von fpm 31.12.2025 13:30 Uhr

1525-2025: cinquecento anni fa le rivolte contadine (10)

Nell‘ambito delle rivolte contadine che interessano tutta l‘Europa centrale, va ricordata quella del 1525-26, la “guerra dei contadini” guidata da Michael Gaismayr.

Immagine dal volume Storie nelle valli del Noce, elab grafica fpm

L’Archivio della storiografia trentina offre una interessante documentazione di Salvatore Piatti: L’insurrezione contadina del 1525 nel perginese.  Una guerra che coinvolge insorti tirolesi, i quali danno vita ad una sorta di costituzione ante litteram, gli “Articoli di Meran “, diffusi in tedesco e in italiano, una carta di grande tensione democratica, con affermazioni anticipatrici di autonomismo.  L’espressione tradizionale di guerra rustica per indicare l’insurrezione dei contadini avvenuta nel 1525 nel Trentino può essere fuorviante in quanto si trattò di una ribellione breve e disorganica. La guerra è guidata da un capo o da un comando militare unificato, è un’azione o un complesso di azioni organizzate ed è combattuta da uomini armati. Ma l’insurrezione, o ribellione, del 1525 nel Trentino non aveva un capo riconosciuto, non ebbe mai una vera organizzazione e gli uomini che vi parteciparono erano armati solo in via eccezionale; la quasi totalità dei partecipanti avevano quelle armi che oggi si direbbero improprie. Gli storici tradizionali di Pergine e del Perginese o non hanno parlato o ne hanno parlato solo sbrigativamente e non sempre con esattezza.

A differenza dei contadini di altri territori, quelli del Perginese non sono stati mossi alla ribellione da motivi anticlericali e tanto meno da motivi antireligiosi. Nei documenti che si conoscono non vi si accenna affatto e basta pensare che il vescovo di Feltre non dava grandi fastidi, nella pieve non c’era nessun monastero, i preti del tempo a Pergine non avevano suscitato problemi, le proprietà della chiesa erano poche e piccole, la costruzione della chiesa era stata voluta dalla gente, il popolo si sentiva responsabile della chiesa e dei suoi beni che amministrava attraverso persone da lui elette. Il soffio della riforma luterana non vi arrivò o, almeno, non c’è nessun elemento per affermarlo. Francesco Piloni, l’ideologo dell’insurrezione, non attaccò mai la religione cristiano-cattolica e oltre a lui non si sa chi avrebbe potuto parlare ai perginesi della riforma luterana. Ad ogni modo, anche se c’è stato, non se ne è saputo nulla e soprattutto tutte le successive vicende ci dicono che il Perginese, nonostante i canopi e la parte tedesca del personale del castello, non ha mai subito influssi protestanti.

Secondo l’Ausserer il primo embrione di tumulti contadini a Pergine si ebbe nel 1520. Per smorzare il tumulto l’arciduca Ferdinando mandò da Trento Massimiliano da Pietrapiana (Maximilian von Ebenstein) coi suoi soldati, ma tutto fu ricondotto all’ordine pacificamente e il fatto non lasciò conseguenze apparenti. Però questo tentativo compiuto dai contadini per farsi ascoltare e valere non ha nulla a che vedere con il movimento insurrezionale del 1525, in quanto quest’ultimo non nacque spontaneo, ma venne ad inserirsi marginalmente nella grande insurrezione contadina tedesca.

Infatti, alla fine del 1524 si iniziarono in Germania i primi moti della ribellione che si estesero all’Austria e raggiunsero pure la nostra regione. Da noi, in Valsugana, il primo sintomo insurrezionale si ebbe nel marzo 1525 a Levico dove il capitano di castel Selva tiranneggiava i contadini oltre il limite del sopportabile; nel maggio 1525 quasi tutto il Trentino era in fermento, ma in modo particolare Trento. (continua)

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