von fpm 10.12.2025 10:00 Uhr

Dalla cronaca sudtirolese (6)

Punti di riferimento e punti di svolta nella lotta per l’autodeterminazione della parte tirolese dell’Eisack e dell’Etsch. Cronistoria di un periodo importante se non determinante per il Südtirol, dal 1959 al 1969 (da “Chronik Südtirol”, Reinhard Olt)

Elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

In Südtirol nacquero nuovi gruppi di resistenza. A organizzare i rifornimenti di esplosivi dall’Austria ci pensò il compositore e professore di musica Günther Andergassen di Innsbruck che occupò il posto dei militanti austriaci del BAS, divenuti pubblicamente noti. Condusse attentati anche in prima persona fino a quando, tradito, nella primavera del 1964 finì nelle mani dei Carabinieri. Lo Stato italiano agì senza scrupoli nello scegliere i mezzi di intervento: continui arresti, terribili torture e pene detentive severissime in grandi processi. Si continuò a torturare sfacciatamente perché i principali responsabili politici austriaci e sudtirolesi tacquero per ragioni di politica estera e interna. Le denunce dei crimini commessi dai seviziatori, trapelate dalle carceri, vennero tenute sotto silenzio per non compromettere i rapporti di dialogo con Roma. Un ruolo particolarmente cupo in queste vicende fu quello assunto dai servizi segreti italiani coinvolti, totalmente ignari degli strumenti di uno stato di diritto.

Luis Amplatz fu colpito a morte nel sonno la notte del 7 settembre 1964 in un fienile alla Malga Brunner, in Passeiertal, da un assassino assoldato dal SIFAR (più tardi SID, SISDE, SISMI). Georg Klotz rimase gravemente ferito ma riuscì comunque, miracolosamente, a fuggire con le proprie forze oltreconfine, rifugiandosi nel Tirol. Il killer Christian Kerbler era un agente dei servizi segreti italiani. Un ragazzo totalmente estraneo, Peter Wieland di Olang, fu fermato il 24 settembre del 1966 da una pattuglia mentre rincasava da una prova di musica e, stando a quanto riferito da testimoni oculari, e pubblicato persino nelle pagine del quotidiano “Dolomiten”, fu letteralmente “giustiziato” a distanza ravvicinata, senza alcuna conseguenza per i responsabili in uniforme.

Presunti incidenti nei quali rimasero feriti o persero la vita militari italiani, furono dipinti con le motivazioni più assurde come “ingegnosi attentati” e nell’ambito di processi spettacolari si condannarono in contumacia i combattenti sudtirolesi a lunghe pene detentive. In un caso pare addirittura che un carabiniere sia stato vittima di una faida privata.

Vittorio Tiralongo, colpito alle spalle da un’arma da fuoco a Selva dei Molini il 3 settembre 1964, sarebbe stato ucciso, stando alla ricostruzione di un ex compagno, dal suo superiore nel corso di un diverbio. Il potere dello Stato non riuscì a spezzare la resistenza del BAS fino a quando, attraverso i negoziati, si trovò per il Südtirol una soluzione politica intermedia.

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