05 settembre 1946: l’accordo di Parigi (1)

Tutti e tre i partner direttamente interessati alla questione – e cioè Italia, Austria e la minoranza südtirolese – dovettero rinunciare alle loro massime aspirazioni. L’Italia ottenne una sovranità territoriale limitata, sulla base degli impegni assunti con l’Accordo, l’Austria dovette rinunciare alla sua richiesta di riottenere i territori in discussione e ai südtirolesi fu negato l’esercizio del diritto della selbstbestimmung, l’autodeterminazione. Secondo le potenze vincitrici, il conflitto riguardante la minoranza tedesca in Italia non andava risolto attraverso uno spostamento dei confini, ma utilizzando lo strumento autonomistico. In particolare, i responsabili della politica estera inglese, alla cui iniziativa diplomatica si deve in fin dei conti questo compromesso, interpretarono l’Accordo di Parigi come un elemento della più generale questione della collaborazione italo-austriaca e della desiderata unificazione europea. Karl Gruber e Alcide Degasperi sottoscrivono il 5 settembre 1946 l’accordo che prende il loro nome a tutela della minoranza di lingua tedesca in Südtirol.
Alla fine della guerra i ladini cercarono invano di inserirsi nella discussione sulla questione südtirolese per ottenere il formale riconoscimento quale gruppo etnico distinto e magari anche il superamento della loro divisione all’interno delle tre province di Bozen, Trento e Belluno.L’associazione „Union di Ladins“chiedeva essenzialmente la salvaguardia della cultura, delle usanze e della lingua ladina, mentre l’altra importante organizzazione ladina nata nell’immediato dopoguerra, la „Zent Ladina Dolomites“, reclamava anche l’unificazione di tutte e cinque le valli ladine sotto la provincia di Bozen. Parti della popolazione del Tirol e del Südtirol reagirono con grande delusione ai risultati delle trattative di Parigi ed a questo accordo, che indirettamente significava l’approvazione dell’annessione del Südtirol all’Italia.
La questione politica dell’accordo di Parigi è molto complessa… Bozen non ebbe nessuna reale chance di tornare all’Austria. Sia Degasperi che Grüber ebbero un ruolo non decisivo. Non fu Alcide Degasperi a salvare il Südtirol, non fu Karl Grüber a svendere il Südtirol. A decidere i destini del nostro Land furono gli interessi geopolitici degli alleati, degli inglesi e degli americani in particolare. Il ruolo giocato dai due statisti in quella delicata e drammatica partita a scacchi diplomatica fu tutto sommato marginale: la verità è che il Südtirol fu la prima vittima della guerra fredda. Ma questo non deve offuscare la reale portata di quell’accordo: il Degasperi-Grüber rappresenta la magna charta per il Südtirol. E fu una fortuna per il Trentino.
Lo sa bene Rolf Steininger, storico tedesco, docente all’Università di Innsbruck e direttore dell’Istituto di storia contemporanea dell’ateneo. Lui dice, «io mi devo limitare ai fatti, ai documenti». E i documenti, aggiunge, parlano chiaro, più delle opinioni politiche: i südtriolesi l’autonomia non la volevamo, fu una seconda scelta. Aspiravano invece all’autodeterminazione, la selbstbestimmung. Il Südtirol, alla fine della Seconda guerra mondiale, ebbe realmente una chance per l’autodecisione, per tornare all’Austria? No, nessuna chance. Ci furono, è vero, delle riflessioni, tra gli alleati, sull’opportunità di un simile passo. Gli inglesi, in particolare, si occuparono della questione, prendendo in considerazione fin dal 1944 numerose soluzioni alternative, dal mantenimento del confine al Brennero, ad un nuovo confine a nord di Bozen al plebiscito. (continua)






