L’Aquila, stemma di Trento e provincia (25)

Il diploma originale col quale Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, concedeva nel 1339 a Nicolò di Bruna (l’attuale Brno), Vescovo di Trento, lo stemma di s. Venceslao fu per un periodo irreperibile. Il ritrovamento del diploma è avvenuto del tutto casualmente e dopo lunghe e assidue ricerche d’archivio. Nella primavera del 1971, consultando i documenti del Principato vescovile di Trento, conservati nell’archivio di Stato di Trento alla ricerca di notizie intorno a Filippo Bonacolsi frate francescano vescovo di Trento dal 1289 al 1303, nell’aprire una delle buste contenenti documenti di quel periodo tanto burrascoso per la storia della nostro territorio, si è avuto la gradita sorpresa di avere fra le mani e di ammirare non senza una certa emozione il diploma originale col quale Giovanni re di Boemia pregato dal vescovo Nicolò di Bruna concedeva a lui, ai suoi successori, alla chiesa di Trento, le insegne di s. Venceslao
Le fiammelle del corpo da numerosissime nel periodo clesiano andarono diminuendo sempre più, riducendosi in taluni esemplari a tre sole. Si giunse però, alla fine del secolo scorso, al numero fisso di cinque; tre sopra e due sotto. Si cercò di dare una spiegazione alle cinque fiamme o piaghe dello stemma cittadino affermando che esse rappresenterebbero le cinque città del Trentino. Essendosene però aggiunta una sesta città , per poter accettare questa interpretazione, dovremmo portare il numero delle fiammelle a sei. Si crede siano pochi gli stemmi che hanno avuto una così grande varietà d’interpretazione nel venir rappresentati, come quello dell’aquila di Trento. A questa varietà si è quasi certamente giunti perché il diploma con lo stemma originale rimase lungo tempo nascosto, quasi smarrito e ciascun artista cercava di prendere a modello gli stemmi già esistenti e nello stesso tempo di interpretare il testo del diploma noto a tutti. Ecco perché vediamo tanta differenza tra i vari stemmi portanti l’aquila trentina, sia nella forma e nel- la posizione delle ali e della testa, sia soprattutto nella presenza, nel numero e nella disposizione delle fiammelle; scompaiono presto quelle attorno al profilo dell’aquila, per apparire sul petto solo o su tutto il corpo in numero, forma e colore molto variati.
Alla caduta del principato vescovile di Trento, dai portali del castello del Buonconsiglio e degli uffici governativi vennero levate le insegne dell’ultimo principe Vescovo Pietro Vigilio Thun e al loro posto furono innalzate le aquile imperiali con due teste. In poco più di dieci anni i trentini ebbero la ventura di vedere parecchie volte mutati gli stemmi dei portali del Buonconsiglio e degli uffici pubblici statali.
Nel 1803 arriva l’aquila bicipite austriaca; nel 1806 giungono i leoni del re di Baviera; nel 1809 fa ca- polino l’aquila tirolese di Andrea Hofer cacciata nel 1810 dall’aquila francese del Regno Italico; nel 1813 ritorna l’aquila imperiale bicipite. Fra tanta varietà di stemmi e di bandiere solo il comune di Trento conserverà immutato il suo stemma. (continua)






