Cambiare nomi ai rifugi? – 1°

Cambiare nome ai rifugi del Tirolo Meridionale? Si ma… quali e come? In queste settimane in Sudtirolo il dibattito su questo particolare argomento è abbastanza acceso.
Tutto ha inizio quando, sul bollettino di giugno dell’Alpenverein Südtirol (AVS) appaiono due articoli che riguardano la denominazione dei rifugi in Sudtirolo. „Ci si chiede con stupore quale relazione abbiano, ad esempio, Zwickau e Stettin con la Passeier oppure Teplitz e Magdeburg con la Wipptal – apre il primo dei due – Per trovare una risposta a questa domanda, bisogna risalire all’epoca del „boom“, il XIX secolo, quando l’esplorazione delle Alpi veniva portata avanti in modo sistematico. Il Club Alpino Tedesco e Austriaco (DuÖAV), attivo tra il 1874 e il 1938, cercava aree ancora inesplorate nelle Alpi tirolesi, con l’obiettivo di attrezzarle con punti di appoggio adatti per le escursioni in alta montagna. Nel 1914, il DuÖAV contava 407 sezioni, con oltre 100.000 membri, nonché 319 rifugi nelle Alpi Orientali. Il più grande club alpino al mondo godeva di notevole solidità economica: chi costruiva, denominava!“
Segue poi una lunga elencazione di rifugi dalle denominazioni „stupefacenti“, tutto questo senza citare neanche di striscio – che magari qualcuno non lo sa o lo ha dimenticato – il dato di fatto che nel XIX secolo tutto il Tirolo faceva parte dell’Impero Austriaco, quindi non è che il DuÖAV costruisse in casa d’altri…
Il secondo articolo, a cura di Ingrid Beikircher, vicepresidente dell’AVS, fa da „commento“ al primo :
„Dopo che nel 1923 tutti i rifugi alpini in Sudtirolo furono trasferiti allo Stato italiano o a diverse sezioni del CAI, le sezioni costruttrici del DuÖAV non poterono più occuparsene – si legge nell’articolo – Quando finalmente, nel 1999, i rifugi espropriati delle sezioni DuÖAV passarono dallo Stato italiano alla proprietà della Provincia Autonoma di Bolzano, né il DAV (Club Alpino Tedesco) né l’ÖAV (Club Alpino Austriaco) rivendicarono i precedenti diritti di proprietà, ma li cedettero generosamente alla Provincia di Bolzano. Oggi le sezioni estere che originariamente costruirono questi rifugi hanno ormai pochi legami con le loro ex strutture. Non se ne occupano più, né le sostengono o promuovono. Rimangono solo i loro nomi. Ma sono ancora attuali? E per quanto tempo dovrebbero ancora essere mantenuti questi nomi?„
Beikircher poi continua „In Sudtirolo un’incongruenza deriva soprattutto dal fatto che la traduzione o denominazione italiana spesso non ha senso rispetto a quella tedesca e per lo più non corrisponde: ad esempio, la Kasseler Hütte in italiano si chiama Rifugio Roma, anche se non ha alcun legame con la sezione CAI di Roma, non è da essa gestita (né dalla sezione DAV di Kassel) e non ha alcun riferimento storico-alpinistico con Roma.
„Secondo me, oggi non ha più senso che i rifugi portino nomi di città tedesche o italiane, o di persone che non hanno alcuna connessione con la costruzione – conclude la vicepresidente AVS –Sarebbe invece molto più utile dare ai rifugi nomi legati al luogo in cui si trovano, alla zona o alla posizione alpina — nomi che avrebbero anche una traduzione italiana coerente.“
La presa di posizione del Südtiroler Heimatbund
Conservare i nomi storici – cancellare quelli fascisti!
Il Südtiroler Heimatbund segue con irritazione l’attuale dibattito sul cambiamento delle denominazioni dei rifugi sudtirolesi. Mentre nomi storici e legati alla tradizione come “Kasseler Hütte” o “Stettiner Hütte” vengono messi in discussione, il rifugio presso le Tre Cime di Lavaredo continua a portare il nome di un fascista: Antonio Locatelli, partecipante a guerre coloniali e celebratore del regime fascista.
“È una contraddizione grottesca: si vogliono cancellare i nomi che si riferiscono agli originari costruttori, ma allo stesso tempo si mantiene una denominazione come Antonio Locatelli – un ufficiale dell’aeronautica che partecipò alla criminale guerra contro l’Etiopia” – affermaL’Obmann del SHB, Roland Lang – Questo rifugio è tuttora un monumento a uno dei più attivi propagandisti dell’imperialismo fascista. È inaccettabile nel 2025.”
Durante la guerra di conquista italiana in Etiopia, Locatelli condusse attacchi brutali contro la popolazione civile, esprimendo in alcune lettere alla madre la sua gioia per il “successo” di tali operazioni. Gli attacchi vennero condotti anche con gas tossici, causando morti atroci. Il 27 giugno 1936, Locatelli fu ucciso a Lechemti (Etiopia). Il Südtiroler Heimatbund chiede quindi con fermezza l’immediato cambio di denominazione del cosiddetto “Rifugio Antonio Locatelli”, da sostituire con un nome neutro dal punto di vista storico e legato al territorio. In questo momento in cui si discute ampiamente di denominazioni “adeguate ai tempi”, bisognerebbe cominciare con il cancellare i retaggi fascisti, e non le denominazioni ricche di tradizione e storia, quelle degli originari costruttori alpini.
Allo stesso tempo, lo SHB mette in guardia dal cancellare con leggerezza radici storiche consolidate da decenni. “Nomi come ‘Regensburger Hütte’ o ‘Düsseldorfer Hütte’ sono espressione della storia dell’esplorazione alpina e parte della nostra identità culturale”, prosegue il SHB. “Chi propone di cambiarli sostenendo che non sono più attuali, sta contribuendo alla cancellazione della memoria storica.”
Lo SHB ricorda inoltre che molti di questi rifugi furono costruiti da sezioni di lingua tedesca dell’Alpenverein, molto prima dell’esproprio da parte del regime fascista. Il fatto che questi nomi vengano oggi messi in discussione, mentre nomi fascisti come Locatelli permangono, rappresenta un grave squilibrio nella coscienza storica.
“Accogliamo volentieri ogni discussione seria sulla denominazione dei luoghi pubblici. Tuttavia, non si devono usare due pesi e due misure. Le denominazioni fasciste vanno coerentemente eliminate. I nomi storici, invece, devono essere preservati – come segno di rispetto per la nostra storia e la nostra identità”, conclude Lang.
… (continua) …






