von fpm 02.08.2025 10:00 Uhr

“Amore mio, uccidi subito questo Garibaldi!”

“Lo trovi, gli spari e torni da me…”: così scriveva nel 1866 Leopoldina Lobkowitz, principessa austriaca, al marito Fedrigo Bossi Fedrigotti, nobile “povero” di Rovereto che combatteva a fianco dell’Imperatore a difesa del Tirolo minacciato dall’invasione garibaldina.

Elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

Il 02 agosto 1866 l’Italia resta sola perché Prussia e Austria si mettono d’accordo. L’appoggio diplomatico francese permette agli italiani di sperare ancora nel Tirolo. Il Veneto è già assicurato, d’accordo che Napoleone lo passerà all’Italia. La tregua intanto è prolungata fino al 10 agosto e intanto si tratta per l’armistizio di Cormons. La stampa italiana chiede di approfittare della “debolezza” austriaca e della “benevolenza” di Napoleone per prendere il sospirato Tirolo. La stampa austriaca vuole che il nemico esca dai confini e che si rompano le trattative arroganti: guerra sì, ma non subito, affrettando intanto la discesa degli uomini dell’armata nord.

A Firenze c’è discordia tra i generali. Accanto a chi vuole riprendere le armi a tutti i costi, spuntano voci realistiche che si accontentano dello status quo raggiunto dalle truppe (in pratica la Valsugana sino a Pergine). Ma gli austriaci, forti anche della solidarietà popolare dei tirolesi trentini, non sono disposti a cedere niente oltre il Veneto, e neppure questo agli italiani, sconfitti per terra e per mare, a parte i piccoli successi del generale Medici e di Garibaldi.

A un certo punto l’accordo sembra vicino ma una gaffe dell’Arciduca Alberto, tornato al sud per le trattative, ferma tutto. In un telegramma (apposta o per sbaglio) invece di “Italia” scrive “Sardegna”. Offesa diplomatica. “Non siamo più ai tempi del Regno di Sardegna”, si risponde, “da sei anni il Regno è italiano”! La tregua minaccia di finire senza una firma decisiva. L’11 agosto l’Italia dovrebbe rimettersi a combattere contro un esercito che ha approfittato della sosta per raddoppiare i soldati alla frontiera.

All’ultimo momento La Marmora obbliga i ministri ad accettare la pace alle condizioni austriache: a parte il Veneto nient’altro cambia. Il generale sa che l’intero corpo d’armata friulano di Cialdini è senza scarpe, senza coperte e con pochi viveri mentre dal nord arrivano treni pieni di soldati in qualche modo rimessi a nuovo.

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