von Vanessa Pacher 20.01.2022 11:45 Uhr

Voci di montagna – La leggenda dell’aquila di pietra

Nel cuore della città di Trento, un’aquila in pietra alimenta una storia in cui amicizia, omicidio e gelosie e si mescolano in un gioco di intrighi 

Foto: Comune di Trento

Tradizione, dall’antico verbo latino tradĕre, ossia consegnare, tramandare. Da secoli generazioni si sono “tradite” il sapere, prima per via orale e poi per iscritto. Tradire il sapere, nasconde appunto quel significato sinistro di tramandare in forma oscura, avvolgendo in forma ermetica la realtà, ammantandola di fascinoso enigma e mistero. Tutto questo caratterizza appunto la leggenda, in cui il quadro reale della vita viene dipinto con i colori favolistici della fantasia, consegnando ai posteri l’opera di un popolo che ha racchiuso in essa la sua storia e i suoi saperi.

Il territorio della montagna da sempre, negli antri delle sue grotte, nei fitti boschi delle sue vallate, nelle strette vie dei suoi paesi inerpicati sulle alture più recondite, offre a chi la popola e a chi la visita il suono di voci indefinite di storie lontane, di inumane esperienze e sovrumane avventure, dove l’irreale si confonde con la verità di popoli che nelle loro leggende mantengono viva la loro essenza.

In piazza del Duomo a Trento,  a ridosso di casa Cazuffi, dove si diparte via Belenzani, si trova una fontanella sormontata da un’aquila di pietra, la stessa rappresentata nello stemma della città (cioè l’aquila di San Venceslao), intenta a becchettarsi un’ala. La sua origine, come raccontano gli abitanti della città, sarebbe legata ad una antica leggenda che ha per protagonisti un contadino, un processo per omicidio, e un’aquila che diventa pietra.

  • Foto: Comune di Trento

Si racconta che molti anni fa, tra le vette innevate del Bondone, vivesse un’aquila che trascorreva un’esistenza tranquilla e in convivenza pacifica con gli uomini. Con uno in particolare, il simpatico contadino di SardagnaGian Giorgio Scanda, detto Lo Scanda strinse una singolare amicizia; Lo Scanda raccontava al suo amico rapace tutte le sue preoccupazioni mentre questo lo ascoltava con attenzione in cambio di un po’di cibo.
Tutto sembrava andare per il meglio fino a quando la moglie dello Scanda, gelosa delle attenzioni che il marito dedicava all’aquila, cominciò a biasimarloe non contenta iniziò a diffondere voci malevole su di lui, cosicché, in breve tempo, tutta Sardagna iniziò a considerare Lo Scanda un buono a nulla. Nè le cattiverie della moglie nè i pettegolezzi degli abitanti, tuttavia, riuscirono a scalfire l’amicizia di Lo Scanda, ma al contrario, la rafforzarono. L’aquila era ormai diventata l’unico sollievo per il contadino, l’unico confidente al quale rivolgersi per fuggire alle maldicenze e alle urla senza sosta della moglie. Tuttavia, non passò molto tempo prima che la vicenda, nata da un’innocua amicizia, si concludesse in tragedia: un giorno Lo Scanda, esasperato dalle grida e dagli insulti fu colto da un attacco d’ira e con colpo d’ascia uccise la moglie. Inorridito dal suo stesso gesto scappò nei boschi, ma poco dopo i suoi compaesani lo trovarono e lo condussero a Trento dove fu rinchiuso in una delle spaventose celle di Torre Verde, in attesa della condanna. Nel buio della cella Lo Scanda attendeva disperato la morte ma, proprio quando gli sembrò di non avere più scampo, ricevette la visita di un usignolo. Lo Scanda non capiva il motivo di quella strana visita e l’usignolo gli spiegò che era stata l’aquila a mandarlo da lui per portargli un importante messaggio: se egli avesse evitato di giurare il falso, lei lo avrebbe salvato dall’esecuzione. Il giorno del processo Lo Scanda fu condotto a Palazzo Pretorio e qui fece ciò che gli aveva indicato l’usignolo, ovvero proclamarsi innocente senza giurare il falso, ma l’aquila non venne in suo aiuto. A quel punto Lo Scanda fu accompagnato in Piazza Duomo dove era stato allestito il patibolo per l’esecuzione. La sua fine era vicina.

Con la testa piegata sul ceppo, Lo Scanda maledisse l’aquila e il giorno in cui l’aveva conosciuta. Quando finalmente la vide volare in cielo sopra di lui aveva ormai perso la fede e, disperato, giurò la sua innocenza, incolpando l’aquila dell’assassinio. “E se mento” urlò all’aquila “maledetta, che tu possa diventare pietra!” A quelle parole l’uccello si trasformò in un sasso e Lo Scanda, non avendo più scusanti, venne giustiziato. Stupiti dall’avvenimento, i cittadini e le autorità posero l’aquila di pietra sulla fontana che ancora oggi si trova in piazza Duomo.

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