von mas 06.04.2024 18:00 Uhr

Un libro al mese: Tre „strani incidenti“

Rifugio Passo di Vizze, Malga Sasso, Cima Vallona: tre ’strani incidenti‘ al culmine degli anni delle bombe in Sudtirolo (anni 1966 e 1967)„: E‘ questo il titolo dell’ultimo libro di Hubert Speckner sulle vicende della Pfitscherjochhaus, della Steinalm e della Porzescharte / Cima Vallona, pubblicato in lingua italian dalla casa editrice Effekt! –  Al suo interno, un’esposizione dei fatti fondata e documentata nei minimi particolari. L’opera si avvale dei contributi di Rupert Gietl, Harald Hasler, Reinhard Olt e Maximilian Ruspeckhofer, e si apre con una notevole serie di interventi introduttivi. Oggi iniziamo proprio da questi; nel corso delle prossime settimane andremo  poi a scoprirne il contenuto, in una succinta panoramica che rende solo in minima parte tutto quello che il libro racconta: il nostro consiglio è pertanto quello di leggerlo per intero  con estrema attenzione

 

Bruno Hosp: Il crollo di un castello di bugie

Gli attentati alla Pfitscherjochhaus  (maggio 1966), nella caserma della Guardia di Finanza presso la  Steinalm (settembre 1966) e le esplosioni di Cima Vallona / Porzescharte (giugno 1967) non furono responsabilità del BAS (Befreiungsausschuss Südtirol – Comitato di Liberazione Sudtirolo). Da anni ormai lo storico militare Hubert Speckner ha dimostrato, grazie ad un’intensa e meticolosa ricerca, che anche nei fatti del 1966/67 i servizi segreti italiani si sporcarono le mani  …

Questi tre avvenimenti sono caratterizzati da una serie di stranezze così evidenti che, immediatamente dopo questi inquietanti “incidenti”, sia gli attivisti del BAS sia gli “insider” espressero ragionevoli dubbi sull’identità degli autori. In linea generale, i diversi servizi segreti italiani occupano un posto speciale tra le “stranezze” della recente storia del Sudtirolo …

L’attentato contro Luis Amplatz e Georg Klotz, avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 settembre 1964 in un fienile della Passiria ai Brunner Mahder, mi aveva profondamente colpito. Ero amico di entrambi da anni … Già nel 1964 l’Italia aveva messo in atto misure per ostacolare diverse indagini rilevanti, tra cui l’aiuto alla spia e sicario Christian Kerbler a fuggire dopo un primo arresto e la costruzione di “prove” ridicole del coinvolgimento del BAS. Già poco dopo i tre attentati del 1966/67, anche tra gli esperti austriaci ricominciarono a serpeggiare notevoli dubbi …

In questa lodevole pubblicazione, l’autore Hubert Speckner ha esam inato in maniera approfondita i fascicoli dei servizi di sicurezza austriaci e ha smascherato la versione dello Stato italiano come una copertura e una rete di menzogne. Nel caso di Cima Vallona è stata una messa in scena drammatica e raccapricciante da parte dei servizi segreti per fomentare la paura italiana del “terrorismo” sudtirolese e per screditare ulteriormente il BAS, che all’epoca peraltro era già inattivo …

Il castello di bugie costruito dai servizi segreti italiani sui tre “incidenti” indagati in questo libro – Pfitschenjochhaus, Steinalm e  Cima Vallona – è così crollato

 

Eva Klotz: Steinalm – La famiglia Klotz nel mirino

Le conseguenze dell’esplosione del 9 settembre 1966 nella caserma della Guardia di Finanza alla Steinalm, ebbero un effetto nefasto sulla nostra famiglia. Inizialmente si parlò di una fuoriuscita di gas da alcune bombole che si trovavano all’interno dell’edificio, e di un’esplosione causata da un fiammifero o da una scintilla. Nelle immediate vicinanze delle bombole si trovavano presumibilmente ingenti quantità di bombe a mano o munizioni, causa della devastante esplosione che provocò tre vittime. Ma già il giorno successivo non si parlò più di incidente, bensì di un attentato che fu subito imputato ai combattenti sudtirolesi per la libertà (gli italiani invece li definivano “terroristi”). Anzi, in modo ancora più specifico la colpa venne data a nostro padre, Jörg Klotz, e vennero architettate le teorie più fantasiose per spiegare come egli avesse agito. In principio si disse che un’esplosione così violenta e distruttiva poteva essere stata causata solo da un lanciagranate o da un cannone navale. E così un colonnello della Finanza sostenne prontamente che Jörg Klotz avesse sparato con un mortaio dall’altra parte del confine, colpendo il camino della casermetta …

