Elogio del Knödel

L’origine dei knödel (o canederli) affonda le sue radici nella tradizione contadina dell’Europa centrale, in particolare nelle regioni alpine tedesche, austriache e tirolesi, e rispecchia perfettamente la filosofia della cucina povera: piatti nati per utilizzare gli avanzi (come il pane raffermo) e trasformarli in qualcosa di nutriente e sostanzioso. Nel dialetto del Tirolo Trentino sono chiamati canederli che deriva appunto da knödel, ed indica genericamente degli gnocchi o polpette di impasto. Il nome è collegato a un antico termine germanico che richiama l’idea di “nodo” o grumo, ad indicare la forma compatta della pietanza. La prima rappresentazione visiva di knödel risale almeno al XII secolo, con un affresco nella cappella del Burg Hocheppan vicino a Bozen che mostra una scena in cui si cucinano delle palle di questo tipo già attorno al 1180.
I knödel/canederli si svilupparono come piatto essenziale nelle aree montane e rurali dell’Europa centrale e alpina, dove ingredienti come pane raffermo, latte, uova e prodotti locali (speck, formaggio, erbe) venivano trasformati in piatti completi e sostanziosi per affrontare i lunghi inverni. La cucina contadina tendeva a non sprecare nulla, dando vita a ricette creative e nutrienti proprio come i canederli. Oggi questa preparazione è una pietanza tipica non solo del Trentino-Südtirol, ma anche di Austria, Baviera, Germania del Sud, Repubblica Ceca, Slovacchia e altre aree dell’Europa centro-orientale, con molte varianti locali di sapore e ingredienti.
In sintesi, i knödel/canederli sono un piatto medievale di origine alpina, nato dalla cucina rurale dell’Europa centrale come modo intelligente e gustoso di recuperare il pane e altri ingredienti semplici, e poi diffusosi in gran parte dell’arco alpino e oltre. È facile inoltre incontrare gli abitanti delle regioni italiane, soprattutto nel centro sud, che ignorano completamente l’esistenza di questa ricetta.
Quindi tutta questa ridicola polemica che i knödel dovrebbero rientrare nella cucina “italiana” è solo una informazione bislacca. Si sa che molto spesso gli italiani si impossessano di oggetti, simboli, stili e anche personaggi che non appartengono alla loro cultura e alle loro tradizioni ma siccome primeggiano ne rivendicano la paternità o l’appartenenza. Non a caso, ad esempio, i campioni sudtirolesi che hanno dato prestigio allo sport da “crucchi”, come solitamente gli italiani chiamano i sudtirolesi, sono diventati “italiani”. Ça va sans dire…






