von mas 07.05.2025 11:00 Uhr

Consiglio Provinciale, si discute lo Statuto

Per l’intera giornata di apertura della sessione di maggio del Consiglio Provinciale, si è discusso sulla proposta di modifica dello Statuto d’Autonomia

Consiglio provinciale

I lavori del Consiglio Provinciale sono iniziati ieri mattina con la discussione del progetto di modifica dello Statuto. Ad aprire i lavori, la relazione del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti: “Sono consapevole che le nostre proposte iniziali fossero più incisive, ma sicuramente ci troviamo con un testo che richiama una tutela superiore rispetto a quella offerta dall’attuale articolo 103 dello Statuto. Ribadisco la convinzione sulla bontà della revisione ed escludo in modo radicale il rischio di un arretramento della nostra Autonomia”.

A seguire gli interventi di minoranza di: Francesco Valduga (Campobase), Francesca Parolari (Pd), Lucia Coppola (AVS), Michela Calzà (Pd). Anticipando l’espressione di un voto favorevole, i consiglieri hanno rilevato diverse criticità: “peccato per la miopia da consenso immediato” (Francesco Valduga); “una riforma con le toppe” (Francesca Parolari); “c’è un forte accentramento in capo ai due presidenti delle Province Trento e Bolzano” (Lucia Coppola); “il cambio di Giunta del 2018 ha congelato il lavoro e il progetto che ci avrebbe portato a un Terzo Statuto” (Michela Calzà).

Positivi i giudizi della consigliera Eleonora Angeli, “è un passo significativo nel percorso di rafforzamento di un’autonomia dinamica” e della consigliera Antonella Brunet, “quanto ottenuto è superiore alle aspettative. Le richieste di partenza erano ambiziose, come normale che fosse. La negoziazione è la ricerca del compromesso”. Osservazione condivisa anche dal consigliere Walter Kaswalder, “Se manca il consenso da parte del Governo si può fare tutto ciò che si vuole, ma non si porta a casa niente”.

La discussione, sospesa a fine mattinata, è ripresa nel pomeriggio.

Luca Guglielmi (Fassa) ha ricordato che si parla di competenze che vengono riportate a casa, e ha affermato che in questo particolare momento storico è necessario poter incidere maggiormente, restando al passo con i tempi, nella tutela dei gruppi linguistici ladini, mocheni e cimbri, trovando strumenti riconosciuti che ne garantiscano le singole peculiarità linguistiche, storiche e culturali. Guglielmi ha ricordato la necessità di raccontare le minoranze linguistiche e l’autonomia (perché chi è invidioso capisca che non si tratta di un privilegio), anticipato la propria posizione favorevole sul progetto e ripetuto che le minoranze linguistiche sono presupposto e garanzia dell’autonomia: vanno valorizzate, ha detto e in favore di ciò ha proposto un rafforzamento dell’autonomia regionale nei confronti del gruppo linguistico ladino. Una modifica all’articolo 102 al fine di riconoscere la “Lia di Comuns Ladins” prevista dalla legge regionale 3 del 2018 come strumento di collaborazione e coordinamento delle politiche di tutela della minoranza ladina dolomitica.

 

Ecco poi una sintesi di alcuni degli interventi del pomeriggio

La consigliera Lucia Maestri (Pd) ha registrato in premessa la situazione surreale che evidenzia l’inutilità del dibattito in corso: viene infatti chiesto al Consiglio di esprimersi su un testo blindato passibile di osservazioni che però poco o nulla potranno incidere. Si tratta di mera manutenzione ordinaria, tuttalpiù straordinaria. Si dovrebbero invece poter accogliere osservazioni, riflessioni, se l’autonomia fosse davvero intesa come bene comune delle genti che la vivono e la abitano. de Bertolini: non un parere, ma una ratifica. Non è nato e sorto un nuovo giorno

Degasperi: testo che non ha nulla a che vedere con quanto sollecitato. Altri passaggi carenti: manca la definizione della funzione della regione, manca il riconoscimento del ruolo dell’Euregio, sono assenti i riferimenti all’Unione europea relativamente alle materie di nostra competenza, sono stati trascurati i rapporti finanziari che meritavano un riordino dentro lo Statuto. Nei lavori svolti sull’ipotesi di riforma dello Statuto, nell’ambito della Consulta, si era parlato dell’utilità di intervenire sui modelli di partecipazione, altro tema di cui qui non c’è traccia. Qualche passo in avanti c’è, ha aggiunto: la presidente del Consiglio ha dovuto riconoscere la bontà del nostro modello di autogoverno, tanto da lavorare a qualche seppur minima modifica.

