von mas 24.09.2022 18:30 Uhr

Un libro al mese: Georg Klotz, una vita per l’unità del Tirolo – 4

“I mediocri non raggiungeranno mai né la libertà né il Regno dei Cieli”. La vita, gli ideali, le battaglie, la morte del Freiheitskämpfer raccontati da sua figlia, Eva Klotz.   Oggi ne proponiamo un ultimo stralcio: “Non ho paura di morire, perchè ho sempre seguito la mia coscienza e voluto solo il meglio per la mia Heimat, anche se qualche volta è stato veramente difficile…”

Dopo aver scontato l’ultima pena e aver chiuso il capitolo della detenzione nella Patria Austriaca, nella primavera del 1970, Jörg ricevette l’offerta di utilizzare insieme a me (NdR: a quel tempo Eva Klotz frequentava l’università a Innsbruck) l’abitazione di un conoscente. Il proprietario era stato attirato in Sudtirolo e subito incarcerato dagli italiani per complicità nella lotta di liberazione. L’offerta della casa ci fece molto piacere. Per papà esisteva di nuovo un ambiente familiare. Ora avevamo più tempo per noi due e potevamo parlare di molte cose. Ebbi modo di apprezzare la sua tolleranza e generosità. Anche la sua apertura mentale mi sorprese. Ma una cosa mi disturbava: fumava sempre troppo.

Nel febbraio del 1971 anche la mamma venne a casa nostra a Innsbruck per un ponte di fine settimana.  La sua preoccupazione principale era concentrata sul processo a Kerbler che doveva aver luogo a Perugia.  Nostra madre temeva di non riuscire a distogliere Jörg dall’idea di andarci…Era comprensibile che Jörg non fosse intenzionato a permettere che l’assassino del suo amico Luis Amplatz se la cavasse a buon mercato, ma alla fine prevalse la preoccupazione per la sua incolumità  (…)

Jörg non ce la faceva più a sopportare la città, desiderava la natura e la sua quiete.  Erano i tempi del miracolo economico e non c’era più nè tempo nè comprensione per l’idealismo e per ideali di libertà …   Dopo il lavoro si recava spesso in un locale, ma trovava sempre meno contatti umani e socializzazione.  Pochi si interessavano per quanto gli stava a cuore:  “Guarda un po’ quello là, bisognerebbe impiccarlo…” sentì dire più di una volta nei suoi confronti (…)

Nell’autunno di quell’anno  il posto adatto fu trovato nella Ruetztal, vallata che si estende al di sotto dello Schönberg ma che appartiene al comune di Telfes nella Stubaital.  La valle è facilmente raggiungibile dalla strada statale del Brennero. Dal ristorante Stefansbrücke un sentiero conduce vero il piccolo villaggio di Unterberg, e prosegue poi fino alla centrale elettrica situata vicino al ruscello. Da quel punto in poi si poteva procedere soltanto a piedi e per raggiungere la casetta di legno bisognava camminare lungo il ruscello per un buon quarto d’ora.  La costruzione era solitamente vuota e veniva utilizzata saltuariamente dai boscaioli.

Nella parte anteriore si trovavano il focolare, alcuni scaffali e un grande tavolo con panca ad angolo.  Nella parte posteriore c’era il dormitorio con i materassi dove potevano pernottare da otto a dieci persone.  Il ruscello era distante soltanto pochi metri.  La casetta si trovava in una radura pianeggiante e subito dietro cominciava il bosco misto, che diventava fitta foresta di conifere verso il pendio. Di notte si potevano scorgere sopra l’altro versante della valle le luci del ponte Europa.  Jörg accettò subito: la nostalgia di casa non si sarebbe spenta, ma gli sarebbe stata più facile da sopportare (…)

Attrezzò la nuova dimora in modo accogliente  e mi mostrò presto il suo nuovo regno. Mi piacevano i dintorni e l’accogliente casetta: “Qui i ragazzi ti possono aiutare durante le vacanze estive a raccogliere la legna. Poi possiamo venire tutti insieme da te in estate e rimanere per parecchio tempo.  Anche alla mamma piacerebbe qui”  (…)

Era a letto da tre giorni e i dolori non cessavano. Accusava anche difficoltà respiratorie e non si sentiva bene, anche se non si lamentava.  I giovani (NdR: due boscaioli che lavoravano insieme a lui) pensavano che si trattasse di una semplice influenza.  sabato 24 gennaio 1976 il lavoro nel bosco era terminato verso mezzogiorno e i due dovevano ritornare a casa. Anche Jörg si alzò e si vestì, voleva recarsi dal medico a Innsbruck.   I tre partirono assieme e Jörg aveva il proprio zaino con sè, non riusciva però a tenere il passo con i due giovani. “Andate avanti – disse – io vi raggiungo dopo”.  Quando mezz’ora più tardi non era ancora arrivato all’auto, si preoccuparono, Bernhard ritornò indietro.  Non lontano dalla sicura casetta, proprio là dove appare alla vista per la prima volta, il giovane scorse Jörg. Giaceva immobile sulla schiena.  Bernhard si accorse che Jörg era morto. Era caduta neve fresca…

Nel pomeriggio si sabato 31 gennaio 1976, mentre era in corso una fitta nevicata, si mosse nella vallata un corte funebre mai visto in precedenza. Sei Schützen portavano a spalle il feretro, completamente avvolto dal biancore nella neve… Jörg Klotz era ritornato a casa. Non aveva combattuto invano … 

Era già notte quando l’ultima persona in lutto lascià il camposanto che,  unitamente alla bara di Jörg Klotz, rimaneva immerso nel profondo silenzio di neve.

La biografia di Georg Klotz è stata scritta dalla figlia Eva, che non necessita certo di ulteriori presentazioni.  L’edizione in lingua italiana a cura di Effekt! è uscita nel 2012.  Il libro può essere acquistato in libreria,  richiesto direttamente  ALL’EDITORE EFFEKT GmbH ,     oppure – anche con dedica personalizzata –  alla PAGINA WEB DELLA SÃœDTIROLER FREIHEIT

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