von fpm 06.02.2024 18:00 Uhr

Vita quotidiana a scuola nel Tirolo storico

Dalla scuola asburgica alle Katakombenschulen: il racconto di un percorso didattico e popolare (1)

collage Flavio Pedrotti Moser

C’è un imprescindibile percorso storico che investe il periodo dalla scuola asburgica sino al momento drammatico delle Katakombenschulen. Il sistema dell’istruzione nel Tirolo agli inizi del Novecento, prima dell’annessione al Regno d’Italia all’indomani della Prima guerra mondiale, era articolato ed efficiente. Fin dalle riforme di Maria Teresa d’Austria, alla fine del XVIII secolo, la scuola di base nell’Impero asburgico esisteva in ogni villaggio ed era compito dei comuni garantire l’istruzione dei fanciulli e delle fanciulle, predisponendo i locali e retribuendo i maestri e le maestre. Scuola voleva dire imparare a leggere, scrivere e far di conto; le aule erano affollate e gli alunni per classe potevano essere più di quaranta. I maestri erano in genere i parroci o i sacerdoti dei paesi; solo nella seconda metà del 1800 la scuola diventa più autonoma rispetto alla Chiesa e la professione del maestro o della maestra si diffonde.

La riforma scolastica di Maria Teresa d’Austria (1774) pone la scuola al centro di un ambizioso programma di riforme sociali, economiche e politiche; un obiettivo, a sua volta, raggiungibile solo attraverso un profondo ripensamento del sistema educativo, modellato secondo il metodo normale. Grazie alla nuova didattica la scuola è in grado di introiettare negli individui forme di disciplinamento dei pensieri e dei comportamenti tanto pubblici quanto privati. Il controllo sociale, pertanto, si definisce attorno ad una “civiltà delle buone maniere” fondata sull’autodisciplina e sulla coscienza sociale del cittadino. Questo modello esemplare di cittadinanza si esprime in forma letteraria nelle Novelle morali di Francesco Soave. Le novelle del Soave non offrono solo modelli di virtù civili e religiose, ma conducono il lettore alla distinzione del bene dal male attraverso l’uso della ragione (altro obiettivo del metodo normale). Il saggio si chiude con una rapida analisi del sistema educativo del Dipartimento del Mella (Brescia), nell’Italia napoleonica. Sebbene partorito dalla “tirannide”, il metodo normale è posto al centro del sistema educativo bresciano e visto come strumento per la costruzione di una cittadinanza “democratica”

Alla preparazione dei maestri concorrono apposite scuole, chiamate Lehrerbildungsanstalt (Istituti per la formazione dei maestri): si insegnano religione, pedagogia con esercitazioni pratiche, la lingua di insegnamento, la geografia, la storia con dottrina della costituzione patria, matematica e disegno geometrico, storia naturale, fisica, economia rurale con speciale riguardo alle condizioni del suolo del paese, calligrafia, disegno a mano libera, musica con particolare riguardo alla sacra, ginnastica e negli istituti per le ragazze, i “lavori donneschi”.

Chi andava poi a insegnare, dopo quattro anni di studio, doveva seguire il metodo prescritto ed unico: attraverso il compitare e il sillabare si apprendeva a leggere e attraverso l’asteggiare (fare le aste) si imparava a scrivere. Ripetere, ripetere, ripetere “tutti assieme, con lo stesso tono di voce e con un identico periodare” prescriveva l’abate Felbiger fin dal Regolamento del 1774 e poi “il metodo coltivi, in primo luogo, precipuamente la memoria senza tuttavia limitarsi ad essa ma coltivare anche l’intelletto e il cuore”, raccomandava una norma del 1805. (continua)

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