Tradizioni: 6 dicembre, San Nicolò

Foto M.Feichter * Elaborazione UT24
6 de dizembre San Nicolò
6. dezember Hl. Nikolaus
6 dicembre San Nicola
*Nicolò bèl e sut e l’invèrn no l’è sì brut
*Trockener Nikolaus, milder Winter rund um’s Haus
*Se Nicola sta sereno, un inverno mite avremo
La tradizione familiare
San Nicolò visse in Anatolia, attuale Turchia, nel 300 d.C. Erede di un cospicuo patrimonio, ne utilizzò gran parte in atti caritativi verso i più bisognosi. Si racconta che, saputo di tre giovinette che non potevano maritarsi perché il padre non riusciva a dar loro una dote, il santo avesse gettato dalla finestra nella camera delle giovani tre sacchetti pieni di monete d’oro. Ecco perché in molte raffigurazioni, Nicola porta con sé tre sacchetti d’oro. Cristiano esemplare fu acclamato vescovo di Myra. Si racconta che abbia resuscitato tre bambini e per i suoi atti di carità verso i piccoli è venerato come patrono dei bambini. Molti secoli dopo la sua morte, quando l’Anatolia fu invasa dai Turchi, 62 marinai di Bari nel 1087 vollero portare nella città pugliese le sue reliquie e trafugarono da Mira quanto contenuto nell’altare maggiore della cattedrale.
La devozione verso il santo si diffuse fra i popoli germanici, come i Baiuvari, che videro in Nicola un richiamo al barbuto antico dio Odino. In legame a questo ambito territoriale e culturale la venerazione si espanse anche nelle attuali vallate trentine. San Nicolò “portatore di doni” è ricordato nella Rotaliana, in alcuni paesi dell’Anaunia, in Fiemme, in Fassa, in Valle di Cembra, in Primiero nel basso Trentino, nonché nelle diverse realtà che fino al ‘600-‘700 furono tedescofone, come le Valli del Leno, Folgaria, Lavarone, Luserna, i monti di Roncegno, la valle dei Mocheni, il Pinetano, e le colline avisiane. In tanti di questi luoghi l’azione dei curati d’anime nel ‘600, tesa a rendere “romanze” in lingua e cultura le popolazioni locali contro il luteranesimo, favorì il prevalere di una devozione verso Santa Lucia come portatrice di doni, ma fino all’inizio dell’ottocento, nel Principato Vescovile di Trento, solo il giorno di San Nicola era festivo, mentre Santa Lucia non vedeva né festeggiamenti né fiere.
Anche dopo la riforma protestante San Nicola, come portatore di doni, rimase radicato nelle zone germaniche: l’olandese “Sinterklaas”, giunto negli Stati Uniti tramite i coloni, venne trasformato dalla letteratura nel 1821 col poema “A Visit from St. Nicholas” (Una visita di San Nicola) di Clement C. Moore, in un signore allegro e paffutello, contribuendo così alla nascita della figura, fin troppo folkloristica, di “Santa Klaus”. Inizialmente vestito di verde, fu rielaborato poi dalla pubblicità “Coca Cola” che lo vestì di rosso, e così arrivò infaustamente anche qui da noi, divenendo quel “Babbo Natale” che nulla ha a che fare con la tradizione locale (la stessa parola “Babbo” nel dialetto trentino è inesistente).
La tradizione che i ragazzi suonino dei campanelli lungo le strade la sera della vigilia di san Nicolò, è collegata all’usanza della vigilia del Natale, nella quale, dedicandosi alle pulizie di casa, i più giovani portano lungo le strade innevate le lunghe catene sporche di caligine del “fogolàr”, facendo un gran rumore.
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06.12.2025





