Voci di montagna- La cascata di Sardagna

I vecchi raccontano che un tempo, là dove adesso precipita a valle la cascata detta appunto di Sardagna, sorgesse una piccola casa abitata da tre persone felici: il padre, che faceva il pastore, la mamma che provvedeva a tener linda e in ordine la casetta, ed un bimbo sempre intento a giocare e ruzzolare con le caprette ed il cane lupo. Noi possiamo facilmente immaginare questa casetta rivestita
di caprifoglio ed edera, con il camino sempre ornato da un bel pennacchio di fumo, annunciatore di bocconcini prelibati.
Ogni mattina, per tempo, il pastore usciva piano, pia-
no, di casa, radunava il suo gregge e poi… via! Su, lungo le erte pendici del monte Bondone in cerca di erba sempre più fresca, sempre più profumata. Il sole, alzandosi ridente pian piano oltre i crinali illuminava ogni volta un nuovo regalo che questo monte, vero giardino incantato, offriva agli uomini: un tappeto di genzianelle blu, una distesa soffici primule, anemoni rosa, mughetti profumatissimi, arnica, ruta, asperula e cento e cento altre erbe medici-
nali. Anche le caprette e le pecore che ben ne conoscevano le virtù le mangiucchiavano volentieri ascoltando i discorsi confidenziali che il pastore soleva rivolger loro:
Sai Nina, magari diceva, ieri il mio bimbo ha costruito una
casa… Piccola e un po‘ sbilenca ma fatta a regola d’arte. Bisogna proprio dire che il mio è un figlio intelligente. Fra qualche anno sarà un grande costruttore…..
Oppure:
Ehi! Bianca, non farmi un’indigestione di fiori. Somigli a mia moglie che ruberebbe tutte le corolle del prato per adornare la sua casa. Chissà cosa ci preparerà stasera a cena, la mia mogliettina?
Che ne dici tu? e tirava scherzosamente una manciata di terra al cane lupo che, capita l’antifona, si voltava di scatto e balzava in contro al padrone pronto a giocare e correre con lui. Su, su, sempre più in alto, lungo i crinali di quel meraviglioso giardino felice… Ed a sera, quando pastore e gregge tornavano a casa trovavano ad attenderli, sulla soglia, una bionda donna ed il figlioletto che abbracciavano e baciavano felici l’uomo quasi ne fossero rimasti separati
le bestie nello stallo, si da mesi. Poi tutti e tre, dopo aver rinchiuso le bestie sedevano attorno all’umile tavolo vicino al camino per cenare. E mentre gustavano la calda polenta o le profumate frittelle si raccontavano a vicenda le mille inezie che avevano reso tanto piacevole la loro giornata. Il pastore amava soprattutto parlare delle monellerie di Nina, la capretta preferita, tanto intelligente da sembrare
umana, tanto stordita da sembrare un bimbo. Come avrete capito quella era proprio la casetta della felicità perchè abitata solo da persone che si amavano. Ma un brutto giorno, quando il pastore aveva lasciato la propria casa già da qualche ora, Nina si mise in testa di acchiappare un grosso moscone d’oro. Si mise a saltar di quae di là come impazzita. Il pastore non capiva proprio il perchè di
tanta agitazione.
.Nina, Nina, fa la brava, cosa ti succede?….cominciò a grida-
re tentando di fermarla. Ma la capretta, innamorata del suo gioco non gli diede retta e corse lontana da lui. Ed il pastore dietro.
La capretta cominciò a saltare di roccia in roccia come amano, del resto, fare tutte le sue simili. Per il pastore però quella non era una capra come tutte le altre ma la sua bestiola preferita che andava guidata e protetta come un bimbo. Per questo continuo ad inseguirla, arrampicandosi faticosamente di masso in masso e gridando:
«Nina, torna indietro, ti farai male! La capra lo aspettava pol, quando il pastore stava per agguantarla,… op! un bel salto che la portava alcuni metri più in là sopra un’altra roccia. Purtroppo però il pastore non possedeva l’agilità della sua capretta. Ad un tratto, stremato dalla fatica, si lasciò sfuggire la presa e precipitò a valle sfracellandosi al suolo. Naturalmente la capretta non se ne preoccupò punto. Continuò a giocare da sola, poi, quando fu stufa tornò al gregge. Ormai era sera, e come era solito fare, il cane radunò le bestiole e le incitò verso la via del ritorno. All’ora solita capre, pecore e cane si trovarono sulla soglia di casa. Ad attenderli vi erano la donna bionda con il bimbo in braccio…mancava il pastore… Dio mio dove era finito il pastore?… che si fosse fermato oltre la curva? La donna spiccò la corsa stringendosi scialle e bimbo al seno… oltre la curva non vi era il pastore. La donna risalì il monte chiamando a gran voce… niente… soltanto l’eco rispondeva ai suoi richiami. Temendo che si trovasse solo e ferito
lassù sugli alti prati, incurante del sopraggiungere della notte, sempre col suo bimbo in braccio la donna sall fra i flori chiamando a gran voce. Soltanto l’eco, qualche volta, le rispondeva.
Al mattino, sfatta dall’ansia ritornò a casa, sperando in cuor
suo di trovarvi l’amato, arrivato magari da un sentiero insolito…
Ma la casa era deserta, nessuno aveva ancora chiuso le bestie nello stallo. Pazza per l’ansia, trascinandosi appresso il bimbo plangente la donna scese verso valle, cercò e scruto fra le rupi, sulle cengle. finchè scorse, ai piedi di un dirupo, una figura umana. Accorse gridando… era il suo pastore… morto. Si chinò lo raccolse fra le braccia piangendo. Anche il bimbo, che ormai aveva compreso co-
me il papà non avrebbe più fatto ritorno a casa singhiozzava. Facendosi forza, lei si alzò e un po‘ portandolo un po‘ trascinandolo riuscì a trasportare il cadavere del marito vicino alla casetta. Lo seppellì sotto un frondoso castagno. Poi la donna e il bimbo s’inginocchiarono sulla sua tomba dando libero sfogo al proprio dolore. Piansero notte e giorno, giorno e notte tanto che le loro lacrime formarono prima una pozza, poi un ruscello, che s’ingrosso sempre più incanalandosi poi verso valle, precipitando sopra Trento come una cascata spumeggiante, destinata a non fermarsi mai.






