Camminando – Lungo il Ghiacciaio Übeltalferner al Becherhaus

Si sente il fragore del torrente mentre si sale dal ponte sul Rio Passirio, nei pressi di Schönau, lungo lo Timmelsjhoc. Il sole ci regala il suo calore inondando di luce il paesaggio che si apre davanti a noi ad ogni passo. La salita lungo il sentiero n.30 è graduale fino all’arrivo alla malga Timmelsalm (2000 m.) che con la sua bandiera tirolese ci ricorda che siamo nella terra di Andreas Hoffer. In questa terra aspra e selvaggia mitigata però dalla pace naturale degli animali al pascolo, nei prati verdeggianti intervallati dal rosa acceso dei rododendri, mentre l’occhio osserva nella vallata le sinuose curve disegnate dall’acqua, procediamo in costante salita fino allo Schwarzsee. Ora siamo di fronte alla monocromia dettata dalla neve che ancora ammanta i pendii delle cime circostanti e ricopre la superficie del lago. Quindi saliamo ancora fino alla forcella Schwarzwandscharte (3095 m.), e mentre davanti a noi il paesaggio si apre a una nuova concatenazione di cime su una delle quali la nostra meta, indossiamo casco e imbrago.
Si indossa l’armatura da ghiacciaio e si prende la via del Rifugio Bicchiere, in cordata, l’uno legato all’altro, l’uno dipendente dall’altro in una sinfonia di passi che richiedono ritmo costante e armonica condivisione. In prossimità del rifugio Müllerhütte (3145 m), dopo la faticosa salita accompagnata da un respiro sempre più affannoso, per la fatica e per la quota, ci ritroviamo di fronte a un cratere di neve.
Il ghiacciaio Übeltalferner si sta sciogliendo, quello che prima era un traverso privo di dislivello, oggi è un avvallamento che richiede forza d’animo: saper scendere per poi risalire. È un po‘ come nella vita, toccare il fondo per poi rinascere, di nuovo. Ma il dolore comunque si sente, la fatica non manca di ricordarci che ogni cosa richiede sacrificio e buona volontà , autoconvinzione e spirito di adattamento. E allora con determinazione scendiamo, ricordandoci di tutti i passi in salita appena compiuti, del respiro affannoso che sembra in quel momento essere stato solo uno spreco di energia. Ma di nuovo, ai piedi della roccia, appena sotto al rifugio, gli ultimi metri di dislivello, l’ultima salita. Prepariamo la longe, dobbiamo legarci, tra di noi, ancora, e con la roccia. Perché è a lei ora che ci dobbiamo affidare dandole fiducia e provandola per noi stessi, in equilibrio tra ragione e istinto. La paura della verticalità in questo tratto si fa sentire ma la controlliamo, il compagno di cordata ci sprona, l’orgoglio ci spinge, e il desiderio della meta ci attrae. E con leggerezza di cuore arriviamo (3195 m). La fatica è ripagata.
Il ghiacciaio si mostra ora sotto ai nostri occhi ricordandoci che l’energia non è stata sprecata. Abbiamo seguito lui, il ghiacciaio, lui che come noi sta lottando per resistere, e che con la sua straordinaria determinazione esiste e vive nella sua naturale bellezza.

Vanessa PacherÂ






