Un libro al mese: „Stava 1985 – Stava Perchè“ – 5°

Economia di sussistenza
Tutto inizia alla fine degli anni cinquanta e nei primi anni sessanta del secolo scorso. A Stava c’erano tre alberghi, aperti un paio di mesi al massimo d’estate e frequentati dai «signori» di Milano che venivano in villeggiatura. A Tesero, come in tanti altri paesi dell’arco alpino, non tutte le case erano fornite di impianti igienico-sanitari all’interno delle abitazioni o di riscaldamento centralizzato e si viveva di un’economia di sussistenza, testimoniata ancor’oggi dall’architettura delle case e delle vie del centro storico: la stalla al pian terreno con tre o quattro vacche per il latte, il burro e il formaggio, la fossa del letame vicino alla stalla, il fienile al primo piano, il grande sottotetto con il lungo balcone sul parapetto del quale venivano esposte al sole le pannocchie di mais per la polenta, le fontane non distanti da casa con due vasche per lavare e sciacquare i panni e una vasca per abbeverare le vacche, due volte al giorno.
E da Tesero si emigrava per cercare lavoro: si andava a cavare carbone nelle miniere della Ruhr, del Belgio e della Gran Bretagna e le ragazze andavano «a servizio» nelle case di Milano dei signori che venivano in villeggiatura a Stava. D’estate si aravano i campi di patate con l’aratro e il carro trainato dalle vacche, i bambini accudivano il bestiame all’alpeggio, gli uomini lavoravano come boscaioli e segantini nella Val d’Ega, oggi vicina ma allora molto lontana dovendola raggiungere a piedi, facevano legna nei boschi e falciavano il fieno su pendii impervi, fino a oltre 2.000 metri di quota dove il manto erboso era alto 10/15 centimetri al massimo. D’inverno si portava il fieno a valle, trainati dai cavalli si facevano scivolare sulle strade innevate i tronchi d’albero tagliati in estate e, chiusi in casa da un metro di neve, stando in cucina, l’unico locale che veniva riscaldato, si intagliavano le statuine del presepe, una tradizione che a Tesero vive ancor’oggi.
In questo contesto socio-economico irruppe da Milano, prepotente, l’industrializzazione che – come si legge nel verbale della riunione del Consiglio Comunale di Tesero del 21 gennaio 1961 – era «destinata a recare progresso sociale ed economico».
Arriva la plastica e... serve la fluorite
Era arrivata la plastica. La borsa della spesa finisce in soffitta, al negozio ti danno sacchetti di plastica, i secchi e le bacinelle di lamiera si buttano, tutti abbiamo in casa uno o due secchi di plastica. Ed era iniziata l’era della chimica e dell’industria petrolchimica. E per la chimica serve anche fluorite, pura al 97/98 per cento. Tutto inizia con la fluorite utile per l’industria chimica.
Montecatini era in quegli anni il più grande gruppo industriale d’Italia. Operava anche in campo minerario. Fin dal 1941 aveva in concessione una miniera di fluorite nel monte Prestavèl che separa la Val Gambìs dalla valle di Stava. Produceva fluorite pura al 60 per cento che veniva utilizzata nell’industria siderurgica … Attorno al 1960 Montecatini decise di aumentare la produzione. aveva bisogno quindi di terreno per i nuovi impianti, di molta acqua e di un luogo per la discarica e trasferì la lavorazione in Val di Stava. Per costruire i nuovi impianti e impostare la discarica Montecatini chiese al Comune di Tesero di poter acquistare poco più di 3 ettari e mezzo di terreno sulle pendici del Monte Prestavèl a quota 1.420 metri sul livello del mare, in una zona ritenuta «di perfetta funzionalità » giacché, essendo vicina alla miniera, permetteva di separare in loco il commerciale dallo sterile. L’offerta di Montecatini, che fu accettata, prevedeva un corrispettivo di 35 Lire a metro quadro, stabilito in base a perizia estimativa di lucro cessante. Giova notare che già nel 1958 il prezzo per la cessione di terreno di proprietà comunale per scopo produttivo era stato fissato dal Comune di Tesero in 1.000 Lire al metro quadro  … Â
Montecatini voleva anche costruire a Tesero le case per i propri dipendenti specializzati che venivano da fuori regione; per questo aveva scelto dei terreni a monte dell’abitato, in posizione panoramica e ben soleggiata. Erano terreni coltivati a prato che fornivano dell’ottimo fieno ed erano vicini al paese per cui i proprietari non erano disposti a venderli o non giudicavano congrua l’offerta loro formulata. Informato del problema, il Comune ritenne di dover intervenire per facilitarne la vendita e perciò – come si legge nel verbale della riunione del Consiglio Comunale di Tesero del 21 gennaio 1961 – «di fronte a eventuali e ingiustificabili atteggiamenti dei venditori, contrastanti anche con l’interesse pubblico, il sindaco è autorizzato e formalmente invitato a usare tutti i mezzi previsti dalla legge, compreso quello dell’occupazione immediata e del sequestro della proprietà privata, onde annullare ogni ostacolo artificialmente opposto alla pubblica necessità ». Anche gli alloggi dei dipendenti di Montecatini divennero quindi di «pubblica necessità » e Montecatini poté acquistare i terreni che voleva.
