von mas 23.10.2017 06:09 Uhr

Caporetto – Kobarid 2: cambiando punto di vista, insieme a Luigi Sardi

Luigi Sardi racconta la Storia:  quella che, anche “da noi” e ancora oggi,  non si legge sui testi scolastici.

Ci sono altri disegni. Mostrano colonne di autocarri italiani «in ordinato movimento ».  Anche i reparti marciano inquadrati, i fucili a tracolla, gli elmetti in testa, gli zaini affardellati. In mezzo alla via un’automobile dello stato maggiore e la didascalia a recitare: «Nei giorni della lotta, il febbrile movimento nelle retrovie». Poi nella copia del 25 novembre l’immagine di un soldato francese e di uno inglese che corrono a soccorrere un fante italiano e nella didascalia si legge: «Coraggio fratello. Chi è contro di te è contro di noi» a documentare agli italiani l’accorrere degli alleati «sulla Piave».cap2

Ancora una volta per conoscere la storia italiana bisogna ricorrere agli storici inglesi perchè quelli di casa sono piuttosto restii a raccontare la verità . Lo sfondamento di Caporetto fu lo sforzo eccezionale degli austro-tedeschi che impiegarono nuovi sistemi di combattimento, ma la rotta –  al di là  del mancato impiego dell’artiglieria italiana, un mistero mai risolto  –  fu impressionante. Sempre la Domenica del Corriere pubblica fotografie di truppe della Terza Armata «che ripiegano ordinatamente attraverso un ponte sul Tagliamento», quelle di truppe francesi in marcia verso il fronte, e una sola di un carro carico di civili. Immagini di disciplina, di ordine; ben diverse sono le fotografie arrivate fino ai giorni nostri che documentano la ritirata. Sono quelle che mostrano le masse dei prigionieri, delle armi catturate, dei civili in disperata fuga, della morte sul ciglio di ogni strada.

Non comparvero mai sui giornali italiani dove abbondavano gli articoli che insultavano gli austriaci e quelli a suggerire come risparmiare la legna da ardere, trovare il foraggio, raccogliere gli indumenti per le truppe le immagini della gigantesca ritirata. Da tempo la Domenica aveva smesso di pubblicare le fotografie «dei morti per la grandezza della Patria». Erano diventate davvero troppe e i parenti dei Caduti non le inviavano più ai giornali. E neppure notizie sui disordini che, con frequenza crescente, scoppiavano nelle città  al grido di pane e pace.

Dall’inizio del 1917 la situazione in Italia era peggiorata, soprattutto per l’estrema penuria di carbone, metalli e cereali, le cui riserve, già  scarse quando il paese era entrato in guerra, si erano ridotte quasi a zero. Non arrivava niente per via marittima e pochissimo dalla Francia che doveva pensare a rifornire le sue truppe e non si fidava degli italiani che, forse, non avrebbero pagato e, forse, sarebbero usciti dal conflitto e, forse, avrebbero cambiato alleanze.koba5

Nel mese di ottobre il Governo italiano rivolse alla Gran Bretagna una urgente richiesta di aiuti. Si sapeva che Londra veniva rifornita dagli Stati Uniti: carne surgelata, motori di aerei, grano, parti di fucili, carburante, esplosivi, foraggio varcavano continuamente l’Atlantico a bordo di navi battenti bandiera a Stelle e Strisce. Lo stomaco vuoto, avvertiva il primo ministro Paolo Boselli scrivendo agli inglesi, “è il terreno più fertile per l’insorgere del malcontento».

Che cresceva ogni giorno. C’erano anzitutto le gravi perdite al fronte e non c’era quasi famiglia che non avesse perduto un parente stretto o lontano; c’era stata l’angoscia della Strafexpedition che aveva determinato la caduta del governo Salandra; era crescente il fermento per i prezzi sempre più alti dei generi alimentari disponibili e nelle case, negli ospedali, nelle scuole, si soffriva il freddo per mancanza di combustibili. Soprattutto l’esito, sempre deludente, delle battaglie dell’Isonzo faceva crescere l’inquietudine e da tempo, il colore dominante che era il nero del lutto, veniva punteggiato dal rosso delle bandiere a richiamare quelle incerte, confuse notizie che arrivavano dalla Russia.

Adesso la guerra si presentava agli occhi del popolo come la guerra dei «signori»; agli occhi dei conservatori come la guerra dei rivoluzionari e tutti avevano cominciato a capire che la strage era dettata dall’imperialismo. Soprattutto era la guerra imposta al popolo italiano da una minoranza urlante, quella che nel nome della «vittoria mutilata» porterà  gli italiani a scegliere il fascismo. Quindi rancore per una sopraffazione subita, per una disperazione imposta dal governo del paese, dal re Vittorio Emanuele, da Antonio Salandra che avevano precipitato gli italiani in un guerra non voluta ma costretti a subirla.

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