von fpm 29.03.2024 13:00 Uhr

Per non dimenticare le vittime tirolesi (4)

Un po’ di trasparenza su due date rimaste nella memoria

elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

Come ricordato nelle precedenti puntate, i sopravvissuti all’attentato di via Rasella dove persero la vita 33 soldati del battaglione Bozen, si contraddistinsero per un gesto non comune di “disobbedienza” al nazismo e alla spietatezza delle sue leggi e dei suoi ordini. Molti di loro prima furono soldati dell’Esercito Italiano poi arruolati con l’Esercito Tedesco nel ’43, in ottobre, perché essendo tirolesi e dentro l’Alpenvorland dovettero arruolarsi con i tedeschi, prima in caserma a Bozen e dopo a Roma, per tre mesi quando subirono la strage di via Rasella il 23 marzo 1944. Riportiamo in conclusione della nostra rivisitazione storica, la testimonianza dell’ultimo sopravvissuto, Arthur Atz, rilasciata in un ’intervista realizzata nel 1993 dal regista Enzo Cicchino nel corso della sua inchiesta sull’azione partigiana di Via Rasella e andata in onda per il programma della RAI TV- MIXER di Giovanni Minoli a cui venne chiesto cosa avvenne quel pomeriggio del 23 marzo 1944 in via Rasella a Roma.

«Come ogni giorno – ricordò Atz, – per tutto il mese, eravamo stati a sparare al poligono di tiro. Tornavamo in città, al Viminale, dove avevamo alloggio. Era l’ultimo giorno. Io marciavo in testa al primo plotone. Quella via Rasella è una strada stretta. Sono passato al fianco del carretto per la spazzatura, carico di esplosivo. Ero da quella parte, ma non ho notato niente di particolare. Pochi metri dopo c’è stata l’esplosione, che ha sventrato il secondo e terzo plotone». Perché da Bozen il Reggimento era stato concentrato a Roma? «Noi non eravamo volontari. A parte me, erano tutti più anziani. Siamo stati arruolati tre mesi prima a Bozen, mandati a Roma senza volerlo, per operazioni di polizia. Roma era stata dichiarata città aperta. Anche se Roma era occupata dalle autorità del Reich, toccò a noi, poliziotti südtirolesi, andare a Roma, e fare la guardia agli obiettivi che i superiori volevano sorvegliare».

I battaglioni del Bozen sono stati usati per uccidereper rastrellare i partigiani? “No, quello no, quello no, mai… gli altri battaglioni non so cosa hanno fatto. Noi eravamo a Roma e non abbiamo fatto altro che le guardie su in Vaticano, che non succeda niente in Vaticano, abbiamo fatto solo quello”.

Chi era il vostro Comandante? “Il Comandante era il Maggiore Dobrick, il Maggiore del battaglione Dobrick”. E che rapporto c’era tra voi ed il vostro Comandante?Si può dire… era un uomo molto serio e noi l’abbiamo visto poche volte, perché non abbiamo avuto niente a che fare con lui”. (continua)

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