Con un esborso di 2.585.450 Lire (che corrispondono a 35.694,53 Euro di oggi) Montecatini acquistava 36.935 metri quadri di terreno e otteneva la realizzazione dei servizi (strada, acquedotto, fognatura, linea elettrica, ecc.) per le case dei propri dipendenti specializzati. Le case dei dipendenti di Montecatini, «un gruppo di 20 alloggi forniti di moderni impianti igienico sanitari», erano le prime case di Tesero dotate di impianto di riscaldamento centralizzato.
Negli anni sessanta e settanta del secolo scorso lavoravano in miniera e presso l’impianto di trattamento circa 120 fra minatori, operai e tecnici. Fu realizzato un servizio di trasporto con pullman riservato che collegava i vari paesi della valle con i piazzali della miniera. Posti di lavoro molto ambiti giacché si lavorava regolarmente tutto l’anno, si percepiva il salario alla fine di ogni mese e a dicembre c’era anche la tredicesima. Era il «progresso sociale ed economico» per ottenere il quale gli amministratori comunali avevano accettato tutte le condizioni poste da Montecatini.
Errore macroscopico
Per depositare i fanghi sterili residuati della lavorazione fu impostato un bacino di decantazione a Pozzole, a 400 metri circa dall’impianto, sui terreni che Montecatini aveva acquistato in parte da un privato e in parte dal Comune. La scelta del luogo dove erigere il bacino (in forte pendenza, a monte di una valle densamente abitata, acquitrinoso, come dichiarato dallo stesso toponimo, e poco resistente al carico) viene definita dalla Commissione ministeriale d’inchiesta un «errore macroscopico»  … Â
Nel 1969 il primo bacino era alto oltre 25 metri e occupava quasi per intero l’area acquistata da Montecatini  … Fu impostato quindi un secondo bacino di decantazione, a monte del primo, senza ancoraggio e senza drenaggio … Solo nel 1974 il Comune chiese un parere all’Assessorato all’Industria della Provincia Autonoma di Trento, competente in materia di miniere, che la girò al Distretto Minerario, responsabile per la sicurezza delle lavorazioni minerarie. Nella richiesta di parere il Sindaco di Tesero scriveva che l’impianto «sembra costituire un serio pericolo sia per l’abitato circostante sotto il profilo ecologico e paesaggistico, sia ancora dal punto di vista della staticità » …
Sui bacini non esisteva alcuna strumentazione di monitoraggio né vi era alcun documento con le modalità da seguire nel corso della crescita della discarica: gli operatori si affidavano al ricordo di quanto si era fatto nei periodi precedenti così come riportato nei racconti a voce dei colleghi. Al momento del crollo la discarica era alta quasi 60 metri e conteneva circa 300 mila metri cubi di materiale. All’Ufficio del Libro Fondiario i bacini di decantazione non risultano essere mai esistiti.
