25 dicembre: Natale Sol Invictus

La tradizione vuole che la celebrazione del Natale sia una festa prettamente cristiana che simboleggia la nascita del Messia Gesù, ma in realtà nasconde qualcosa di più profondo e ancestrale. Nella sua origine, infatti, si cela un intreccio di storia antica: una perfetta mescolanza di culture, riti e religioni. È l’imperatore Aureliano a proclamare il 25 dicembre 274 d.C. il primo Dies Natalis Solis Invicti, in onore della riunificazione dell’Impero Romano. La priorità fu la coesione culturale; la scelta, perciò, ricadde sull’adorazione del Sole, presente in tutti i popoli dell’Impero. Se, infatti, a Roma vi era Apollo, in Grecia si pregava Helio, in Egitto Horus, mentre i siriani e gli arabi festeggiavano già dal 600 a.C. il dio Dusares precisamente il venticinquesimo giorno di dicembre. Ma l’idea del Natale, inteso come nascita, deriva dalle popolazioni celtiche e germaniche che attraverso il culto della Yule (ruota) simboleggiavano la morte e la rinascita del sole durante il solstizio d’inverno che cade di 21 dicembre, giorno più corto e buio dell’anno. Dalle popolazioni nordiche abbiamo anche ereditato l’usanza di adornare l’albero, tradizione proveniente dal culto sassone di Irminsul, un enorme pilastro che connette il cielo con la terra, che veniva spesso rappresentato come una grande quercia.
Molte tradizioni, dunque, in realtà appartengono alla storia dell’uomo nella sua accezione più universale. È impossibile non rimaner affascinati nello scoprire quante similitudini ci siano nella diversità. Una realtà apparentemente intangibile per i più di noi che sfiorano solo di tanto in tanto questo infinito mondo di ricerca della conoscenza. Un esempio? Apprendere, conversando con un amico competente in materia, come mai la Madonna sia così importante nella nostra cultura. Ciò è dovuto al fatto che il cristianesimo, sposando le culture pagane legate alla fertilità della terra e all’agricoltura, mette in risalto il culto della donna, simbolo di fecondità e vita. Cosa che non avviene invece nelle zone islamiche e ebraiche dove, a causa dell’aridità del suolo, si predilige la pastorizia. In questo modo la donna-madonna viene relegata in secondo piano.
Nelle culture pagane europee — in particolare celtiche, germaniche e nordiche — gli alberi erano considerati esseri sacri. L’abete, il pino e altri sempreverdi mantengono il loro verde anche durante l’inverno, quando la natura sembra “morire”. Per questo rappresentavano: la vita che non si spegne, la continuità dell’esistenza, la speranza di rinascita dopo il periodo buio. Durante il solstizio d’inverno, portare rami sempreverdi nelle case serviva a invocare il ritorno della luce e della fertilità.
Molte tradizioni vedevano l’albero come ponte tra i mondi: radici nel mondo sotterraneo, tronco nel mondo umano, chioma nel cielo. Questo concetto, noto come albero del mondo (come l’Yggdrasill nordico, un dio simile a Irminsul), rendeva l’albero un simbolo di ordine, equilibrio e connessione universale. Sugli alberi sacri venivano appesi: frutti (mele, noci) come abbondanza e fertilità, nastri e simboli solari, luci o fuochi a rilevare il potere del sole.
In sintesi, quindi, il significato dell’albero di Natale è la celebrazione della vita eterna, simbolo di rinascita e speranza, rappresentazione del cosmo e dell’equilibrio naturale, rito di protezione e prosperità durante l’inverno. L’albero di Natale che oggi illumina le nostre case è quindi l’erede moderno di un antichissimo simbolo sacro, nato per ricordare che anche nel momento più buio dell’anno, la vita continua a crescere.






