“Amore mio, uccidi subito questo Garibaldi!”

Trient, 03 agosto 1866. Fedrigo, alle cinque di mattina, scrive a Leopoldina. Scrive all’alba per far partire in tempo la posta. “Vickenburg (il cognato), mi porta notizie dal Tirolo del Nord. L’Imperatore ha promosso nove capitani degli Schützen a ufficiali dell’esercito regolare, senza che fossero mai stati ufficiali. (…) “Gli insopportabili italiani tirano in lungo per riuscire a risparmiare un po’ di soldi. Si vogliono mettere d’accordo per un trattato di pace il meno costoso possibile, dopo aver preteso di fare una guerra grandiosa. Se il generale mi fa star qui ancora tutto agosto, ci avanzano due mesi soltanto per consolarci della lunga separazione. A metà novembre dovrebbe nascere il piccolino nuovo” …
(…) “Ho tanto tempo che leggo ogni giorno la Gazzetta di Milano. Non riesco neanche ad arrabbiarmi per questi buffoni. Impertinenti e bugiardi, fanno ridere. «Gli austriaci sono in maggior numero», «gli austriaci hanno dovuto ritirarsi», «il Tirolo è nostro altrimenti Medici avanza» … Il famoso Medici che con dieci battaglioni ha combattuto per due giorni contro tre e mezzo delle nostre compagnie! (…) Da Wien scenderanno rinforzi da far venire la pelle d’oca agli italiani.
(…) “Mio amore, non credere quando ti dicono che la guerra continua, sono stupidaggini dei giornali. Dei nostri per far paura agli italiani, degli italiani per far vedere che popolo coraggioso sperano di essere. Di’ a mio fratello Bepi di non scriverti più di politica. Probabilmente s’è fatto mettere su da Filippo, con le sue idee italiane: il discorso che fa di Rovereto non è fondato.
Sappiamo bene che la città è fedele e che la gente, a parte pochi scapestrati, non si occupa di politica. Come fa a dire che sotto l’Italia staremmo meglio? Con l’amministrazione disastrosa dei piemontesi non c’è da sperare, tanto più che si rifarebbero con chi è rimasto fedele all’Austria”.






