von mas 01.10.2022 18:30 Uhr

Un libro al mese: Da Hofer a Klotz, nel segno dell’Heimat

“I Tirolesi  non sono mai stati un popolo di confine in bilico fra due nazioni… si sono sempre considerati austriaci” scrive Luigi Sardi in uno dei suoi ultimi libri, quello con cui accompagna il lettore in un viaggio dall’Anno Nove alla Notte dei Fuochi.  Oggi ne pubblichiamo un primo stralcio: “Quella di Fiemme nel Trentino fu la prima scintilla dell’Anno Nove”

Austerlitz.   2 dicembre 1805m   la battaglia detta “dei tre imperatori”.  Stravince la Grande Armée,  per gli austriaci è una carneficina: 15.000 soldati uccisi,  20.000 prigionieri,  poi c’erano i feriti, i dispersi,  i mutilati.  La disastrosa sconfitta dell’Austria segna profondamente il Tirolo che,  dopo secoli di tranquillo dominio austriaco,  è ceduto alla Baviera. Il re di Baviera aveva sposato la ventata di illuminismo e le nuove regole progressiste dettate da Bonaparte che accompagnavano il dilagare dei francesi in Europa. Eccolo nel Tirolo a ordinare la soppressione degli Stati provinciali, togliere alla nobiltà  i troppi antichissimi privilegi,  introdurre la coscrizione militare e la vaccinazione obbligatorie,  il divorzio e intervenire negli affari ecclesiastici.

Si doveva cancellare il nome Tirolo imponendo quello di Baviera meridionale. Accadrà la stessa cosa nell’era fascista,  quando verrà imposto il nome Alto Adige voluto da Tolomei e si rischiava la galera o il confino alle isole Tremiti indicando magari all’osteria come Tirol il territorio tra Salorno (NdR: o meglio, tra Borghetto)  e il Brennero  (…)

Dal gennaio del 1807 la Baviera,  nella sua fretta riformatrice,  aveva sovvertito le antiche consuetudini radicate soprattutto nella valle di Fiemme,  raccogliendo attribuzioni e diritti che erano delleAssemblee,  degli Statuti e dei Regolani,  consegnando al giudice Torresanelli di Stenico l’incarico di applicare in quella valle – e di farlo inflessibilmente –  il dettato della nuova legislazione. 

P edrotti  nel suo lavoro pubblicato nel 1928  spiega che quella di Fiemme nel Trentino fu la prima scintilla dell’Anno Nove. Il pretesto fu l’applicazione della leva militare da parte del Giudice distrettuale Torresanelli che il 6 marzo – dopo essere stato a Moena dove aveva regolarmente formato le liste di leva  – si fermò per lo stesso scopo a Predazzo,  ma parecchi giovani –  aizzati dal parroco, da Michele Giovannelli oste di  Pedazzo che poi guidò  una delle compagnie fiemmesi e da Giuseppe Resch persona molto stimata nella valle –  tumultuarono,  dichiarandosi pronti a resistere a mano armata qualora si fosse ostinato ad apporsi alle sue incombenze d’ufficio. Anzi,  passando dalle parole ai fatti,  gli tolsero dalle mani a lui inerme e sgomento le liste preparate a Moena con i dati anagrafici dei chiamati alle armi,  costringendolo –  dopo averle distrutte  – di lasciare per inscritto formale promessa di non eseguire ulteriormente la pratica della circoscrizione nei paesi di Moena, Forno,  Predazzo e Ziano (…)

Informato dei disordini, il Conte Welsberg decise di inviare nella valle in rivolta il Cancelliere del commissariato Francesco Riccabona a fare da piacere,  nello stesso tempo convocava i militari  mettendo in allarme due compagnie di fanteria,  una di stanza a Egna,  l’altra a Bolzano.

Riccabona arriva a Cavalese il 7 Marzo e racconta: “Incontrai subito gli ammutinati …  se fossero rientrati nella legge sarebbero stati trattati amichevolmente,  altrimenti avrebbe dovuto agire un funzionario fedele al governo bavarese. La risposta fu immediata e arrogante; se la leva non veniva sospesa,  la rivolta si sarebbe propagata a tutta la valle di Fiemme.  (…)

Welsberg ordinava quindi al colonnello  Dirtfurth di radunare importanti forze militari per scortare il giudce De Carpentari con l’incarico di istruire subito il processo ai ribelli. Il colonnello si mise in marcia    (…)

La borgata di Cavalese venne circondata dai soldati che con la baionetta innestata occuparono tutte le strade,  le piazze,  presidiano le fontane, levarono le corde alle campagne per evitare che, suonate a martello,  richiamassero le genti dai luoghi vicini. Il  colonnello minacciò di  dar fuoco all’abitato,  poi ordinò di sparare contro le case dei renitenti. Il popolo atterrito chiese grazia che venne concessa ma non ai colpevoli e il giudice ordinò che fossero puniti pubblicamente con 30 e alcuni con 60 nerbate.

I caporioni furono legati,  incolonnati e sotto buona scorta fatti partire per Trento,  mentre i giovani abili al servizio militare,  con i polsi legati,  vennero scortati fino alle caserme di destinazione, mentre i soldati saccheggiavano le case dei presunti ribelli,  sequestravano i loro beni e non si conosce la sorte delle donne trovate nelle abitazioni dai militari in cerca di bottino che,  come accadeva di soventi in quei frangenti di furia,  rischiavano lo stupro

In quella domenica le truppe bavaresi soffocarono una rivolta durata una settimana. Furono 15 le persone arrestate cioè di loro don Giorgio Jellici di Ziano,  Francesco Gabrielli,  Gianmaria Dezulian,  Francesco Brigadoi. Tutti durante il trasferimento a Trento furono bastonati e poi furono rinchiusi nelle carceri di Palazzo Pretorio, dove languirono a lungo. Alcuni arrestati tornarono  liberi dopo un mese,  altri vennero rinchiusi nelle casematte della Cittadella di Mantova dove nei mesi successivi vennero segregati altri ribelli tirolesi.

Luigi Sardi, nato a Como nel 1939, è stato giornalista ed inviato speciale del quotidiano “Alto Adige” dal marzo 1959 fino all’agosto 2008. Dall’osservatorio privilegiato del giornale ha tratto gli spunti per scrivere una trentina d libri.  Questo è uscito nell’estate del 2020 ed è facilmente reperibile in libreria o presso la casa editrice Curcu Genovese di Trento.

Altrimenti è possibile contattare direttamente l’autore alla mai luigi.sardi@virgilio.it;  oltre a poter inviare questo e gli altri suoi libri agli interessati, Luigi Sardi è sempre disponibile a partecipare a serate di presentazione

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