von mas 22.02.2018 06:07 Uhr

Briciole di Memoria 53: Ottavio De’Bianchi, fucilato in Mantova

Nell’anniversario della fucilazione di Andreas Hofer, Massimo Pasqualini, insieme a Stefano Agostini, racconta la storia  del “conduttore del buon popolo del Tirolo italiano”: un incredibile parallelismo lega la loro vita e soprattutto la loro morte. 

Quella di Ottavio De’Bianchi è una vicenda poco conosciuta, come dice Franco Gioppi (autore di un bel “Quaderno dell’Associazione storico-culturale Valsugana Orientale e Tesino” da cui sono tratte le notizie qui riassunte) “un frammento di storia che purtroppo la scuola non insegna, quella storia realmente vissuta dai nostri progenitori, che va conosciuta per aiutarci a capire meglio il futuro”.

Nato a Milano nel 1768 da famiglia nobile, dal 1786 è in servizio nel Reggimento fanteria N. 48, quindi nel 13° Reggimento fanteria Reisky del Terzo Feld-Battaillon col grado di sottotenente. Fa parte della forza cosmopolita arruolata dal Sacro Romano Impero di nazionalità germanica che tra gli anni 1776 e il 1814 annovera ben 46 generali di origine italiana e un gran numero di ufficiali superiori e subalterni , nonché sottufficiali e truppa in genere.

Nel suo peregrinare al seguito dell’esercito, nel 1798 arriva a Borgo Valsugana (dove erano già passati “Todeschi, Croati, Ungaresi, Franzesi e Sizzeri”) e, ad una cena in casa del nobile Carlo Hippoliti e della baronessa Margherita Cresseri di Castel Pietra Trautenstein, conosce la primogenita della famiglia, Elisabetta . E’ un colpo di fulmine, subitamente approvato dal padre della fanciulla, che vede bene il giovane capitano di buona famiglia: il matrimonio si celebra un anno dopo, il 31 gennaio 1799.

 

Ma il destino di Ottavio De’Bianchi non prevede una tranquilla vita coniugale in quel di Borgo. Per lui il destino veste i panni dell’Arciduca Giovanni d’Asburgo, fratello dell’Imperatore Francesco II: nel suo viaggio in Tirolo nel 1804, l’Arciduca incontra Andreas Hofer; dopo essere stato in Veneto, passando per la Valsugana, è accolto in casa Hippoliti e conosce anche l’ex Capitano Ottavio de ‘ Bianchi, che nel frattempo è diventato cittadino di Borgo ed è stato nominato Capitano militare del paese.

La campana del destino comincia a suonare il 26 dicembre 1805: con la pace di Pressburg il Tirolo è ceduto alla Baviera. Le riforme politico-amminstrative di stampo illuministico, ma soprattutto fortemente centralista di matrice napoleonica, l’aumento delle imposte e l’istituzione di nuove “steore”, le disposizioni tassative in campo religioso, la cancellazione degli Stati Provinciali,  “quel governo autonomo che ai Tirolesi era riservato sin dal secolo XIV quando si diede in signoria agli Asburgo”, la coscrizione militare obbligatoria: tutto questo fa ardere il fuoco sotto la cenere.

E sotto la cenere, gli Asburgo tessono una fitta rete di uomini fidati a cui affidare servizi informativi e iniziative di incitamento e arruolamento di volontari locali disposti a sollevarsi contro l’oppressore. Uno di questi, uno di spicco, è il De’Bianchi.

Con il pretesto di voler usufruire di servizi all’interno della Baviera, egli chiede al tribunale di Levico un passaporto della durata di quattro mesi per poter compiere un viaggio attraverso Innsbruck e Augsburg fino a Monaco. A Bressanone potrebbe aver incontrato Andreas Hofer, per costruire la trama delle relazioni tra gli insorgenti e ” l’ufficio centrale delle comunicazioni col Tirolo” . Di sicuro stringe relazioni coi primierotti e con gli altopiani veneti fino a toccare Arsiero, Schio e borghi minori dei Lessini. In Primiero incontra e collabora con il commerciante di legname Michele Negrelli (padre di Giuseppina e di Luigi), “mosso da ideali patriottici e da austriaca sudditanza” e capace di incredibili quanto rocambolesche azioni.

Con Negrelli, con altri, e da solo, Ottavio De’Bianchi effettua molte operazioni di propaganda e di sostegno ai sollevandi, sia in Tirolo che nel vicentino e nel bresciano. Ovviamente, non passa inosservato: in Tirolo è braccato dai bavaresi, mentre oltre il confine orientale è ricercato dai contingenti della divisione italica del generale Rusca. Durante un’operazione di rastrellamento, cade nella rete: è arrestato a Cencenighe, portato a Belluno e quindi viene trasferito a Mantova e rinchiuso nella Torre al Vaso, lo stesso luogo dove sette mesi più tardi sarà imprigionato anche Andreas Hofer.

 

Ottavio de’Bianchi è ritenuto il principale responsabile degli episodi di ribellione accaduti nel settore orientale del Tirolo meridionale e nelle aree regnicole limitrofe: è un’accusa grave, anzi, gravissima.

Vi è un tentativo di salvare il prigioniero dalla fucilazione da parte del Principe Giovanni che prova ad intercedere con il generale francese, dichiarando che il nostro è un ufficiale regolare dell’Impero e non un Comandante dei ribelli altrimenti soggetto alla fucilazione, ma inutilmente. Viene offerto anche uno scambio di prigionieri, ma anche questa azione rimane senza esito.

Il 24 giugno 1809 Ottavio de’Bianchi viene processato da una apposita commissione militare composta da 7 membri, uguale a quella che l’anno dopo si insedierà per processare Andreas Hofer e che emetterà la stessa sentenza con le stesse motivazioni e comminando la stessa identica pena, che sarà eseguita, viene lecito pensarlo, dallo stesso plotone. La sentenza viene comunicata al condannato ancora quel giorno: Ottavio De’Bianchi è fucilato entro le 24 ore successive.

Per conoscere meglio la vicenda di Ottavio De’Bianchi e questo appassionante “frammento di storia” tirolese, rimandiamo al “Quaderno” di Franco Gioppi, ricco di informazioni, dettagli, documenti.

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