Poiché Jörg Klotz non poteva essere preso né vivo né morto, si ricorse al terrorismo psicologico. Nel settembre 1964 nostro padre, nonostante le gravi ferite riportate, era sopravvissuto all’attentato in cui era stato ucciso Luis Amplatz. Anche i piani di rapimento erano falliti, per cui l’esplosione della Steinalm rappresentava l’occasione “perfetta” per accusarlo …

Come se non bastasse, sua moglie, nostra madre Rosa, venne perfidamente trascinata in questo vortice nefasto. Tramite un’ingegnosa costruzione di falsificazioni e accuse venne accusata di essere la mente e il capo di un presunto “gruppo terroristico della Val Passiria”  

Al processo per i fatti della Steinalm, tenutosi a Milano nella primavera del 1969, tutto crollò come un castello di carte perché non era mai esistito un “gruppo terroristico della Val Passiria” con a capo Rosa Klotz, che infatti venne assolta per mancanza di prove dalla stragrande maggioranza dei reati di cui era accusata. Nel frattempo però aveva dovuto trascorrere più di 14 lunghi e angosciosi mesi in prigione. A pesarle molto furono in particolare le preoccupazioni per i suoi sei figli, che si ritrovarono senza padre e anche senza madre. Inoltre, dopo la sua uscita dal carcere, il 21 dicembre 1967, non le fu permesso di tornare dai suoi figli in Val Passiria ma le fu assegnato il domicilio coatto a Bolzano, con l’obbligo di presentarsi ai carabinieri tre volte a settimana   …

Furono tempi difficili per noi familiari, con grandi preoccupazioni per i nostri genitori. Non solo eravamo in gravi difficoltà, ma anche separati: papà detenuto in attesa di richiesta di estradizione o in esilio a Vienna, perseguitato dalla giustizia italiana e da quella austriaca, mamma rinchiusa nelle carceri italiane. Noi sei figli soffrimmo tantissimo e sperimentammo sulla nostra pelle il sentirsi impotenti e in balia di un intero apparato statale. Io avevo 15 anni ed ero la più grande, il più piccolo non aveva ancora sei anni  … Ma siamo sempre rimasti uniti e attaccati senza riserve ai nostri genitori. Attraverso il duro lavoro e grazie a qualche sostegno idealista, nostra madre riuscì a costruirsi una nuova esistenza e a sbarcare il lunario. Nostro padre non visse abbastanza da conoscere il verdetto finale del processo di Malga Sasso: morì in esilio nel Tirolo del Nord all’età di 56 anni, senza aver più rivisto la sua patria

Franz Pahl - Fatti contro menzogne: Hubert Speckner fa chiarezza

Tre attentati ormai chiariti e chiusi da tempo: questo è quanto affermano all’unisono da tempo immemorabile tutte le istituzioni statali italiane. Le quali, inoltre, confidano che il tempo farà gradualmente dimenticare le esatte circostanze e i dettagli di questi fatti e che alla storia passeranno solo le dichiarazioni dello Stato italiano sul “terrorismo” sudtirolese: ovvero che gli attentati del maggio 1966 alla Pfischerjochhaus e del settembre 1966 alla Steinalm, e le esplosioni del giugno 1967 di Cima Vallona, furono il culmine dell’attività “terroristica” del Comitato di Liberazione del Sudtirolo (BAS). Lo Stato italiano, attraverso le sue istituzioni competenti, lo avrebbe chiaramente stabilito e provato di fronte al mondo intero.

