von fpm 20.02.2024 18:00 Uhr

Vita quotidiana a scuola nel Tirolo storico

Dalla scuola asburgica alle Katakombenschulen: il racconto di un percorso didattico e popolare (3)

collage Flavio Pedrotti Moser

Il tempo della scuola, suddiviso in due periodi, quello invernale e quello estivo, durava di regola sei mesi da novembre ad aprile. Nel periodo estivo, per le scuole sistematiche, la scuola proseguiva ottobre, maggio e giugno; per quelle e per quelle suppletorie due mesi (ottobre e maggio). Si andava a scuola due volte al giorno, tre ore al mattino e due al pomeriggio. Solo nel mese di giugno poteva essere ridotta a mezza giornata per le scuole sistematiche, su autorizzazione delle Autorità superiori. Erano obbligati a frequentare la scuola popolare durante il periodo invernale “tutti i fanciulli d’ambo i sessi dell’età dai 6 ai 14 anni compiuti, e quelli oltre i 14 anni di età che ne fossero tenuti per prestazioni non sufficienti.” La giornata cominciava con la S. Messa: “Tutti i giorni, nella mezz’ora precedente le lezioni, gli scolari guidati dai maestri o da un custode andranno insieme alla messa”, diceva il Regolamento Teresiano del 1774, in vigore fino all’annessione del 1918. La tradizione di partecipare alla messa prima di andare a scuola dura fino agli anni Sessanta, in molti paesi e in molte valli.

Nei primi anni del XX secolo la città di Bozen comprendeva solo quello che oggi noi chiamiamo il centro storico, poiché sia Gries (aggregato al Comune di Bozen dal 1925) che Zwölfmalgreien (aggregato al Comune di Bozen nel 1911) avevano una loro autonoma amministrazione. Ricca della tradizione absburgica dell’imperatrice Maria Teresa, la città di Bozen, agli inizi del Novecento, godeva di una serie di strutture scolastiche importanti per l’epoca. La frattura tra città e campagna era ben evidente anche sul piano dell’istruzione, ma rispetto a molte altre realtà dell’Impero, agli inizi del XX secolo il Tirolo era un territorio in cui l’istruzione di base, anche per le donne, era in gran parte garantita. La percentuale di analfabeti nei principali paesi europei negli anni dal 1861 al 1990 rileva la situazione dell’Italia (divenuta stato unitario solo nel 1861) rispetto a quella della Germania e dell’Austria, dove il tasso di analfabetismo raggiungeva appena il 20% della popolazione, mentre in Italia toccava quasi il 75%, con punte dell’80-90% nel Sud.

Le radici storiche di questo divario sono ben conosciute: un intervento massiccio a favore dell’istruzione delle masse fin dalla seconda metà del XVIII secolo, con una diffusione capillare delle scuole di base in ogni paese e in ogni villaggio, caratterizzava l’Impero Austriaco, compreso il Trentino, il Friuli Venezia Giulia (e il Lombardo-Veneto nel corso dell’Ottocento) e i Regni affini all’Impero d’Austria come i ducati di Parma, Piacenza e la Toscana, e garantiva il leggere e lo scrivere nella propria lingua madre.

L’obbligo scolastico durava dai 6 ai 14 anni nell’Impero absburgico, con notevoli facilitazioni e deroghe per la popolazione contadina. In Italia, invece, il ritardo con cui l’istruzione è diventato problema di sviluppo economico, culturale e sociale, ha permesso una reale scolarizzazione di base e di massa solo a partire dagli anni Venti del Novecento. Comune rimaneva comunque l’esclusività delle scuole superiori, anche se nell’area centro-europea, le forme dell’apprendistato e della formazione professionale occupano un posto decisamente più di rilievo rispetto all’Italia nel corso del XIX e XX secolo.

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