von fpm 02.09.2025 18:00 Uhr

L’Aquila, stemma di Trento e provincia (27)

Sugli studi di Padre Frumenzio Ghetta ripercorriamo la storia dell’Aquila del Principato, stemma di s. Venceslao, simbolo della nostra identità.

Elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

Il diploma originale col quale Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, concedeva nel 1339 a Nicolò di Bruna (l’attuale Brno), Vescovo di Trento, lo stemma di s. Venceslao fu per un periodo irreperibile. Il ritrovamento del diploma è avvenuto del tutto casualmente e dopo lunghe e assidue ricerche d’archivio. Nella primavera del 1971, consultando i documenti del Principato vescovile di Trento, conservati nell’archivio di Stato di Trento alla ricerca di notizie intorno a Filippo Bonacolsi frate francescano vescovo di Trento dal 1289 al 1303, nell’aprire una delle buste contenenti documenti di quel periodo tanto burrascoso per la storia della nostro territorio, si è avuto la gradita sorpresa di avere fra le mani e di ammirare non senza una certa emozione il diploma originale col quale Giovanni re di Boemia pregato dal vescovo Nicolò di Bruna concedeva a lui, ai suoi successori, alla chiesa di Trento, le insegne di s. Venceslao.

Dopo aver descritto lo stemma della città, crediamo utile parlare anche della bandiera di Trento, della sua origine e delle modificazioni a cui andò soggetta, servendoci della pubblicazione del Gerola, premettendo un cenno sull’origine e sull’uso delle bandiere. Ben pochi conoscono l’origine dei colori della bandiera di Trento. Molti credono infatti che i due colori, azzurro e giallo siano quelli dello stemma di s. Venceslao duca di Boemia. L’imperatore Costantino il Grande, ai vessilli sormontati dall’aquila romana, usati fino allora nell’esercito romano, sostituì come nuova insegna il labarum, il gonfalone con il monogramma di Cristo. Soltanto nel medioevo l’uso della bandiera divenne generale. L’origine germanica della parola bandiera, da banda, che significa striscia di panno, è confermata da Paolo Diacono dove parla del bandonum del re degli Eruli. Nel medioevo i re europei portavano in guerra le bandiere dedicate ai loro rispettivi patroni nazionali: i re di Francia la bandiera di s. Dionigi; i re d’Inghilterra quella di s. Giorgio. La bandiera che venne in uso nell’alto medioevo come stendardo per le processioni religiose era poi passata agli usi civili e militari, come simbolo della patria e come segno di guerra. Durante l’età comunale l’uso dell’insegna divenne generale. Ogni città, ogni vescovado, ogni comunità aveva il suo vessillo con il relativo stemma; ed era grandissimo onore per i cittadini venir eletti vessilliferi del comune o della città. I vessilli che non venivano collocati nel palazzo comunale erano conservati nelle chiese e collocati presso gli altari nel posto d’onore.

I cittadini di Trento hanno avuto uno stendardo, chiamato vessillo o bandiera di s. Vigilio. Questo soprattutto si può dedurre se si riflette alla grande ambizione e gelosia con cui allora venivano custoditi e venerati i preziosi corpi dei Santi, e quanta fiducia si poneva nella loro protezione.

I cittadini di Trento, che potevano gloriarsi di possedere una magnifica cattedrale costruita per onorare il santo patrono della città e custodirne il sacro corpo, avevano certamente in sommo onore s. Vigilio. Difendere la città e combattere per la sua libertà equivaleva difendere s. Vigilio e tenere alto il suo onore e così i traditori della patria erano considerati traditori del suo patrono. (continua)

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