Ed è stato così fino a quanto lo storico militare Hubert Speckner, dopo anni di pervicaci ricerche, non ha smontato i fatti presunti

Da tempo si sapeva che nel 1966-67, grazie agli sforzi austriaci per trovare una soluzione negoziata all’autonomia del Sudtirolo, il BAS non era più interessato a proseguire la lotta per la libertà. Gli attivisti sudtirolesi rimasero in carcere come vittime della giustizia vendicativa italiana e non furono ascoltati. Anche le voci accorate ma isolate di alcuni importanti esponenti italiani furono messe a tacere: ne sono esempio il coraggioso giudice istruttore Felice Casson, che denunciò gli intrighi di “Gladio” in Italia, o il generale Giorgio Manes (come testimoniano i suoi diari), che furono bloccati.. Ma se la ragion di Stato italiana ebbe la meglio nei confronti dei propri funzionari statali responsabili e sinceri che resistettero agli insabbiamenti, lo stesso non poté fare nei confronti degli austriaci   

Hubert Speckner ha il merito principale di aver dimostrato attraverso ricerche approfondite che gli attentati del 1966 e del 1967  del Pfitscherjoch, della Steinalm e di Cima Vallona non furono opera del BAS, ma semplici incidenti oppure opera dei servizi segreti italiani di stampo nazionalista-autoritario, che continuarono le loro azioni criminali in Sudtirolo fino agli anni Ottanta per mantenere a tutti i costi uno stato di tensione politica e rendere l’Italia matura per un colpo di stato della destra. Che però venne scoperto e impedito. Lo Stato italiano non era interessato ad altro. Aveva infranto i diritti umani contro i membri del BAS con azioni drastiche e violente, torture e processi farsa.

Con questo ulteriore lavoro illuminante, Hubert Speckner dimostra che il BAS non fu responsabile di questi tre eventi e che si trattò invece dell’opera vergognosa dei servizi segreti italiani e dei loro appoggi nelle file dei “tutori dell’ordine” e nell’apparato statale.

La "premessa" dell'autore

Gli attentati alla Pfischerjochhaus nel maggio 1966 e nella caserma della Guardia di Finanza sulla Steinalm nel settembre 1966, e le esplosioni a Cima Vallona nel giugno 1967, costituirono una sorta di “culmine” nel conflitto sudtirolese degli anni Sessanta.

Un finanziere morto sul Pftischerjoch (Bruno Bolognesi), tre finanzieri uccisi alla Steinalm (Herbert
Volgger, Martino Cossu e Franco Petrucci) e quattro tra ufficiali e soldati periti a Cima Vallona (Armando Piva, Francesco Gentile, Mario Di Lecce e Olivo Dordi): bastano questi numeri per definire questi episodi come il “culmine” del conflitto. Se pensiamo che le vittime ufficiali tra le forze di sicurezza italiane – polizia, carabinieri, Guardia di Finanza ed Esercito – nel corso del conflitto sudtirolese furono in tutto 15, ecco che le vittime dei tre “incidenti” rappresentano più della metà di tutte le morti riconducibili agli „anni delle bombe”; da questo dato si può quindi intuire la portata dei tre “incidenti” qui descritti, che per di più avvennero in un periodo relativamente breve che va dal maggio 1966 al giugno 1967.

Prima di tutto, però, occorre spiegare brevemente perché l’autore utilizzi il termine “incidente” evitando i termini altrimenti più usati di “attacco terroristico”, “assassinio”, “attacco” o “attentato”: secondo i più diffusi dizionari, le parole “attacco” e “attentato” presuppongono l’uso mirato e voluto della violenza. Un “attacco” è quindi un “atto violento contro l’incolumità di persone o cose”, mentre l’“attentato” è un “atto causato da motivazioni politiche o ideologiche teso a causare danni materiali o uccidere”.   Alla luce di questa premessa, ecco che l’analisi dei tre “strani incidenti” del 1966 e del 1967 qui descritti pone notevoli problemi, soprattutto per quanto riguarda l’attribuzione ufficiale italiana delle colpe. In tutti e tre i casi da un’accurata analisi scientifica si evince che la dinamica degli eventi ufficialmente stabilita fino ad oggi non poteva in alcun modo essere tale. E questo solleva la giustificata domanda su chi siano gli effettivi responsabili, ossia chi abbia effettuato gli “attacchi” o gli “attentati”.

