La storia del Südtirol nella letteratura (10)

Nel saggio Storiografia e letteratura: parallelismi, differenze e scambi di ruoli, pubblicato nel volume a cura di Alessandro Costazza / Carlo Romeo, Storia e narrazione in Südtirol, Edizioni alphabeta, Merano 2017, vi sono spunti e considerazioni utili ed interessanti all’esplorazione di un percorso talvolta poco perlustrato. La letteratura si confronta con i punti più oscuri della storia ufficiale, cercando non tanto di offrire delle risposte, quanto piuttosto di porre delle domande, di insinuare dei dubbi. E proprio il fatto che la sua libertà non sia assoluta, perché i fatti storici costituiscono in un certo senso dei “paletti”, a cui la letteratura deve attenersi, costituisce per gli autori non solo un “ancoraggio” alla realtà delle storie narrate, bensì soprattutto una sfida e uno stimolo. Vale quindi la pena di mostrare almeno alcune delle strategie narrative messe in atto in alcune delle più importanti opere letterarie a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso che hanno per oggetto la storia del Südtirol.
Il romanzo di Sabine Gruber, Stillbach oder die Sehnsucht (2011; trad. it. Stillbach o della nostalgia, 2014) mette al centro due nodi storici che continuano a suscitare dibattito acceso in Südtirol. Da un lato, la questione del significato dell’attentato di via Rasella del marzo 1944, in cui persero la vita 33 soldati sudtirolesi del Polizeiregiment Bozen e che provocò come rappresaglia la strage delle Fosse Ardeatine; dall’altro, il tema del sostegno fornito a numerosi criminali nazisti in fuga verso il Sudamerica, aiuto proveniente non soltanto dal Vaticano ma anche da istituzioni religiose sudtirolesi. Gruber affronta questi argomenti attraverso un articolato gioco di sguardi. La cornice narrativa alterna i punti di vista di Clara e dello storico austriaco Paul, entrambi presentati da un narratore onnisciente con focalizzazione interna. I due si ritrovano a Roma per sgomberare l’appartamento della loro amica Ines, morta all’improvviso, e tra i suoi effetti personali scoprono il manoscritto del romanzo a cui stava lavorando. Questo testo è riportato integralmente nel libro come “romanzo nel romanzo”, distinguendosi dal resto grazie a un diverso carattere tipografico.
Anche all’interno del manoscritto emergono due diverse prospettive narrative. Da una parte, il racconto in terza persona della vita di Emma Manente, sudtirolese trasferitasi a Roma alla fine degli anni Trenta, divenuta in seguito proprietaria di un albergo ed ex fidanzata di uno dei membri del Polizeiregiment Bozen caduti nell’attentato di via Rasella. Dall’altra, la voce in prima persona della giovane Ines, che nell’estate del 1978 aveva lavorato per qualche mese nell’albergo della signora Manente.
Questi due punti di vista sono comunque filtrati dalla stessa Ines, autrice fittizia del manoscritto, come si evince dai frequenti dubbi sollevati dal figlio della Manente sulla veridicità del racconto. La complessa architettura narrativa permette così di guardare agli eventi storici da prospettive laterali o “eccentriche”, inserendoli — soprattutto attraverso le riflessioni di Paul — in un quadro interpretativo più ampio. (continua)






