von mas 11.09.2025 06:45 Uhr

Briciole di Memoria: „… combattere per l’oppressore …“

Per la nostra rubrica settimanale, stiamo presentando alcuni dei monumenti che ricordano i nostri soldati caduti durante la Prima Guerra Mondiale, quelli eretti seguendo le disposizioni vigenti dopo la „redenzione“ e spesso non ancora contestualizzati. Oggi siamo nel cimitero di Lavis

Foto Marcello Delucca / Elaborazione UT24

“Ai morti sotto bandiera austriaca basta un pietoso ricordo nei camposanti”, scriveva nell’ottobre 1923 il Questore di Trento Panini ai sindaci della Venezia Tridentina, richiamando la circolare prefettizia emanata a gennaio dello stesso anno. Oltre a confinare i cippi e le lapidi ai nostri caduti per la Heimat e per la Patria Austriaca nei cimiteri, senza cerimonie solenni o monumenti in piazza, riservando questi „onori“ a chi aveva disertato  per andare a combattere nelle fila dell’esercito „redentore“, lettera e circolare prescrivevano anche il tono delle epigrafi, che doveva ispirarsi a un verso del poeta italiano Leopardi:

«Oh misero colui che in guerra è spento, non per li patrii lidi e per la pia consorte e i figli cari, ma da nemici altrui, per altra gente, e non può dir morendo:  alma terra natia, la vita che mi desti ecco ti rendo»

E se in qualche caso si tentò di eludere le severe disposizioni, limitandosi a ricordare „i figli caduti“ (almeno finchè fu possibile utilizzare la parola „caduti“, che pure questa ben presto divenne „troppo“), in altri casi i redattori di epigrafi superarano il poeta sopraccitato.  Un vero capolavoro di cancellazione della memoria, di sostituzione della storia, ispirato dalla tristemente nota Legione Trentina.

 

Oggi e nelle prossime settimane, per  la rubrica „Briciole di Memoria“, presenteremo alcune di questi monumenti, molti dei quali – ancora ai giorni nostri – non sono stati contestualizzati.  Speriamo che questa nostra serie di articoli serva in qualche modo a sollecitare l’apposizione di un testo (una targa, un totem, un QR, un qualsiasi cosa…) che spieghi ad ignari visitatori (ce ne sono tanti, più vicino di quanto si possa pensare) la realtà dei fatti ed il contesto storico in cui nacquero queste epigrafi.  Sarebbe un atto dovuto, una piccola riparazione della memoria „dannata“, dopo più di un secolo di oblio.

Ai lettori interessati segnaliamo il certosino lavoro di ricerca di Aldo MiorelliLe epigrafi dei „Monumenti ai caduti“ trentini nell’esercito
austro-ungarico eretti tra il 1919 e il 1940,  pubblicato negli annali del Museo Storico Italiano della Guerra nel 1996 / 1997.

Cimitero di Lavis

Il monumento, eretto nel 1925, è un cippo collocato all’interno del cimitero.  La lapide riporta i nomi di tutti i caduti, sovrastati dalla scritta:

Lavis ricorda con pietà
i suoi figli spenti in guerra
costretti a combattere per l’oppressore“

Interessante quanto annota Miorelli nel suo lavoro: la prima stesura dell’epigrafe, che non parlava di „figli spenti“ ma di „figli caduti“, fu respinta dalla Questura di Trento il 2 aprile 1925,  in quanto «non può essere consentita la parola «caduti» perché questa desta il concetto di morti per la patria», che naturalmente non poteva essere che l’Italia; inoltre, nonostante fosse prevista nell’epigrafe imposta, la definizione „Lavis redenta“ venne poi tralasciata al momento della realizzazione del monumento.

Ai lati del cippo, due „ali“ collocate in seguito, rendono almeno in parte  giustizia ai lavisani morti indossando la divisa austriaca: riportano infatti la scritta „Lavis ai suoi Caduti nella guerra mondiale 1914 – 1918“; in tedesco invece l’epigrafe parla di „gefallene Söhne / figli caduti2 come in quella prevista in origine“.

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