1915-2025 La guerra sulla porta di casa

Una mostra per risvegliare la consapevolezza sulla prima guerra mondial. e su quello che significò per le genti di questo territorio, “perché in questa storia c’è la nostra identità di famiglia e di comunità”.
Questo in sintesi lo spirito con il quale è stata inaugurata a Palazzo Trentini, nella splendida cornice di sala dell’Aurora, la mostra „1915-2025 La guerra sulla porta di casa – Der Krieg vor der Haustür“, organizzata dalla Federazione Schützen del Welschtirol, in occasione del 110° anniversario dall’apertura del fronte di guerra nel Tirolo meridionale.
La rassegna, in calendario fino al 25 maggio prossimo, presenta una selezione di fotografie in bianco e nero accompagnate dalle parole dei protagonisti dell’epoca. Attraverso i diari, civili e militari, ci giungono le voci di esperienze vissute lungo la linea del fronte, sia nei periodi che precedettero che in quelli successivi all’inizio delle ostilità. Allestita in sala Winkler, a cura di Flavio Marchetti e Marco Ischia, la raccolta documenta con intensità e sensibilità il dramma vissuto dalle popolazioni nell’area teatro delle operazioni militari dal 24 maggio 2015, data della dichiarazione di guerra italiana all’Impero Austriaco, del quale il Tirolo, compreso quello meridionale, allora era parte integrante (NdR: il comunicato stampa del Consiglio provinciale a dire il vero dice „data dell’ingresso dell’Italia nel conflitto mondiale„, ma secondo noi la frase così formulata tende a confondere le idee… o no?)
Claudio Soini, Presidente del Consiglio provinciale, nel fare gli onori di casa ha sottolineato l’importanza, tanto più in momenti di incertezza e inquietudine come quello che stiamo vivendo, di aprire le porte di Palazzo Trentini, oltre che per iniziative artistiche e culturali, per momenti di riflessione come questo, che prosegue proficuamente la collaborazione con la Federazione Schützen del Welschtirol di richiamare la memoria collettiva su un passaggio tanto drammatico per la gente di questa terra.
Accendere la consapevolezza della gente su questa guerra “non sulla porta di casa, ma dentro la porta di casa” ha commentato l’assessore provinciale alla promozione dell’Autonomia e dell’Euregio Simone Marchiori che ha ricordato come la prima guerra significò per questo territorio sfollare interi paesi, arruolare giovani e meno giovani e dover poi ripartire, al ritorno, dalle macerie di una distruzione mai vista. “Un evento che segnò irrimediabilmente la popolazione e causò un corto circuito storico”, ha aggiunto, annunciando un sostanzioso programma in occasione del 14 ottobre, giornata dedicata a tutte le vittime della grande guerra.
Enzo Cestari, Presidente della Federazione Schützen del Welschtirol ha ricordato sopratutto il dolore della popolazione civile, in particolare di quei 110.000 sfollati, 75.000 in Austria e 25.000 in Italia, in una partenza che rappresentò di fatto una fuga. Due gruppi di profughi principalmente anziani, donne e bambini, inseriti in contesti totalmente differenti e le cui vicende richiamarono l’attenzione degli studiosi e furono indagate solo a partire dagli anni ‘80. Questa mostra racconta la partenza, il rimpianto per la terra forzatamente abbandonata e il dolore e la nostalgia per le “montagne nere” e la distruzione ritrovate al ritorno.
La rassegna si compone di testi che restituiscono esperienze private, episodi simili a quelli riferiti da Oswald Mederle, Presidente del Museo storico italiano della guerra, che raccontano cosa significò la guerra e come cambiò la vita sopratutto delle donne e dei bambini.
Infine, i due curatori Marco Ischia e Flavio Marchetti hanno sottolineato come la mostra proponga una lettura non storica dell’evento bellico, offrendo piuttosto il punto di vista della popolazione direttamente coinvolta. Attraverso foto e brani estratti dai diari, si pone l’accento sul sentito e sul vissuto della gente comune perché la guerra “entra nella carne delle persone”.
I profughi, ha aggiunto Marchetti, sono l’evento di novità di questo tragico conflitto, ma dalla rassegna affiora anche il ricordo di migliaia di uomini che hanno combattuto una guerra senza l’enfasi della guerra. Guardate bene le foto, ha esortato infine Ischia, fissate i volti delle donne, dei ragazzini, spesso alti quanto i loro fucili, dei vecchi in trincea e leggete le parole che esprimono il dolore e l’impotenza. “Nei loro occhi e nella loro storia c’è la nostra identità di famiglie e di comunità”.