ll disastro di Stava
Alle 12, 22 minuti e 55 secondi del 19 luglio 1985 cedette l’arginatura del bacino superiore che crollò sul bacino inferiore che a sua volta crollò. La massa fangosa composta da sabbia, limi e acqua scese a valle alla velocità di quasi 90 chilometri orari e spazzò via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontrò fino a raggiungere la confluenza con il torrente Avisio. Lungo il suo percorso la colata di fango provocò la morte di 268 persone e il ferimento di altre 20, la distruzione completa di 3 alberghi, di 53 case d’abitazione e di 6 capannoni; 8 ponti furono demoliti e 9 edifici gravemente danneggiati. Uno strato di fango tra 20 e 40 centimetri ricopriva un’area di 435 mila metri quadri per una lunghezza di 4,2 chilometri. Dalle discariche fuoriuscirono circa 180 mila metri cubi di materiale ai quali si aggiunsero altri 40-50 mila metri cubi provenienti da processi erosivi, dalla distruzione degli edifici e dallo sradicamento di centinaia di alberi. La catastrofe della Val di Stava è uno fra i più gravi disastri avvenuti al mondo per il crollo di bacini di decantazione a servizio di miniere …
Il procedimento penale si è concluso nel 1992 con la condanna di 10 imputati colpevoli dei reati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo: i responsabili della costruzione e gestione del bacino superiore e i dirigenti del Distretto Minerario della Provincia Autonoma di Trento che omisero del tutto i controlli sulla discarica. Vennero condannate al risarcimento del danno per la colpa dei loro dipendenti le società che ebbero in concessione la miniera di Prestavèl nel periodo di costruzione e gestione del bacino superiore o intervennero nelle scelte relative alla discarica: Montedison, Industria Marmi e Graniti Imeg per conto di Fluormine, Snam per conto di Solmine, Prealpi Mineraria e la Provincia Autonoma di Trento. Il contenzioso per il risarcimento del danno si è concluso, a eccezione di una sola causa, 19 anni dopo il disastro. Il danno, per un importo di quasi 133 milioni di Euro, è stato liquidato in via transattiva da Edison per conto di Montedison, Finimeg per conto di Imeg, Eni-Snam e Provincia Autonoma di Trento. Prealpi Mineraria, nel frattempo fallita, non ha contribuito al risarcimento del danno.
L'arroganza genera catastrofi
Due mesi dopo il disastro il Sindacato Flerica-CISL indisse una manifestazione di protesta in piazza a Trento in difesa dei posti di lavoro dei 32 che lavoravano ancora a Prestavèl, in difesa cioè dell’industrializzazione che era stata travolta anch’essa dalla colata di fango sprigionatasi dal crollo di una discarica impostata nel posto peggiore, costruita, ampliata e gestita male da chi era attento solo alla produzione e al profitto e aveva la presunzione di saper costruire un bacino di decantazione, cosa che non sapeva fare.
E dieci anni dopo il disastro un giornalista del Quotidiano «Il Giorno» di Milano, di proprietà allora di Eni, chiede in modo aggressivo: «come avete potuto costruire le case sotto la discarica?».
L’arroganza si accompagna alla presunzione di sapere quello che non si sa e alla convinzione che quello che si crede di sapere sia vero. L’arroganza, la sudditanza e la presunzione, è questa la lezione di Stava, generano catastrofi.
„A Stava si è consumato un crimine dei più terribili. A Stava si è calpestato l’uomo, si è disprezzato il valore della vita, si è immolata la vita dell’uomo sull’altare del profitto. Questo libro è un „documento ufficiale“, interamente ed esclusivamente basato sugli atti della Commissione tecnico-amministrativa d’inchiesta e sulle sentenze del procedimento penale conclusosi nel 1992 con la condanna definitiva di 10 imputati e, in veste di responsabili civili, di tutte le società che ebbero in concessione la miniera di Prestavel e della Provincia di Trento.““
„Stava Perchè“ è curato da Graziano Lucchi. Nella catastrofe di Stava, Lucchi ha perso i genitori Bruno ed Elodia. E‘ stato presidente per oltre vent’anni dell’Associazione Sinistrati Val di Stava, è fondatore e presidente pro tempore della Fondazione Stava 1985.
I libri „Stava Perchè“ e „Stava 1985“ possono essere richiesti direttamente alla Fondazione Stava 1985, all’indirizzo mail info@stava1985.it, o ai numeri telefonici  +39.0462.814060 oppure +39.347.1049557. La Fondazione, oltre a gestire il Centro Stava 1985, è a disposizione per attività di divulgazione oltre che di formazione, per gli istituti scolastici e post-universitaria, con conferenze, incontri, dibattiti, ed escursioni guidate a Prestavel.






