L’identità espressiva degli artisti tirolesi

Nato nel 1956 a Bondo, Vigilio Bonenti realizza, crea, concretizza sogni che sembrano uscire dalla fantasmagoria di un visionario realista, nel senso oggettivo, con disegni nel contesto artistico che come successe per Pollock nel XX secolo, esprime la sua animosità nel XXI, rivestendo tali opere di un’importanza pari a quella della natura. Nel Tirolo del Sud, in Trentino, gli artisti introducono spesso nelle loro opere scene di quotidianità anche se lontane dalla retorica dell’immediatezza geometrica e figurativa, con un nuovo approccio ai materiali e una maggiore possibilità di esporre nelle mostre conferendo un’inedita dignità al disegno.
Dipinti e disegni condividono principî stilistici, caratterizzati dall’originalità, dalla soggettività, da spontaneità, semplicità d’uso e una decisa assenza di rifiniture. L’opera di Vigilio Bonenti nel suo farsi “di Natura” – afferma Alessandro Togni curatore della prima Mostra dell’artista – si dispiega attraverso un delicato lavoro di sguardi ravvicinati, quasi fosse per l’autore un processo necessario il trasformarsi dalle dimensioni dell’umano, per divenire occhio d’insetto, capace di seguire traiettorie dentro intricate scenografie, in un viaggio minimale “On Land” non più solamente fenomenologico ma invece in grado di riassumere con acutezza la vita nascosta dei mondi lontani, eppur vicini, di laggiù.
Una vita passata sui banchi di scuola, quella di Vigilio, dove ha svolto la professione del maestro nella scuola elementare. Da sempre ha avuto una spiccata attitudine all’osservazione e alla grafica che gli ha consentito di addentrarsi in una sua personalissima ricerca-indagine del mondo affascinante della natura. E quando si dice “da sempre”, lo posso testimoniare perché io e Vigilio ci siamo incontrarti proprio alle scuole superiori e avevo potuto già ammirare la sua abilità grafica… ricordo una copia dell’album In the Court of the Crimson King, una perfetta riproduzione che mi regalò. C’era in lui un grande desiderio di sperimentare, e più tardi molti dei suoi disegni sono stati eseguiti con tecniche miste la cui analisi può risultare estremamente complessa.
L’improvvisazione poi ha dato spazio a varie forme di manipolazione e, per dirla con le sue parole: “…Altro era l’immaginario del mio fare, poi complice un tempo più dilatato e libero, la difficoltà di questi ultimi anni a poter frequentare amici e luoghi, le quotidiane passeggiate con il mio cane Laika, per sentieri e boschi intorno a Bondo, si è svelato un mondo curioso e nuovo, mai da me guardato e indagato, fatto di anfratti, radici, rovi, sterpi, tracce rosse, oggetti lasciati e dimenticati nell’ambiente dalle persone.” C’è anche una maggiore apertura mentale rispetto all’uso di strumenti più tradizionali come la matita, la penna, le chine e i pennelli così la tela viene macchiata, sfumata, sollevata, modificata con cancellature, quasi bagnata, che ricordano alcune tecniche comuni alle incisioni. A seguito di questi sviluppi, linea e colore nell’arte di Vigilio convergono a tal punto da rendere il disegno indistinguibile dalla pittura. Motivi e soggetti di ispirazione che lo portano anche a dire: „Niente c’è di inventato, niente c’è di vero„.






