichten auf der Startseite