von mas 03.09.2018 16:17 Uhr

I lettori ci scrivono: Lo Chalet Fiat e la nostra identità culturale

Un rifugio che porta il nome di una fabbrica indubbiamente importante ma che con la nostra Storia non ha molto a che vedere. 

Sono Vittorio Martini, cittadino di Ragoli e vorrei condividere con voi una riflessione che mi è sorta in questi giorni estivi, caratterizzati da una grande presenza di turisti sul nostro territorio, alla ricerca di refrigerio per il corpo ma soprattutto per la mente. Lo spunto di riflessione è nato da un fatto apparentemente banale ma che racchiude in sé il significato profondo di quanto stiamo pericolosamente rischiando di perdere.

Nell’arrivare con la funivia alla Cima Spinale ho colto alcuni discorsi di una famiglia di turisti che con me arrivava in uno dei punti panoramici più belli. Nei discorsi dei genitori veniva ripetuta più volte la preoccupazione di trovare la strada per raggiungere la meta della giornata, obiettivo che veniva riassunto nel locale in cui fermarsi, lo “Chalet Fiat”. Mi sono permesso allora di far notare loro come l’uso di questo nome fosse inesatto e come il vero nome del Rifugio fosse “Rifugio Spinale”. Mi hanno mostrato sullo smarthpone l’errore in cui ero incorso, ed avevano ragione loro, il nome Spinale è addirittura scomparso, relegato nell’indirizzo che funge da recapito in “Via Monte Spinale”.

Scendendo dalla cabina e guardando le distese di pascoli e cime mi è apparsa l’immagine dei nostri nonni e la passione con cui raccontavano della storia della Montagna, delle Regole Spinale Manez, dell’orgoglio di appartenere a queste Comunità che loro ritenevano così tipicamente diverse e proprio per questo tanto preziose. Il loro senso di appartenenza non aveva niente a che fare con il desiderio di isolarsi dal resto del mondo per sentirsi padroni di quanto era stato loro dato ma, al contrario, era indirizzato al di fuori. Il desiderio era quello di far conoscere a chi veniva da queste parti le numerose occasioni di stupirsi di fronte a luoghi, persone e stili di vita che ci rendevano, e ci dovrebbero rendere, interessanti a chi viene qui per incontrare qualcosa di nuovo.

Lo stesso interesse e stupore che noi tutti proviamo, ad esempio, quando entriamo in una grande città, con le sue piazze, il traffico, l’enormità di negozi, mezzi pubblici e persone che si incrociano senza guardarsi. Noi, dai modi magari burberi ma che “non possiamo” abbassare lo sguardo e non salutare quando, percorrendo un sentiero, incontriamo qualcuno che scende in solitudine.

Ma di tutto questo cosa resta, mi sono chiesto, pensando al nome di un rifugio che porta il nome di una fabbrica indubbiamente importante ma che con i pascoli di Spinale e la nostra Storia non ha molto a che vedere. Non stiamo rinunciando, in nome di un’economia turistica che ha portato indiscutibilmente del benessere, proprio a quello che ci ha reso “interessanti”? Non stiamo forse perdendo quell’identità culturale che ci ha formato e fatto crescere?

Non rischiamo di vendere in questo modo, non solo la nostra capacità di essere ospitali in un ambiente così originalmente speciale ma addirittura il nostro stesso e profondo “essere”, rinunciando anche ai nomi dei nostri luoghi e in sostanza alla nostra Storia? E che gente allora saremo se, in nome di un beneficio solamente materiale e limitato nel tempo, perderemo il piacere di sentirci “unici”?

Jetzt
,
oder
oder mit versenden.

Es gibt neue Nachrichten auf der Startseite