Daniele Biada (FdI) ha parlato di un momento storico, una sfida complessa, un risultato frutto di un impegno convinto e coerente. Vengono ripristinate le competenze, ha aggiunto, erose dalle riforme. Bene che non si sia toccato l’impianto dello Statuto, ma che si sia fatta una bella ristrutturazione straordinaria. Si consolidano le competenze esistenti in date materie, si aggiungono tematiche di fondamentale importanza. Occorre ribadire l’impegno che i cittadini chiedono alla Provincia sul tema dei grandi carnivori, molto sentito nelle valli. Negli ultimi anni l’assenza di un riconoscimento chiaro nello Statuto del tema ha rappresentato un limite per il legislatore provinciale. Malfer: manca una sistematicità dell’intervento

Michele Malfer (Campobase) è intervenuto con alcune sollecitazioni sul progetto di modifica allo Statuto, a suo avviso nato certamente con uno spirito costruttivo. Tuttavia le intenzioni non bastano e le modalità, il metodo adottato e i contenuti prodotti su questa delicata materia sono limitati e non sono all’altezza di ragionevoli aspettative. Avremmo meritato un intervento più coraggioso ed all’altezza della storia, dunque. Gli aspetti positivi elencati da Malfer sono stati l’eliminazione al vincolo che ha storicamente limitato le norme provinciali; alcuni miglioramenti puntuali specifici, risposte tecniche attese da tempo, seppure non organizzate sistematicamente in tema di governo del territorio, pianificazione urbanistica, lavoro ecc.; l’introduzione di alcune nuove competenze; la modifica dell’intesa, per il valore semantico e politico che rappresenta; alcune modifiche estetiche che non cambiano la sostanza, ma la forma; la riduzione dei controlli, una sfida, ma anche un’opportunità. Le criticità sono la scarsa sistematicità dell’intervento “a macchia di leopardo”; la citazione dell’Europa solo come limite, mai come opportunità; le modifiche pensate senza il coinvolgimento dei consigli provinciali. Ha concluso, annunciando che il voto sarà positivo, “ma senza trionfalismi”.

Carlo Daldoss ha detto che non si tratta di una riforma dello Statuto: una modificazione, un restyling, un ripristino delle competenze, di iscrizione di nuove competenze interessanti, ma non una riforma. Ha preannunciato parere favorevole. Si poteva fare di più? Non si è agito in modo sufficientemente democratico? Come tutte le manutenzioni questa è figlia delle norme precedenti, contiene molta tecnica, ha precisato Daldoss rispondendo alle critiche. Certo, ci starebbe bene una nuova riforma dello Statuto con il coinvolgimento dell’Euregio, in ogni caso il lavoro fatto fino al 2018 non è da buttare, ha aggiunto. Daldoss ha citato la riforma del titolo V del 2001 e detto che quella odierna ne è figlia. Ha citato le minoranze e la loro tutela come fondamento dell’autonomia provinciale e regionale e indicato la necessità di un’attenzione alle stesse minoranze perché sono uno dei pilastri che giustificano il nostro essere Regione autonoma. Non si parla di poca cosa, ha aggiunto citando ad esempio la competenza più delimitata sulle piccole derivazioni, sul commercio, sull’urbanistica. Sapere in questi ambiti dove e come si può intervenire ha ricadute sui cittadini non di poco conto, ha aggiunto. Sulla competenza sui grandi carnivori: è stato ampliato e chiarito il ruolo di pubblica sicurezza del Presidente della Provincia. Evidente è che ciò che rimane in capo allo Stato rimane immutato. Tanti sono i temi, ma il giudizio è positivo come lo è il percorso di costruzione della proposta della modifica

Zanella ha dichiarato che con questa mini riforma otteniamo davvero molto poco, ovvero la ridefinizione del perimetro delle competenze legislative esclusive e una maggiore perimetrazione dei principi cui è subordinata la nostra potestà legislativa. Che non si sia tolto l’interesse nazionale si fa fatica a comprenderlo, mentre tornando sulla questione dell’intesa Zanella ha commentato l’ambiguità della formulazione di quella che è stata venduta come una vittoria. Ci sono specificazioni su alcune questioni politiche (grandi carnivori, rifiuti, urbanistica, commercio ecc.) che andavano inserite in un quadro complessivo. Altra questione, quella delle norme di attuazione ove si parla di una “armonizzazione” che si potrebbe interpretare come un’”uniformazione” alle norme statali. Infine, la contropartita rispetto all’introduzione di questa riforma, ha commentato Zanella, sono la diminuzione degli anni di residenza per diritto di voto, e le modifiche sulla composizione della giunta regionale e provinciale.

