“Amore mio, uccidi subito questo Garibaldi!”

Il 1° agosto 1866 Fedrigo scrive a Leopoldina da Trento. “A giudicare dai giornali l’Italia non ha ancora rinunciato a prendere il Tirolo: non capiscono che adesso hanno contro l’intera armata? … Oggi pomeriggio vorrei andare a visitare gli avamposti di dove si vede l’accampamento nemico. I piemontesi sono Pergine, noi a Civezzano. Montluisant sta dalla parte di Vigolo. Ieri sono arrivati due ufficiali garibaldini a chiedere il permesso di visitare i feriti ricoverati all’ospedale di Bozen. Erano un maggiore e un capitano. Il maggiore, un veterano – mi hanno detto – che aveva combattuto in Sud America, è venuto con le stampelle. Ha perduto una gamba fino all’inguine in una vecchia battaglia americana.

Quanto è brutto l’aspetto di queste truppe rosse – ricordo bene i prigionieri – tanto bello è quello del dei loro ufficiali. La camicia rossa diventa per loro una giacca di panno fine, con bottoni e fascia blu, grigia all’interno, tutto ben stretto addosso. Il berretto è sempre rosso dello stesso tessuto. Hanno avuto il permesso di parlare con i feriti. I quattro battaglioni del reggimento del Kaiserjäger che le scorse settimane hanno combattuto qui sul fronte tirolese verranno decorati. Quaranta dei loro ufficiali sono caduti ecco perché adesso hanno tenenti giovanissimi. Quattro capitani riceveranno la croce di Maria Theresia”. …

Proprio ora mi dicono che la tregua è stata prolungata. Il generale è seccato: sperava per domani in una bella giornata di guerra. Insopportabili queste incertezze! Sono giorni buttati via passati a giocare a whist o jarolash con i generali e io non sono un giocatore. Non mi diverto, solo Sizzo mi fa ridere, quando parla tedesco: ‘ik auk make das’, più o meno come il tedesco di Filippo, solo peggio e più in fretta. Però è un patriota”.