Un libro al mese – Alba Trentina 1917 – 1°

Dall’editoriale del primo numero della rivista:
„La notte che fosca opprimeva da secoli il Trentino sta per dileguare nel fresco sospiro dell’alba nuova. I tremuli laghi, azzurre pupille dell’Alpi, si schiudono in una pompa di colli esultanti, sotto le snelle guglie nevate che brillano in un cielo d’opale. L’ultimo gendarme austriaco discende torvo e pensoso dal Castello di Trento, e segue l’aquila d’Asburgo, che per lunga pezza ne fece un covo insanguinato; sulla Verruca, ove splendé la gloria di Roma, muove l’alata Vittoria per dare ai venti il tricolore.
Tutti i popoli hanno un destino segnato dalla natura, e tutti devono ad esso pervenire per quanta possa di forze esteriori ne contrasterà . Il popolo trentino tenne sempre puro il germe di Roma in mezzo a tanti cimenti, sotto l’azione denaturante d’un autocrazia straniera, bisogna pure convenire che un propizio nume vegliasse alle divine fonti dell’Adige sui destini dell’eletta Nazione. Il rito grande, luminoso, ieraticamente solenne che sta per compiersi; non è solo festa del Trentino, ma di tutta l’Italia, che in quell’estremo lembo di terra, fece un’ara cruenta, su cui immolò al suo radioso sogno di maggiore grandezza, la freschissima fioritura di questa sua terza primavera (NdR: La terza primavera, secondo Don Rossaro, viene dopo le prime due, quella romana e quella veneziana).
Ogni zolla del Trentino è sacra, e domani ogni zolla avrà onore di pianto e bianca letizia di iori. Nel rosso di tanto sangue, nel biancore di tanta fede, nel verde di tante gioie primaverili, l’alba risorge dal mare nostro fusa all’iride tricolore che splende, nitido arco di pace, sul dolorante Trentino. Ed è appunto nell’auspicio di tanta luce che la nostra modesta rivista, la quale nel trentino raccoglie il martirio, la fede, le speranze, si chiama alba trentina.“
„La nostra rivista, che durerà quanto l’alba di questa nuova era, raccoglierà , con dolce senso di pietà , tutto ciò che di bello, di toccante, di forte, potrà dare questa grande ora, unica nella storia trentina. Saranno cose di ieri, cose di domani, ma che tutte porteranno le sanguinose stigmate di questa nuova settimana santa, sacri giorni di passione, in cui il Trentino ha il suo cuore tutto a brandelli sanguinanti nel mondo.
Scopo della nostra modesta rivista è riunirci e confortarci nel supremo ideale della nostra vicina resurrezione. È far conoscere a tutti il nostro Trentino. È preparargli dai fratelli del regno di ieri, quell’accoglienza generosa, calda, soave di cui la sua intemerata e rigogliosa italianità lo fece degno.
Quando l’Italia giunta a Trento redenta, in faccia al glorioso Castello, eco lontana di Roma, di fronte al vetusto duomo, gloria epica dei Comuni, ai piedi di padre Dante, anticipato messaggio della più grande Italia, chiuderà il volume dei suoi destini, sigillandolo con l’impronta sotto l’arco Druso alle porte del Brennero, l’Alba Trentina compiuta la sua breve missione, si fonderà alla luce del nuovo giorno, lieta di aver gettato il suo seme nei giorni dell’angoscia per giorni della gloria.“
Dall’Enciclopedia Treccani:
Don Antonio Rossaro nacque a Rovereto nel 1883. Frequentate nella città natale le scuole elementari, nel 1897 decise di diventare sacerdote. Studiò in Italia, in particolare teologia a Rovigo dove fu consacrato sacerdote il 1° aprile 1911. Fu ammiratore entusiastico dell’Italia risorgimentale; quando si scatenò il grande conflitto europeo, parteggiò per l’intervento dell’Italia e dopo il maggio 1915 fu impegnato nella propaganda patriottica filoitaliana. Lo strumento principale di questa attività fu la rivista Alba trentina, da lui fondata e diretta; nelle sue pagine, ricche di testimonianze sulle esperienze degli ‘irredenti’ nella guerra in corso, Rossaro manifestò una spiccata vocazione all’ideazione di monumenti e ritualità civili.
La sua azione fu instancabile nella promozione dei segni memoriali che costellano Rovereto: una fitta mappa di monumenti, lapidi, opere d’arte, in massima parte ispirati alla volontà di ribadire il carattere nazionale italiano della città ‘redenta’. Ma la creatura prediletta, la «figlia del suo cuore», fu la Campana dei Caduti,  inaugurata il 4 ottobre 1925 alla presenza di Vittorio Emanuele III
Rossaro era nazionalista e fascista, nel senso di un’adesione piena e militante. A Mussolini fu fedele fino alla fine del regime, pir se contrario all’alleanza con la Germania nazista. La nuova, solenne inaugurazione della Campana dopo la rifusione (26 maggio 1940) fu contrassegnata fatalmente da discorsi ufficiali che inneggiavano all’imminente intervento italiano nel secondo conflitto mondiale. In quell’occasione Rossaro scelse di non leggere il messaggio inviato dalla segreteria di Stato a nome di Pio XII, che esortava a pregare «perché altre tombe non si schiudano ed altri ossari non si erigano»: un episodio che rappresenta in modo esemplare le contraddizioni presenti fin dall’origine nell’ispirazione del monumento, universale e pacifica ma solo nei limiti definiti dalla compatibilità con gli orizzonti della nuova Roma imperiale mussolinianaÂ






