Tirolo in lutto per Sepp Innerhofer
“Ci vorrebbe un altro raduno a Sigmundskron!”  – Sepp Innerhofer lo aveva detto l’anno scorso a Termeno, in occasione della commemorazione di Andreas Hofer –  “Ma questa volta non si dovrebbero radunare trentacinquemila persone, ma almeno centomila, perché il nostro diritto all’autodeterminazione non si è ancora realizzato.”
“Certo – aveva aggiunto – per fare le cose per bene ci vuole il suo tempo”. E aveva concluso invitando tutti a darsi da fare “perché dai politici di oggi non possiamo aspettarci granché”
Fino alla fine non aveva abbassato la voce, Sepp Innerhofer; a 90 anni passati, partecipava ancora a serate, a incontri, a dibattiti, dove raccontava gli anni delle bombe e non solo, illustrava le vicende storiche, i retroscena politici, le ragioni, l’ideale.
“Era una lotta quotidiana, a cui nessun Sudtirolese di lingua tedesca o ladina poteva sottrarsi. La nostra vita era una continua battaglia contro la sopraffazione fascista. I nuovi padroni, stranieri e indesiderati, cercavano di italianizzare la nostra Heimat, di obbligare noi Sudtirolesi ad essere qualcosa di diverso da quello che eravamo. A farla breve, volevano trasformarci in italiani. Iniziarono così ad abolire i toponimi storici, la parola “Tirolo” fu bandita. Seguì la chiusura delle scuole tedesche, gli insegnanti tirolesi furono pensionati forzatamente o trasferiti nelle province italiane: se si rifiutavano, venivano sospesi dall’insegnamento. Non erano ammessi nemmeno i nomi di battesimo tedeschi. Dal 1934 al 1940 ho non ho potuto frequentare che la scuola elementare italiana: la mia generazione non sapeva né leggere né scrivere in tedesco.”