(…)

Pftitscherjoch, Steialm e soprattutto Cima Vallona, nella loro rappresentazione ufficiale,  sono effettivamente i più “strani” tra tutti gli attentati, le sparatorie, le esplosioni ecc. avvenuti nel corso del conflitto sudtirolese. Sebbene le istituzioni italiane siano state imsolitamente rapide nell’attribuire le colpe – che, prevedibilmente, riguardavano sempre gli attivisti del Comitato di Liberazione del Sudtirolo (BAS), la cui base operativa si sarebbe trovata in Austria dove sarebbe stata tollerata – e altrettanto rapidamente abbiano fatto luce sul decorso criminologico degli “incidenti”, i tre casi oggetto di questa pubblicazione non sono per nulla chiari né tantomeno inequivocabili per quanto riguarda gli autori. Ed è altrettanto sorprendente che le attribuzioni di colpevolezza da parte italiana siano state fatte perlopiù prima di un’effettiva indagine degli organismi di sicurezza.

È sufficiente un’accurata analisi dei soli fascicoli dei servizi di sicurezza disponibili – in questo caso si tratta in larga parte di documenti della polizia di Stato austriaca o del Ministero degli Interni austriaco – per giungere piuttosto rapidamente alla constatazione che questi tre episodi – e molti altri “incidenti” del conflitto sudtirolese degli anni Sessanta – non sono assolutamente giudicabili in modo così chiaro e inequivocabile come l’Italia ufficiale, i media italiani, e più recentemente la magistratura italiana, hanno voluto far credere. Una situazione rimasta praticamente immutata fino ad oggi, poiché per l’Italia la questione della colpevolezza per i tre “incidenti” qui descritti è stata apparentemente stabilita al di là di ogni dubbio.

(…)

Anche se l’autore, grazie alla sua formazione militare, dispone di un’adeguata valutazione
della condotta militare, le sue conoscenze in materia di esplosivi sono tuttavia relativamente “modeste”. Questa mancanza è stata colmata da esperti comprovati di tecnologia di brillamento e da più di un “esperto certificato e giurato dal tribunale”, che si sono confrontati con i risultati della ricerca sui tre “strani incidenti”. Il loro lavoro non si è affatto limitato a un’analisi tramite “diagnosi a distanza”, bensì ciascun esperto ha valutato e studiato gli “incidenti” direttamente sul campo, quindi  sul Pfitscherjoch, presso la Steinalm e a Cima Vallona.   Sembra altresì indispensabile integrare in questo lavoro la versione italiana più o meno ufficiale dei tre “incidenti” che viene rappresentata sul web.

NdR: seguono poi i ringraziamenti dell’autore agli esperti e ai collaboratori che hanno reso possibile la realizzazione di questo suo lavoro

Con un totale di otto morti tra le forze dell’ordine italiane, i tre “strani incidenti” degli “anni delle bombe” in Sudtirolo – le esplosioni nel rifugio sul Pfitscherjoch,  nella caserma della Guardia di Finanza della Steinalm vicino al Brenner e su Cima Vallona tra il Tirolo Orientale e Belluno – rappresentano un tragico “culmine” del conflitto sudtirolese degli anni Sessanta.

Nonostante i fondati dubbi sulle presunte dinamiche di questi “incidenti”, l’Italia “ufficiale” è ancora oggi fermamente convinta della colpevolezza di undici attivisti del BAS  provenienti da Sudtirolo e Austria.

Un accurato esame scientifico dei tre incidenti, invece, dimostra in maniera evidente lo sfondo politico di questa attribuzione “ufficiale” delle colpe. Questa opera scientifica si basa da un lato sull’analisi dei fascicoli giudiziari e dei servizi di sicurezza relativi agli “strani incidenti”, e dall’altro sulle valutazioni professionali di esperti in tecnologia di brillamento, verificate anche da test sul campo.

L’ultimo libro di Hubert Speckner è uscito nel novembre 2022. La versione in lingua italiana, pubblicata da Effekt! nel 2023 nella traduzione di Paolo Florio,  può essere richiesta direttamente all’editore (+39 0471 813 482  –  info@effekt.it)

 

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