Ignoranza formato spray

Nel gruppo del Lagorai, fra la Valsugana e la Valle del Fersina, fra le cime e le creste che circondano il Rifugio Sette Selle, il Sasso Rotto si distingue per i particolari lastroni di porfido dove, da molto tempo, spicca la raffigurazione di un’aquila tirolese.
Il dipinto è stato realizzato nei primi anni Settanta da Francesco (Franzi) Vitlacil. La famiglia Vitlacil è originaria della zona di Vienna, Franzi era figlio di un soldato dell’esercito imperiale di stanza a Trento durante la Guerra: al termine del conflitto aveva scelto di restare in queste valli che – in un mondo sconvolto e stravolto – sentiva essere divenute casa e Heimat.
Uomo eclettico, artigiano dalla vena artistica, appassionato di montagna e di fotografia, profondo conoscitore ed amante del selvaggio Lagorai, Vitlacil per lunghi anni operò come segnasentieri della SAT, individuando anche percorsi nuovi e originali. Il figlio Roland, sentito poco fa dalla nostra redazione,  ne ricorda la passione politica ma soprattutto il forte legame con il territorio, con la storia, con l’identità .
Altro dettaglio interessante: queste creste –  a raccontarlo a UnserTirol24 è Franco Gioppi, ricercatore storico appassionato e preciso – delineano il versante di quella che oggi viene definita Bassa Valsugana (le antiche giurisdizioni di Ivano, Telvana e Castellalto, fin dal 1400 legate dai fili del „potere religioso“ ai Vescovi di Feltre e di quello „temporale“ direttamente alla Contea Principesca del Tirolo) dal territorio di Pergine, Caldonazzo e della Valle del Fersina, che invece erano parte del Principato Vescovile di Trento.
Appena realizzata, l’aquila del Sasso Rotto è subito divenuta un’immagine iconica, conosciuta e ricercata, meta di escursioni, immortalata in innumerevoli fotografie, in guide e carte turistico-alpinistiche, addirittura su diverse copertine Kompass. Roland Vitlacil qualche anno fa l’ha restaurata, rimediando ai danni provocati dal tempo e dalle intemperie.
In un’azione tanto vandalica quanto stupida, nei giorni scorsi mani ignote armate di bombolette spray di colore giallo  hanno deturpato il dipinto: un gesto che ricorda circolari prefettizie e giorni bui di un passato nemmeno troppo lontano. Un gesto che trasuda ignoranza, ma soprattutto mancanza di civiltà e di rispetto.
Ignoranza per la millenaria storia di una Terra che proprio dalla storia e dalla specificità deriva un’Autonomia tanto preziosa quanto fragile. Rispetto, che nelle genti di montagna dovrebbe essere un sentimento fortemente radicato, se non innato.  Civiltà , che invece scarseggia quando – in ogni tempo ed in ogni luogo, a colpi di piccone o di vernice – si tenta di cancellare segni di memoria, di identità , di cultura, di religiosità .






