von mas 11.05.2025 09:48 Uhr

La terza madre del ghetto di Varsavia

Il liceo «Andrea Maffei» invita tutti lunedì 12 maggio nella sala Garda del Palacongressi di Riva del Garda allo spettacolo «La terza madre del ghetto di Varsavia».

Sconosciuto (da Teresa Prekerowa, "Konspiracyjna Rada Pomocy Żydom w Warszawie 1942-1945", ISBN 83-06-00622-4 - Creative Commons CC0 1.0 Universal - Public Domain Dedication (CC0 1.0) Indice della pagina
Al termine dello spettacolo, incentrato sulla figura di Irena Sendler (15 febbraio 1910, Otwock-12 maggio 2008, Varsavia), infermiera e assistente sociale polacca dichiarata giusta tra le Nazioni per aver salvato la vita di più di 2500 bambini ebrei dal ghetto di Varsavia, la testimonianza della più piccola bambina da lei salvata, Elżbieta Ficowska, nata a Varsavia il 5 gennaio 1942, oggi attivista sociale, insegnante e autrice di libri, racconti, opere teatrali e testi per bambini.

Diretto da Roberto Giordano, lo spettacolo è interpretato da Federica Aiello, Chiara Esposito, Greta Giordano, Roberto Giordano, Mario Migliaccio e Fabio Sacco. Assistente alla regia Sabrina Bonomo, scene Giuseppe Giordano, grafica Mamone Capria, service audio e luci Antonio Caccavale, allestimento scenico Rosario Gelso, luci Claudio Giordano, sartoria Anna Sales, stamperia Fabio Camardella, trucco Luca & Fabry, elaborazioni musicali Mariano Bellopede, consulenza alle ricerche storico-letterarie Suzana Glavaš.

Inizio alle 20.30, ingresso libero.

Irena Sendler
Nata e cresciuta a Otwock, periferia operaia di Varsavia, si era già trasferita nella capitale quando i nazisti nel 1939 occuparono la Polonia. Entrò nella resistenza polacca, che la incaricò delle operazioni di salvataggio dei bambini ebrei del ghetto. Con altri collaboratori riuscì a procurare circa 3000 falsi passaporti per aiutare famiglie ebraiche e, utilizzando gli espedienti più diversi, organizzò la fuga dei bambini. Fuori dal ghetto, Irena Sendler forniva ai bambini dei falsi documenti con nomi cristiani e li portava nella campagna, dove li affidava a famiglie cristiane, oppure in alcuni conventi cattolici. Altri bambini vennero affidati direttamente a preti cattolici che li nascondevano.

Nell’ottobre 1943 fu arrestata dalla Gestapo: fu sottoposta a pesanti torture (le vennero fratturate le gambe, tanto che rimase inferma a vita), ma non rivelò il proprio segreto. Condannata a morte, fu salvata dalla rete della resistenza polacca attraverso l’organizzazione clandestina Żegota, che riuscì a corrompere i soldati tedeschi che avrebbero dovuto condurla all’esecuzione. Il suo nome venne così registrato insieme con quello dei giustiziati, e per i mesi rimanenti della guerra visse nell’anonimato, continuando però a organizzare i tentativi di salvataggio di bambini ebrei.

Terminata la guerra e l’occupazione tedesca, i nomi dei bambini salvati furono consegnati a un comitato ebraico, che riuscì a rintracciarne circa 2000, anche se gran parte delle loro famiglie erano state sterminate nei lager.

Nel 1965 fu riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei Giusti tra le nazioni. Nel 2003 papa Giovanni Paolo II le inviò una lettera personale lodandola per i suoi sforzi durante la guerra. Il 10 ottobre 2003 ricevette la più alta decorazione civile della Polonia, l’Ordine dell’aquila bianca, e il premio Jan Karski “Per il coraggio e il cuore”, assegnatole dal Centro americano di cultura polacca a Washington. Nel 2007, su proposta del presidente della Repubblica di Polonia Lech Kaczyński, il Senato all’unanimità la proclamò eroe nazionale.

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