“Amore mio, uccidi subito questo Garibaldi!”

Il 27 luglio 1866 Fedrigo scrive a Leopoldina da Comano. Assieme ad altri due ufficiali era andato a visitare i feriti rimasti in mano ai garibaldini dopo la battaglia di Bezzecca. Tiarno di Sotto, in cima alla Val di Ledro, era il posto indicato dagli informatori. Fu una lunga camminata, quasi sette ore, per tutta la Val Giudicarie. Fedrigo sentiva il peso della responsabilità, per via della lingua italiana che i due ufficiali non conoscevano. Ovviamente erano andati disarmati come di consuetudine si va con lo scopo di parlamentare. Fedrigo celava a malapena la paura. “È stata una cavalcata lunghissima 7 ore buone per tutta la Val Giudicarie ero preoccupato perché la responsabilità pesava addosso a me per via dell’italiano che gli altri due non sapevano. Naturalmente siamo andati senza fucili e con tutti i segnali di chi va a parlamentare, la benda bianca da mettere sugli occhi, ma ugualmente avevo paura”. Arrivati a Tiarno di Sopra improvvisamente si sono trovati davanti una decina di garibaldini… “Credo di averti detto che il loro aspetto fa paura. (…) puoi dunque immaginare come ci ha fatto fermare il cuore averli addosso all’improvviso. Per fortuna tra loro ci sono due ufficiali. Parlo io e spiego. Confermano tre prigionieri, tre feriti austriaci. Tre Kaiserjäger, ma pensavano di trovarne almeno dieci. Il permesso sembra accordato. Ci fanno scendere da cavallo e ci bendano gli occhi; in mezzo a loro camminiamo verso il paese. (…) sulla porta della chiesa ci tolgono la benda e faccio in tempo a vedere sulla piazza un via vai di garibaldini sbrindellati. In chiesa tutto il pavimento è coperto di feriti, uno vicino all’altro, sporchi, stracciati, fasciati come capita, con sangue dappertutto” …
“Sono passati sei giorni dalla battaglia ma qui sembra di essere in pieno massacro alcuni non hanno neanche più la faccia. Ah, se questo è un ospedale!!! Certo che i loro feriti caduti in mano nostra conviene restare nell’ospedale di Trento e di Bozen. Che disperazione, Leopoldina! Un medico va e viene, l’ufficiale che ci accompagna spiega che è francese ma sento che sa il tedesco bene, forse è svizzero, girano alcune donne che parlano inglese, una è bionda e graziosa. Mi vergogno a guardarli questi garibaldini che non sembrano più uomini con la mia faccia di nemico. Quando ci stanno contro nel bosco e nelle montagne la loro espressione è quella perfida di Caino ma lì per terra pieni di sangue quasi riescono a far passare noi dalla parte del torto”.
Fedrigo chiede al medico dei tre Kaiserjäger ma lo informano che uno è morto. Promette che presto verranno a prenderli. Non hanno più voglia di parlare e se ne tornano a Comano con le immagini di quel deliro fisse nella mente. “Sono così stanco che dormo subito. Per fortuna: non sopporterei di rivedere nel buio i garibaldini senza faccia e il Kaiserjäger che piange. Non posso più parlare, tuo Fedrigo”.