Vanessa Masè (La Civica) ha detto che si è concordi nel non definire il testo come un Terzo Statuto: ma è un testo che segna, tuttavia, un passaggio significativo nella nostra evoluzione istituzionale. Non è solo un aggiornamento tecnico, ha detto, ma una proposta che va nella direzione di rafforzare l’autogoverno e di garantire maggiore autonomia alle nostre Province. È quindi un’occasione importante nel percorso di rafforzamento della nostra autonomia, che è in continuo cammino e in continua evoluzione. Una delle modifiche che ha destato maggiore attenzione è la questione dell’intesa, la proposta va indissolubilmente letta con il fatto che le modificazioni dello Statuto non potranno intaccare i livelli di autonomia già riconosciuti alla Regione e alle province autonome (rimangono fermi i livelli di autonomia correlati alla quietanza liberatoria rilasciata nel 1992 dall’Austria). Grazie a questa modifica, ogni iniziativa riformatrice proveniente dal Parlamento dovrà necessariamente rispettare i livelli di autonomia attuali, e nessuna competenza che oggi appartiene alle Province autonome di Trento e Bolzano sarà ridotta o messa in discussione. Questo  ci permette di guardare con maggiore serenità al futuro, senza il timore che il nostro Statuto possa essere oggetto di un intervento centralista che danneggi la nostra autonomia. Un altro grande elemento che merita attenzione è per Masè il ripristino e il rafforzamento delle competenze, che in alcuni casi vengono estese o maggiormente dettagliate. Tra queste, spicca la gestione della fauna selvatica, un settore particolarmente sensibile e che speriamo, in caso di bisogno, permetta al presidente di intervenire con quella tempestività ed efficacia fino ad ora difficilmente percorsa. I temi rilevanti per la modifica o la revisione dello Statuto continuano a rimanere molti e significativi, ma va detto e ribadito che questa proposta di modifica, comunque, segna un rafforzamento dell’autonomia delle nostre Province. Il percorso verso il Terzo Statuto è ancora lungo, ma questo disegno di legge costituzionale rappresenta l’occasione per ripartire, per difendere e per accrescere il nostro modello di Autonomia.

Roberto Paccher (Lega) ha svolto alcune considerazioni politiche di risposta alle critiche delle minoranze. Ha ricordato al centro sinistra che la riforma del 2001 era stata fatta dal governo Amato e anche la sottrazione delle competenze è da attribuire ad un governo di centrosinistra, mentre ora la riassegnazione delle numerose competenze su materie strategiche come i grandi carnivori, il commercio, l’urbanistica ecc. vengono da un governo di centro destra. Possiamo essere soddisfatti, ha concluso, per una riforma che chiarisce il perimetro nel quale possiamo legiferare ed esprimo sostegno, solidarietà e apprezzamento per gli obiettivi centrati a tutela della nostra autonomia che ci permettono di essere ancora più vicini ai cittadini.

 

Fugatti ha considerato un segno di serietà istituzionale e riconoscimento della validità del percorso l’annuncio di voto favorevole delle minoranze. Nessuno ha mai detto che si sta parlando di Terzo Statuto, ha aggiunto,  va capito cosa è importante in una riforma. Dal 2013 su questi banchi ho sentito dire che nello Statuto sarebbe bello avere la competenza sull’ambiente, ha detto il presidente, che ha detto anche di ricordare l’attività della Consulta. Un percorso interessantissimo che ha visto decine di riunioni e che ha riempito scaffali di biblioteche, utili ancora oggi da andare a leggere. Interessantissimo, ma risultato zero, si sono riempiti gli archivi, che si sono comunque letti in questo percorso. In questa riforma, ha proseguito, di sostanzioso ci sono la ricomposizione delle nostre competenze (un impegno che Meloni si prese nel 2022 nel discorso di insediamento), in tema di urbanistica, servizi e lavori pubblici, contratti pubblici e collettivi: è ciò che si doveva fare e che è stato fatto. Ha ricordato che la Corte costituzionale ci sarà sempre, ma quello che si doveva fare per cercare di ripristinare le competenze è stato fatto.  Fugatti ha concluso parlando di una scelta importante per lo sviluppo dell’autonomia. L’alternativa? Era fermarsi, ha detto e invece si è accettato un mondo positivo, più importante.

Il presidente Claudio Soini è intervenuto brevemente prima di chiudere la seduta, per commentare le svariate definizioni date a questa riforma. Tra tutte -si è parlato di restyling, di maquillage- l’unica interpretazione a suo avviso azzeccata è stata quella di Maestri che l’ha definita “manutenzione straordinaria”. “Una manutenzione straordinaria importante”, ha aggiunto.

 

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