03.11.1918 i soldati del Regio esercito entrarono a Trento.

Attraverso il ponte sul Fersina, attorno alle 15.15, passarono ancora tre squadroni del XIV reggimento cavalleggeri Alessandria, comandati dal colonnello Ernesto Tarditi – non a caso il ponte è tuttora chiamato “dei cavalleggeri” – seguito dagli alpini del IV del colonnello Giovanni Faracovi, dagli arditi del XXIX reparto d’assalto e dagli artiglieri del X gruppo di montagna. La città di Trento, così, finiva sotto il controllo degli italiani e imprigionava l’intero Tirolo nel giogo di una nazione estranea ed invisa alla grande maggioranza del popolo tirolese.
La notizia delle condizioni dell’armistizio giunse al di là delle linee austriache nella giornata del 1° novembre, portata dal capitano Ruggera. A Villa Giusti, a Padova, il 3 novembre le delegazioni italiana ed austro-ungarica firmarono il documento con cui si sanciva la fine delle ostilità, la cui validità entrò in vigore solamente a partire dalle ore 15 del giorno successivo. Quasi a voler ignorarlo le truppe italiane erano intanto arrivate alla Chiusa di Salurn, dichiarando così prigioniero ogni soldato in divisa nemica rimasto ancora alle proprie spalle. Gli scontri, infatti, non finirono, nonostante nel frattempo si stesse ancora discutendo le condizioni dell’armistizio.
La retorica trionfalistica del “Tirolo redento” non penetrò fra la popolazione, considerando anche che furono circa 60mila gli uomini arruolati nell’esercito imperiale per combattere l’invasore italiano. Camillo Ruggera, militare d’origine trentina facente poi parte della delegazione imperiale a Villa Giusti, dove venne firmato l’armistizio, avrebbe rifiutato il conferimento della cittadinanza italiana, preferendo il proseguimento di carriera nel neocostituito esercito austriaco prima e nella Luftwaffe poi, dopo l’Anschluss del marzo ’38.
Come riporta www.receperanti.it Trento però non fu “liberata” dall’esercito italiano come recita la storiografia ufficiale. Questa versione è messa in discussione dallo storico tedesco Volker Jeschkeit: Trento fu “liberata” dagli inglesi! Conclusione che emerge da fonti storiografiche e dai diari del tenente inglese Mitch Williamson: «La divisione raggiunse Trento, ma dopo averla circondata venne ordinato di non entrare in città». Che fu «liberata» due giorni dopo dall’esercito italiano. “Si tratta della rivelazione di nuovi documenti” – spiega l’ingegnere e saggista – “di una conclusione che emerge da fonti storiografiche inglesi, pubbliche da sempre, anche se la maggior parte non disponibili in Italia. Questi fatti storici sono quindi conoscibili all’estero, ma qui non sono stati resi noti e non hanno circolato, non spetta a me dire se per dimenticanza o per precise scelte politiche”.
«In particolare, dai diari della 48ª divisione di fanteria inglese, emerge come tale divisione avesse già accerchiato la città fra il primo ed il due novembre ed alcune pattuglie fossero riuscite a penetrare all’interno del centro storico. Intanto le unità inglesi della 143ª brigata fanteria avevano già liberato la strada ed occupato Caldonazzo e Levico, mentre la sera del due si spingevano verso Pergine e Civezzano. Alle 2 di mattina del 3 novembre il capo dello stato maggiore della 48ª divisione e il responsabile ufficiale del servizio d’informazione incontrarono a Trento i responsabili militari dell’alto comando austriaco della 10ª armata e chiesero la resa incondizionata degli austro-ungarici, essendo essi all’oscuro delle trattative per un armistizio fra Austria e Italia. Gli austriaci non avevano il potere di firmare una resa incondizionata, ma raggiunsero con gli inglesi un accordo scritto sostanzialmente equivalente: garantivano il libero accesso a Trento e non avrebbero più sparato. Questo incontro è confermato da diversi diari di ufficiali».
«Nel diario del tenente inglese Mitch Williamson si legge: “la divisione raggiunse la città di Trento, capitale del Tirolo, ma dopo averla circondata venne ordinato di mantenere la posizione e non entrare in città. Due giorni dopo l’esercito italiano marciava fra musica di bande e colori ed essi entrarono in città come «liberatori». Una volta ottenuto l’accordo, quindi, arrivò un ordine politico di bloccare l’occupazione di Trento. Nel giorno dell’armistizio, il comando del 6° battaglione della 143ª brigata inglese si trovava già stabile a Tavernaro e il comando del 7° battaglione a Civezzano».






