Parliamone: l’importanza di chiamarsi tal dei tali… (68)

La famiglia Fatis è una famiglia nobile che ha avuto origine da Paolo de Fatis Terlago, detto Tabarellus, che fu nominato nobile del Sacro Romano Impero dall’Imperatore Sigismondo nel 1432. Le prime notizie documentate relative alla famiglia Fatis originaria di Terlago, datano a partire dal secolo XIV anche se altre testimonianze risalgono indietro nel tempo fino al Duecento e più in particolare all’esistenza di un possesso fondiario collettivo proprio a Terlago. Forse proprio la volontà di costruirsi una identità distintiva rispetto agli altri “signori di Terlago” spinse alcuni di loro ad utilizzare un soprannome, dal significato generico di “pastrano” che divenne poi patronimico nella forma Tabarelli de Fatis.
Costoro ottennero il riconoscimento del loro titolo di nobiltà nel 1432 per concessione dell’imperatore Sigismondo. In seguito, si aggiunsero il riconoscimento da parte del principe vescovo di Trento Alessandro di Mazovia (1400-1444) patriarca cattolico polacco, vescovo di Trento dal 1423 al 1444, nonché patriarca di Aquileia dal 1439 al 1444.; titolo che fu riconfermato da parte del suo successore, vescovo Giorgio di Ilack il 3 febbraio 1463. In quel periodo il Principato sprofondò nell’anarchia con uno scisma interno: il capitolo della cattedrale e l’Impero nominarono un vescovo che operava nel nord della Diocesi, mentre papa Eugenio IV e Venezia sostennero l’ex abate che governava il sud dell’Episcopato.
Infine, nel 1530, l’imperatore Carlo V riconvalidò i contrassegni di nobiltà ed i privilegi precedenti aggiungendone altri. Fra le dimore dei Fatis si ricordano l’antico castello di Terlago e l’omonimo palazzo ubicato a Trento in via Oss Mazzurana.
Nella versione più antica dello stemma è raffigurato un veltro rampante con il collarino d’oro mentre in quella più recente è raffigurata una mezza aquila d’argento. I simboli sono due ed entrambi legati all’araldica austroungarica, il primo è metà aquila rossa su sfondo bianco, simbolo del potere temporale, solo l’imperatore poteva avere l’aquila completa perché univa il potere temporale e spirituale sotto la sua tutela, il secondo è il cane rampante che sta a significare la devozione e la fedeltà all’imperatore. Qui però c’è una diatriba perché secondo disegni più antichi il cane assomigliava molto di più al leone di Boemia, che è anche il simbolo dell’evangelista san Marco. (continua)






