von mas 24.09.2022 12:34 Uhr

Andreotti: “Trento e Bolzano, storia e destini comuni”

L’intervento di Carlo Andreotti alla presentazione del libro di Günther Rauch “Der Marsch auf Bozen”

Ieri sera si è svolto a Bolzano presso la Kolpinghaus, l’atteso evento di presentazione del nuovo libro di Günther Rauch “Der Marsch auf Bozen”, la Marcia su Bolzano, ora in libreria – per il momento solo nell’edizione in lingua tedesca. Sala piena e presenze di peso a testimaniare l’importanza dell’opera di Rauch.

Nei prossimi giorni daremo anocra spazio al libro, alla serata e ai diversi momenti che l’hanno caratterizzata.  Oggi riportiamo per intero il puntuale intervento dell’ex presidente della Provincia di Trento, Carlo Andreotti.  Andreotti, anche se colpito da una temporanea afonia, ha voluto comunque presenziare alla serata, affidando la lettura delle sue parole a Manuela Sartori

Trento e Bolzano, storie intrecciate

Un particolare ringraziamento a Günther Rauch –ha iniziato Andreotti –  sia per la sua pubblicazione, frutto di anni di lavoro e di ricerche nei vari archivi europei, sia perché invitando me, non si è dimenticato del Trentino e del fatto che la storia del Trentino e del Sudtirolo si sono intrecciate per centinaia di anni e tutt’ora si intrecciano.

Ricordo la storia dei due principati vescovili di Trento e Bressanone, con il principato di Trento che comprendeva Bolzano e Merano;

Ricordo il comune destino negli anni travagliati delle guerre napoleoniche e del sacrificio di Andreas Hofer;

Ricordo la comune appartenenza alla principesca contea del Tirolo sino al 1919 quando il Tirolo fu drammaticamente diviso.

Questo per ricordare che i destini di Trento e Bolzano, del Sudtirolo di lingua tedesca e del Tirolo meridionale di lingua italiana sono sempre stati destini comuni, tanto che al termine del secondo conflitto mondiale Clara Marchetto, eroina autonomista, poteva scrivere il suo libro dal titolo significativo: “Non c’è storia del Trentino senza il Tirolo, non c’è storia del Tirolo senza il Trentino”.

Ma c’è ben di più: tirolesi di lingua tedesca e di lingua italiana hanno da sempre lottato insieme per la loro autonomia. Lottato insieme, per chiedere e ottenere più autonomia prima da Vienna e dopo il 1919 (a parti invertite) da Roma.

Le "prove generali" della Marcia su Roma

Ed è qui che si registra il primo grande tradimento da parte italiana nei confronti dei tirolesi sia di lingua tedesca che di lingua italiana.

Nel discorso della Corona al Parlamento italiano del 1. dicembre 1919, Re Vittorio Emanuele III. garantiva alle nuove terre unite all’Italia (“unite all’Italia” si badi bene, non conquistate, o redente, ma unite), “il maggior rispetto delle autonomie e delle tradizioni locali” riscuotendo convinti applausi dal Parlamento italiano riunito in seduta comune.

Fu una promessa ben presto disattesa per l’avvento del nazionalismo in Europa, del nazionalsocialismo in Germania e soprattutto del Fascismo in Italia. Fascismo che approfittò della grande debolezza del sistema democratico italiano per far prevalere con la forza, il volere delle camice nere e dei fasci su quello delle istituzioni.

E le prove generali per la conquista del potere fascista, per la marcia su Roma, avvennero proprio qui, in particolare a Bolzano, ma anche a Trento e nelle nuove terre annesse all’Italia.

Già nei suoi discorsi alla Camera.  Mussolini, tra il 1921 e il 1922, poteva sfogare, applaudito, tutta la sua protervia e aggressività accusando la politica del governo, per quanto riguardava l’Alto Adige, di essere “quanto di più lacrimevole si potesse immaginare”.

Accusava anche il governatore CREDARO “di non avere i numeri per governare una Regione mistilingue dove il contrasto delle razze è antico e acerbissimo” (Mentendo spudoratamente sul contrasto antico e acerbissimo).  Lo accusava ancora di aver regalato Gorizia alla Slovenia e ben quattro deputati tedeschi alla Camera, chiedendo la sua destituzione.  La Fiera campionaria di Bolzano veniva definita “nido di pangermanisti”.

E mentre Mussolini tuonava in Parlamento, a Bolzano e a Trento le sue squadracce facevano il resto con assalti e lanci di bombe, ma anche con atti che –  amministrativamente –  avevano una loro grande efficacia e significato.  Fu Starace ad esempio, appositamente salito da Trento, a inaugurare il 2 ottobre 1922 la nuova scuola elementare “Regina Elena”, in omaggio alla monarchia italiana, nei locali appartenenti sino ad allora alla Kaiserin- Elisabeth-Schule.  In rapida successione si dimisero poi sia il sindaco di Bolzano, Julius Perathoner che il governatore Credaro.

Le camice nere poterono organizzare, (dopo la marcia su Bolzano e Trento), la loro marcia su Roma, mentre il re convocava Mussolini per conferirgli il mandato di formare il nuovo governo. Ormai il fascismo non trovava più ostacoli.

