von mas 14.06.2025 18:33 Uhr

Un libro al mese: „Ero un bullo“ – 2

„Senza le parole ciò che rimane è la violenza“oggi presentiamo il secondo estratto da „Ero un bullo“ di Andrea Franzoso. Daniel è un bullo temuto da tutti, carico di rabbia e di aggressività. Solo quando arriva quasi a toccare il fondo, impara a guardare le cose da un’altra prospettiva. Il libro di Andrea Franzoso, scrittore che ha scelto di vivere in Sudtirolo, è un’appassionante storia vera, di amicizia, di rinascita e di amore per la vita, che tutti – ragazzi, genitori ed educatori – dovrebbero leggere.

Particolare della copertina del libro

La prima rapina in banca

“Ora gli dico che non me la sento, e vado a scuola” pensò.  Ma proprio in quell’istante Maxim gli batté due colpetti sulle ginocchia:  «Andiamo».  Daniel guardò l’ora: le nove e un quarto. Deglutì. Disse semplicemente: «Sì».

Scesero in cortile e recuperarono il Kymco nascosto dietro i cespugli. Daniel mise in moto, Maxim salì dietro. «Ci sei?» Maxim annuì.

«Vado?» 

«Vai!»

Daniel sfrecciava in mezzo al traffico del mattino cercando di scacciare i pensieri. Era turbato e aveva paura.  “Ora mi giro e torno indietro. Cosa mi è venuto in mente di far sta cosa?”  Ma poi si immaginava i soldi: di lì a poco si sarebbe davvero ritrovato con un sacco di soldi.  “Quante cose mi posso comprare? Un botto. Ma per primo, il RefrigiWear. Oggi, appena è tutto finito, mi vado a prendere il RefrigiWear.”

E poi non poteva tollerare il pensiero di fare una brutta figura. Dopo tutti quei discorsi al Mac, i sogni e le pianificazioni… Cosa avrebbe pensato Maxim? Non poteva certo mostrarsi debole con il suo migliore amico. E gli altri, poi? Sarebbe stata la fine.

“Ormai è quasi fatta, dai. Abbiamo pensato a tutto, è inutile tirarsi indietro proprio adesso.”

Nel tempo di quel tragitto in motorino, ogni esitazione venne meno.

“Voglio dimostrare a tutti quello che sono capace di fare.”

Arrivarono alla banca e parcheggiarono di fronte, proprio accanto all’uscita di sicurezza. Scesero dal motorino e si levarono i caschi appoggiandoli sul sellino. Maxim entrò per primo e si mise in fila dietro a un signore allo sportello di sinistra. A quello di destra, una ragazza stava depositando dei soldi. Non c’era nessun altro. Daniel aspettò fuori qualche secondo, e poi lo raggiunse.

Quando venne il turno di Maxim, estrasse velocemente il taglierino e intimò: «Questa è una rapina, nessuno si muova. Consegnateci i soldi e non vi succederà nulla». E poi passò bruscamente un sacchetto di plastica alla cassiera: «Metti tutto qui dentro, svelta. E niente scherzi».

Daniel raggiunse l’altro sportello e urlò sgolandosi all’operatrice: «Fuori i soldi! Ora».

Senza le parole...

Per fortuna, c’era qualcuno con cui poteva parlare: Serafina. Daniel la incontrò qualche giorno dopo il suo arrivo in carcere e pensò subito che, come psicologa, non era niente male: giovane, sguardo intenso e, soprattutto, un modo di fare che lo metteva immediatamente a suo agio.

Ogni settimana avevano un’ora di colloquio in cui par­lavano di tutto. Daniel non aveva mai immaginato che era quello ciò che gli serviva: uno spazio di ascolto in cui potersi aprire senza timore di essere giudicato.

Il problema era che ogni tanto il suo discorso sembrava incepparsi: gli mancavano le parole. Daniel si rese conto che il suo linguaggio non riusciva a descrivere appieno ciò che sentiva. E allora procedeva per continue appros­simazioni, oppure ricorreva a qualche esempio, mai del tutto congruo, o ai versi delle canzoni che amava.

Senza le parole, non soltanto non era in grado di espri­mersi e di comunicare, ma non riusciva nemmeno a pen­sare. Il risultato? La realtà che lo circondava diventava incomprensibile. E lui ne soffriva, si arrabbiava.

Un giorno provò a chiedere consiglio a Serafina: «Le parole che non ho, come faccio a impararle?»

«Devi leggere, Daniel.»

«E cosa?»

«Libri, quotidiani…»

«Ma no, ma che c’entra… E poi che noia leggere.»

«Fai come vuoi. Ma senza le parole quello che rimane è la violenza.»

E‘ giovane, Andrea Franzoso, ma nei suoi cinquant’anni scarsi di vita ha già preso diverse legnate nei denti, per aver scelto di non tacere, di denunciare il malaffare e la corruzione.  Per questo ha perso il lavoro, ma se ne è letteralmente inventato un altro: ora scrive libri dove racconta le sue esperienze, dove spiega quanto siano importanti la coerenza, l’onestà, la giustizia e  l’impegno civico, quanto nella vita contino soprattutto i valori.

Nato in Veneto e vissuto a Milano, si è trasferito in Sudtirolo dove, dice, sente di aver  trovato il suo posto, di essere arrivato a casa. 

Il suo libro „Ero un bullo“  Andrea Franzoso racconta la storia di Daniel, un ragazzo „difficile“, che vive in un ambiente familiare carico di tensioni, nella periferia di una grande città.  Convinto che l’unico modo per guadagnarsi il rispetto sia incutere paura, non  teme niente, neanche di fare un colpo in banca. E le rapine arriva a farle per davvero, finché finisce in un carcere minorile. È considerato un ragazzo perduto, irrecuperabile.  Ma una volta toccato il fondo, per Daniel arriva la svolta. 

Il libro di Andrea Franzoso affronta un tema difficile, quello del bullismo giovanile,  ma scorre veloce, emozionante e sincero; dovrebbe essere letto da tanti, ragazzi, genitori, educatori.  Infatto l’autore lo „porta in giro“, nelle scuole, nei teatri, nelle comunità; e per raggiungere ancora più persone, „Ero un bullo“  è diventato anche uno spettacolo  teatrale. 

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