von fpm 15.06.2025 13:00 Uhr

Politici di oggi, studiate la storia dell’autonomia

Una interessante e attuale riflessione del tirolese Giuseppe Matuella

Elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

In questa terra tirolese nella quale mi reputo fortunato di essere nato, la parola „autonomia“ è di casa. Se ne devono essere accorti anche senatorie deputati del Regno d’Italia, quando misero mano alla legge che decretava l’annessione del Tirolo subalpino al Regno d’Italia, Tirolo che nel frattempo avevano ribattezzato con il nome di Venezia Tridentina. Infatti, all’articolo 4 è possi- bile leggere: «Il Governo del Re è auto- rizzato a pubblicare nei territori annessi lo Statuto e le altre leggi del Regno e ad emanare le disposizioni necessarie per coordinarle con la legislazione vi- gente in quei territori e in particolare con le loro autonomie provinciali e comunali». Una certa „autonomia“ faceva quindi già parte del vivere di queste popolazioni, parti integranti dell’Impero Asburgico. Ora, il desiderio di autonomia sorge quando una comunità desidera vivere salvaguardando certi suoi modi di vita, che vanno a distinguerla per un certo verso dal popolo cui fa parte. E il Tirolo era una Terra mistilingue a cavallo fra popolazioni di ceppo tedesco e di ceppo italiano, per cui era più che motiva- to il discorso di una autonomia, in quanto li convivevano comunità con lingua, usi e costumi che ovviamente si differenziavano fra loro.

Nonostante questo, e con tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare, il Tirolo veniva presentato dalla storica Margaret MacMillan, in un suo libro sul Trattato di Parigi (1919) con una splendida definizione: «Sarà proprio il Tirolo che fino a questo momento, e con unica eccezione della Svizzera ha costituito il centro pulsante della libertà e della resistenza ad ogni dominazione straniera, ad essere sacrificato sulla base di considerazioni strategiche, come offerta da porre sull’altare del militarismo». Questa autonomia, comunque, che face va si può dire parte del nostro Dna, dava decisamente fastidio ai nuovi arri- vati che cercarono in tutti i modi di ostacolarla, fino ad arrivare con il „ventennio“ alla sua decisa eliminazione. Per vederla poi risorgere nel secondo dopoguerra con un imponente movimento popolare che fu volgarmente ostacolato e combattuto con ogni mezzo da quello stuolo di personaggi presenti in una schiera di partiti e partitini risorti dopo la „liberazione“, molto sen- sibili ai desideri di Roma, che si erano cambiati la casacca, certo, ma le idee erano quelle, o molto vicine a quelle del passato regime.

E sul come è stata usata in quei tempi questa nostra autonomia, voglio dirlo con le parole di un Italiano con la „I“ maiuscola, un uomo che ha tutta la mia stima, che ammiro, e che causa la Sua chiarezza nell’esprimersi verso i „gran- di“ della politica romana, ha pagato con la Vita! Così scriveva infatti nel 1957 il dottor Renato Mazzoni, questore di Bozen, nei riguardi di certi politici cresciuti nel secondo dopoguerra: «Penso che il tutto sia derivato da una grave carenza culturale, quindi miopia politica della classe dirigente trentina, la quale non avendo capito quale strumento prima culturale e poi amministrativo per una pacifica convivenza in Regione fosse lo Statuto di Autonomia, ha perso un’occasione storica per di- mostrare all’Europa la possibilità di una libera, civile, democratica convivenza fra due gruppi etnici, in un ambi- to territoriale definito».

Tutto questo per dire che quando sento parlare di autonomia da certi personaggi del giorno d’oggi, provo una stretta al cuore nel vedere quant’è grande l’ignoranza che riescono ad esprimere in merito, e una grande tristezza nel pensare che ciò che siamo stati, e ci è stato tramandato dai nostri vecchi, va verso un triste destino. (Giuseppe Matuella)

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