Un libro al mese – Feuernacht, la Notte dei Fuochi 3

Il 14 giugno 1961, immediatamente dopo la Notte dei Fuochi, il ministro degli interni Mario Scelba convocò a Roma una conferenza sulla sicurezza con i vertici della polizia e delle autorità militari. Il quotidiano bolzanino in lingua italiana “Alto Adige” riferisce che Scelba dopo la conferenza avrebbe dichiarato alla stampa che gli organi della polizia e della giustizia “sanno perfettamente come procedere”.
Ad ovest di Trento, un’antica strada militare austriaca porta sul remoto altipiano del Monte Bondone con le sue caserme risalenti all’epoca imperiale. Poco dopo la Notte dei Fuochi vi arrivò un’unità speciale dei carabinieri costituita da circa 200 uomini.
Un mese dopo i carabinieri furono trasferiti nel Bozner Unterland, a Bolzano, Merano ed Appiano. L’uniformità dei metodi di tortura applicati da allora in poi nelle varie caserme dei carabinieri del Sudtirolo, suggerisce che sul Monte Bondone aveva avuto luogo una formazione centralizzata sui metodi di interrogatorio.
A partire da quel momento in Sudtirolo venne applicato tutto il repertorio repressivo risalente all’epoca fascista: la “cassetta”, la tortura con l’acqua ed altre atrocità.
La riproduzione di tutte le relazioni sulle torture riempirebbe un intero libro. Qui ne riportiamo soltanto pochi esempi, tra cui un estratto del racconto sulle torture redatto dal trentanovenne elettricista Franz Muther di Laas in Val Venosta, arrestato dai carabinieri il 10 luglio 1961.
“Dovetti tenere le mani in alto, poi lui mi colpì sul dito con una bacchetta di ferro. Garzolla chiamò poi un certo Lungo, che era un uomo alto e forte, e gli diede l’ordine di condurmi via per sottopormi alla ‘cura speciale’. Mi portarono in un’altra stanza, mi misero con la schiena contro una parete e mi piazzarono due piccoli proiettori all’altezza degli occhi ad una distanza di 80 centimetri. Poco dopo, quando i miei occhi erano stati abbastanza abbagliati, mi tirarono al centro della stanza, intorno a me c’erano circa 6-8 uomini in borghese e uno in divisa. Quello in divisa mi si avvicinò, mi schernì, mi insultò e mi minacciò nella maniera più violenta, poi tutto a un tratto mi afferrò, mi strappò la camicia e mi strappò i peli dal petto. Poi con il pugno iniziò a colpirmi sul cranio, mentre il Lungo mi picchiava sulla testa, soprattutto all’orecchio sinistro dove ancora oggi ho dolori e non riesco a sentire bene. Gli altri mi presero a calci nella pancia, non riuscivo più a vedere, mi sentivo svenire. Dopo un po’ mi misero di nuovo con la schiena contro una parete. Questa volta portarono un proiettore grande, che venne di nuovo posizionato all’altezza dei miei occhi ad una distanza di 60-80 centimetri, e dovetti guardare nel centro del cono di luce. Ogni volta che gli occhi mi si chiudevano per il dolore, mi picchiavano su tutte le parti del corpo, in particolare con dei calci alle tibie, ancora oggi si possono vedere le cicatrici sulla gamba destra, che per molto tempo mi restò gonfia e tutta gialla. La tortura davanti al proiettore grande durò 5-6 ore ininterrottamente, credevo di impazzire.“
La morte di Franz Höfler
Il 15 luglio 1961 Franz Höfler, figlio di contadini, venne arrestato a Unterlana e gravemente torturato nella caserma dei carabinieri di Merano. Il 26 settembre 1961 Höfler scrisse al presidente della giunta provinciale Magnago; la lettera venne fatta uscire di nascosto dal carcere, si nota infatti che manca il timbro della censura. Questa lettera, anch’essa un unico grido d’aiuto, fu effettivamente recapitata a Magnago.
Franz Höfler non si riprese più dai maltrattamenti subiti e morì in carcere il 22 novembre 1961 a 28 anni a causa di un’emorragia cardiaca dovuta ad una lesione dell’aorta.
La morte di Anton Gostner
Il 7 gennaio 1962 la morte mieteva la sua seconda vittima tra i detenuti sudtirolesi: era Anton Gostner di Sankt Leonhard presso Bressanone. Contadino e portiere d’albergo, padre di cinque figli, nonostante soffrisse di cuore era stato torturato in maniera disumana nella caserma dei carabinieri di Bressanone.
Non si riprese più e morì in carcere per sincope cardiaca.
Sepp Kerschbaumer – I l carcere e la morte prematura
Il 15 luglio venne arrestato anche il capo e fondatore del “Befreiungsausschuss Südtirol” (Comitato per la liberazione del Sudtirolo), Sepp Kerschbaumer di Frangart. Il 4 settembre 1961, Sepp Kerschbaumer descrisse quello che aveva subito in una lettera fatta uscire di nascosto dal carcere: „ero talmente esausto che avevo un solo desiderio, quello di poter morire. Ma se dicevo ai carabinieri di non esitare ad uccidermi, essi diventavano ancora più brutali“
Sepp Kerschbaumer non si riprese più dalle conseguenze delle torture, e il 7 dicembre 1964 morì nel carcere di Verona per una sincope cardiaca.
Fino ad oggi nessun governo italiano si è mai scusato per gli avvenimenti di allora.
I libri „Feuernacht“ e „La Notte dei Fuochi“ sono ancora disponibili. Chi non lo trovasse in libreria può richiederlo direttamente al Südtiroler Heimatbund, inviando una EMail a roland.lang@mail.de
Il volume è disponibile sia nella versione in lingua tedesca che in quella in lingua italiana.