Il grande merito di Günther Rauch

Il resto è storia relativamente recente. Storia, che come sempre avviene, è stata scritta dai vincitori. Quindi una storia, falsa, fuorviante, apologetica nei confronti dei vincitori, acritica e non documentata.

E sta proprio qui il merito di Günther Rauch. Con il suo volume “Der Marsch auf Bozen” non si limita a scrivere “un’altra storia”, contrapponendola acriticamente a quella dei vincitori, ma scrive una storia basata su una ricca documentazione, su anni di ricerche, testimonianze, documenti inconfutabili che svelano anche tantissimi aspetti sconosciuti degli anni forse più bui, più delicati e piu difficili che vissero i tirolesi da Ala al Brennero. Una storia che chiarisce, documentandoli, quali furono i veri rapporti fra Mussolini e Hitler (inediti e mai rivelati).

Paolo Mieli, storico, giornalista, già direttore del Corriere della Sera, nella sua Lectio magistralis alla giornata dell’Autonomia a Trento, il 5 settembre 2015, ebbe a dire che “i libri di storia in Italia sono purtroppo infarciti di leggende orrende sul Trentino-Alto-Adige, tanto è che occorrerebbe riscriverli”.

Quello di Gunter Rauch è un “piccolo – grande” contributo alla riscrittura di quei libri. Una scrittura possibile e accettata soltanto oggi, quando il clima politico è più propenso a scavare nella realtà, studiando a fondo e riscostruendo sui documenti antefatti, fatti e retroscena di quei tragici avvenimenti.

La violenza fascista a Trento

Trento subì le violenze fasciste in egual misura di Bolzano, violenze però attenuate per così dire da due fatti:

primo: la lingua. A Trento, per via della lingua italiana, fu assai più facile imporre la politica scolastica fascista rispetto a Bolzano, mentre l’uso della lingua italiana nella pubblica amministrazione era già prassi.    Va detto però che anche a Trento, come a Bolzano, nelle scuole e nella Pubblica amministrazione vi fu una fortissima immissione di insegnanti e funzionari italiani

secondo: la presenza in Trentino degli irredentisti,  ospitati nella sede della SAT – la Società Alpinisti Tridentini –  e associatisi nella Legione Trentina. Irredentisti che appartenevano per lo più all’alta borghesia cittadina e che erano una esigua minoranza (non raggiungevano l’8, /  9 per cento dell’intera popolazione che era invece di sentimenti filoasburgici e fedele all’Imperatore).

Proprio Mussolini scriveva nel 1909 dopo un soggiorno di alcuni mesi a Trento, prima di essere espulso:  “E’ certo che a Trento di irredentisti non ce ne sono, o se ci sono non si addimostrano apertamente tali, né del resto potrebbero costituire, data l’esiguità del loro numero, una associazione qualsiasi”.  E sempre Mussolini scrive che se si fosse chiesto ai trentini se preferivano i Savoia o gli Asburgo “questo referendum darebbe sicuramente una strabocchevole maggioranza di voti favorevoli all’Austria”

Lo stesso Alcide Degasperi voleva un’Italia fedele alla Triplice alleanza con Austria e Germania. Anche dopo lo scoppio della guerra nel 1914, Degasperi si batté perché l’Italia non entrasse in guerra contro l’Impero, ma rimanesse neutrale. Tutto al contrario di Cesare Battisti che invece, da parlamentare Trentino a Vienna, tradendo il suo giuramento di fedeltà all’Imperatore, passò in Italia facendo una assidua campagna perché l’Italia entrasse in guerra contro l’Austria e quindi contro i suoi stessi concittadini tirolesi di lingua italiana.  Va anche riconosciuto che la stessa fedeltà dimostrata all’Impero, Degasperi la dimostrò all’Italia, una volta sancita l’annessione. Degasperi poi non fu certo immune da critiche per la sua politica nei confronti dei Sudtirolesi.

La storia delle terre di confine è sempre una storia molto complessa, difficile da comprendere, ma affascinante. E’ proprio per questo che andrebbe studiata in profondità, come ci insegna Günther Rauch, con il suo lavoro.

L'Euregio Tirolo, una grande opportunità

E chiudo con un’osservazione personale. Io non esito a definire ipocrita chi esalta il diritto all’autodeterminazione dei popoli per poi –  di fatto  – negarlo.  Credo che il vero diritto all’autodeterminazione dei popoli oggi stia nel riconoscere, istituzionalizzandole, le Euroregioni.  Euroregioni che però anche nel nome dovrebbero dare un senso immediato di unità, di coesione, di comunione di intenti, ad esempio “Europa Region Tirol”, o al limite “Euregio trentino tirolese”, e non “Regione Europea del Tirolo , Alto Adige, Trentino – EuropaRegion Tirol, Südtirol, Trentino” che già nella denominazione dà l’idea di tutto, tranne che di unità e di coesione tra i popoli di lingua italiana, tedesca e ladina che da secoli pacificamente convivono al di qua e al di là del Brennero.

Qualcuno potrebbe obiettare che voler ricostituire il Grande Tirolo non sia che  una mera utopia. Sono invece convinto  che vederlo rinascere nell’Euregio tirolese sia la vera  grande opportunità.   Alla politica l’arduo compito.

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