von fpm 08.05.2024 13:30 Uhr

Viazàr tra le parole: dal todésc al trentìn… (24)

Continua con Flavio Pedrotti Móser il viaggio nella lingua parlata in provincia di Trento alla ricerca delle parole che provengono dal tedesco…

Foto IA, elaborazione grafica Flavio Pedrotti Moser

La “parlata” trentina presenta un gruppo di particolari espressioni linguistiche che risalgono in gran parte al periodo dell’Impero asburgico ma che provengono anche dal longobardo, una lingua germanica ormai estinta simile al gotico trasmessa per lo più oralmente e presente tra le popolazioni dell’antico Tirolo storico. Durante i secoli XII e XIII si ebbe un terzo afflusso di etnie germaniche nella provincia di Trento dovuto allo stanziamento di colonie di minatori tedeschi, i canòpi, cioè i minatori, richiamati dalla politica di colonizzazione dei principi ve scovi e dei loro vassalli, per lo sfruttamento delle ricche miniere di ferro, rame, galena argentifera e oro, arte nella quale le compagnie tedesche di regioni ad antica tradizione mineraria erano notoriamente insuperabili. Genti tedesche furono richiamate anche per lavori di disboscamento, bonifica, dissodamento e coltivazione delle vaste zone di terreni incolti e paludi del principato.

Le compagnie di minatori tedeschi venivano specialmente dalla Franconia (regione della Baviera) e parlavano quindi un particolare dialetto alto-tedesco medio: un dialetto alemanno-bavarese, in prevalenza bavarese. Folti gruppi di minatori vennero anche dallo Harz (zona montuosa fra la Bassa Sassonia e la Sassonia-Anhalt), portando probabilmente elementi del basso-tedesco medio (o basso-sassone). Le montagne dello Harz sono situate infatti a nord della città di Nordhausen, proprio sopra il tratto Kassel-Nordhausen-Dessau della ‘fascia di Bernrath’ (la fascia che divide linguisticamente i territori alto-tedeschi dai territori basso-tedeschi), quindi sul limitare meridionale della zona basso-tedesca. Minatori e contadini giunsero con le intere famiglie al seguito, creando veri agglomerati etnici, nei quali la loro lingua, usi e costumi furono gelosamente mantenuti, sia per l’ostilità che in genere li circondava, sia per l’isolamento delle zone stesse che andarono a popolare. Si stanziarono in Valsugana, nella Valle del Fersina, sugli Altopiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, sugli Altopiani vicentini e veronesi, nelle Valli del Leno, nelle Valli del Noce e nella Piana Rotaliana

In particolare, il vescovo Federico Vanga (1207-1216) perseguì una politica ampiamente volta all’incremento dell’industria estrattiva, chiamando numerose compagnie minerarie e abili boscaioli tedeschi: stimolò l’aumento dello sfruttamento delle miniere, potenziò l’attività delle fonderie, attuò un vasto progetto di bonifica, riduzione a pascolo e colture, nonché lavori nei boschi per aumentare la produzione di legname combustibile per miniere e fonderie.

Si deve a Federico Vanga il famoso Codex Wangianus, detto anche Libro di San Vigilia, che rappresenta la più importante raccolta di documenti trentini per la storia di questi secoli. Il codice contiene i diritti del principato vescovile di Trento ed uno statuto delle miniere d’argento del monte Calisio ritenuto il più antico statuto minerario d’Europa e forse del mondo. In questo contesto si formarono molte parole dalla fusione della parlata tedesca con quella locale. (continua)

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