Briciole di Memoria: Natale 1914

Quando ci si è rovesciato addosso questo terribile uragano ed il corso della nostra vita venne spezzato dalla violenza della bufera, appena rimessi dal primo stordimento dicevamo tutti „Pazienza, facciamoci coraggio, sarà per poco: al più tardi a Natale la guerra sarà finita“
Pareva che nella festa della pace e dell’amore tutti dovessero smettere gli odi e ritornare ai propri focolari. Invece la guerra non è ancora finita e la pace sembra ancora lontana. Milioni di uomini stanno ancora nelle trincee e spiano il momento propizio per mandarsi l’un l’altro una palla omicida nel cuore; milioni di uomini guardano in faccia alla morte, come se il Redentore non fosse ancora nato; migliaia dei nostri bravi soldati rinnovano ogni mattina – quando riprende il sibilo degli shrapnels e il martellare delle mitraglie – il sacrificio della loro giovane esistenza; migliaia giacciono negli ospedali dispersi e lontani; centinaia e centinaia sognano invano, in mezzo ai geli della Siberia, il sorriso del nostro cielo e della nostra patria; e molti altri ancora sono morti in terra straniera senza l’ultimo saluto, senza l’ultima palata, senza l’ultimo Requiem.
Che faremo noi quest’anno intorno a codesti deserti focolari del Natale, a cui il tizzone stesso pari faccia ecco gemendo ai nostri lamenti e la fiamma va strisciando bassa e fumosa, quasi senta anch’essa l’incubo che pesa sugli animi?
Eppure, amici, in alto i cuori! Guardate questa meravigliosa notte stellata di Natale. Non è vero che le stelle ci paiono quest’anno più vicine ed il cielo più aperto?
Sono le stelle a cui guardano in questo momento i nostri cari, pensando di lontano ai loro figlioletti, alle loro spose, alle loro mamme; sono le stelle che vegliano pietose sui nostri feriti e sui nostri poveri morti: sono le stelle del nostro amore, della nostra speranza comune.
Gli altri anni avevamo forse lo sguardo rivolto troppo alla terra, gli affari e i fastidi della vita quotidiana ci preoccupavano, ci assorbivano come se non vivessimo che per quelli. Eravamo piccoli e ci perdevamo quasi nell’ingranaggio delle cose.
Ma quando l’orribile tromba della guerra ci ha chiamati e trovandoci improvvisamente faccia a faccia con la morte, abbiamo gettato da un canto tutte le cure che pur ci parevano gravi, quasi per sciogliere le nostre energie da ogni altro legame e raccoglierle tutte per l’estremo cimento, quando nel distacco da tutte le cose care rialzammo gli occhi al cielo come a citarne in silenzio la testimonianza per il sacrificio ed il dovere compiuto, allora ci sentimmo più grandi, più elevati da terra, più vicini a quelle stelle da cui Dio ci governa e a cui faremo ritorno.
Ed oggi, a Natale dell’insanguinato 1914, ci pare di comprender più che mai il misterioso linguaggio che esse hanno parlato nei secoli, e mentre un mondo di artifici, di menzogne e di odio ci crolla d’attorno, già noi sentiamo che la loro luce, fatta più vicina, risplende su di noi, divenuti più poveri e più umili, come sul nudo paesaggio di Betlemme.
Il papa aveva proposto una tregua, ma alcuni potenti della terra non l’hanno voluta.
Che importa? C’è un campo su cui, fuori di noi, nessuno può comandare ed è il campo del nostro spirito e della nostra coscienza. Su questo campo combattenti e feriti, morti e superstiti, concluderanno tutti la nostra tregua. Quando volgerai al tuo mezzo, o notte di Natale, noi tutti guarderemo alle tue stelle vivide che splendono del pari sulle trincee come sui focolai, sugli ospedali e sulla poca terra di sepoltura, e sentiremo rinnovarsi in noi indissolubile il vincolo dell’amore, che ci lega ai nostri cari al di qua e al di là della vita, e svolgersi nel cuore una mutua corrispondena d’affetti. Poi il nostro palpito si allargherà ancora più, comprendendo tutti gli uomini, anche quelli che si chiamano i nemici.
A tutti, a tutta l’umanità , in questa tregua della carità cristiana, noi auguriamo giorni migliori, di felicità e di pace.
Noi sentiamo, noi sappiamo che in questa sacra notte il nostro palpito si estenderà nel nostro petto, il nostro augurio non rimarrà un segreto della nostra coscienza, ma si trasmetterà all’amico, al vicino, a tutti i fratelli in Cristo, poichè su tutta indistamente codesta povera umanità insanguinata, vibra il richiamo misterioso di quell’ora in cui un Dio, per amore di lei, si fece bambino.






