von fpm 23.09.2025 18:00 Uhr

L’Aquila, stemma di Trento e provincia (30)

Sugli studi di Padre Frumenzio Ghetta ripercorriamo la storia dell’Aquila del Principato, stemma di s. Venceslao, simbolo della nostra identità.

Elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

Il diploma originale col quale Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, concedeva nel 1339 a Nicolò di Bruna (l’attuale Brno), Vescovo di Trento, lo stemma di s. Venceslao fu per un periodo irreperibile. Il ritrovamento del diploma è avvenuto del tutto casualmente e dopo lunghe e assidue ricerche d’archivio. Nella primavera del 1971, consultando i documenti del Principato vescovile di Trento, conservati nell’archivio di Stato di Trento alla ricerca di notizie intorno a Filippo Bonacolsi frate francescano vescovo di Trento dal 1289 al 1303, nell’aprire una delle buste contenenti documenti di quel periodo tanto burrascoso per la storia della nostro territorio, si è avuto la gradita sorpresa di avere fra le mani e di ammirare non senza una certa emozione il diploma originale col quale Giovanni re di Boemia pregato dal vescovo Nicolò di Bruna concedeva a lui, ai suoi successori, alla chiesa di Trento, le insegne di s. Venceslao.

Durante la ribellione contro il cardinale Madruzzo i consoli fecero dipingere sopra la torre di piazza l’armi loro in compagnia di quelle di sua Altezza, l’Arciduca d’Austria conte del Tirolo. Non si parla qui dell’insegna della città o della sua bandiera. Forse già allora non era più in uso una bandiera del principato o della città. La prima descrizione di una bandiera di Trento la troviamo nella cronaca del canonico Antonio Sigismondo Manci ove parla della bandiera della Guardia Nazionale istituita nel 1801. Il capitolo del Duomo di Trento concedeva in quell’anno alla detta milizia la bandiera principesca bicolore, verde cioè e bianca, fregiata dell’arma del principato inquartata con quella dei conti Thun. Il comune di Trento, chiamato allora magistrato, ottenne poi di poter far collocare sotto quest’arma, quella civica in piccolo, l’aquila trentina. Ma quella bandiera venne fatta cambiare dal commissario, nel colore, da verde in paonazzo, giacché era stata assegnata per distintivo alla milizia cittadina una coccarda composta di cordelle bianche e paonazze. Nel grande quadro dipinto dallo Zeni, raffigurante appunto la Guardia Nazionale schierata in parata, conservato nel municipio di Trento, vediamo tale bandiera con una zona verticale bianca con l’aquila cittadina, fra due zone verticali verdi. Si conosce un esemplare in seta della stessa bandiera con la variante di due zone di color viola con lo stemma del Vescovo Thun e più sotto quello della città di Trento: nel 1920 era conservata nel museo civico.

Ma quale era l’origine di quella bandiera e quale il significato di quei colori? Se pensiamo che il verde è il colore canonico degli abiti vescovili, e il rosso quello dei cardinali e infine il paonazzo quello dei prelati minori (canonici, monsignori), si può credere che la bandiera adombrasse semplicemente il carattere ecclesiastico del principato di Trento.

E, foggiata a tre zone verticali, di cui la centrale bianca con lo stemma del Vescovo regnante inquartato con l’aquila di s. Venceslao, tramuta i due scomparti estremi in color rosso, allorquando sulla cattedra di s. Vigilio sedeva un Vescovo insignito della dignità cardinalizia; in verde quando a capo della diocesi stava un Vescovo senza titolo cardinalizio; ed in violetto nel caso di sede vacante, come avvenne nel 1801, quando il capitolo dei canonici teneva l’interregno. (continua)

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