von mas 05.08.2021 06:45 Uhr

Briciole di Memoria: Resistere a Napoleone

Massimo Pasqualini oggi ci propone un altro estratto dal libro „Dagli Schützen la salvezza. Il cuore nel cuore dell’Europa“:  ecco una breve sintesi storica degli scontri tra Schützen Trentino Tirolesi e l’esercito napoleonico dal giugno 1796 ed il 15 febbraio del 1797

Oggi bersaglieri e vivandiere, Schützen e Marketenderinen, sanno di essere una tradizione vivente e si appellano ad un passato che non vogliono dimenticare. Amano la loro terra e il loro paese come amavano le loro famiglie. Sanno che non c’è albero senza radici. Vivono, senza dubbio, di ricordi, dai quali attingono insegnamenti, singolarmente e come gruppo, però li richiamano senza alcuno spirito sciovinista o razzista. I Trentini che vogliono bene alla loro terra sono tanti, sono la totalità. Tra di loro ci sono anche queste Compagnie di Schützen e di vivandiere che apertamente ricordano le vicende passate perché esse rappresentano il contenuto dell’identità trentina. Con questo intendono entrare nella nuova Europa, convinti di portare gli altri paesi un significativo contributo di storia e tradizioni.

Schützen e truppe francesi cominciano a scontrarsi sul Monte Baldo dove, nel giugno 1796, risultano impegnate le Compagnie di Bressanone, Taufers, Lana, Trento, Lavis, per un totale di oltre seicento uomini. L’esercito austriaco è condotto dall’ anziano generale Wuermser, che ha fissato il proprio quartier generale a Trento. Il suo corpo d’armata di oltre ottantamila uomini è per il territorio un peso di difficile gestione. Forse anche per questo Wuermser decide di lasciare in Tirolo solo ventimila soldati al comando di Davidovich e di condurre il resto della truppa verso Bassano e verso le pianure venete, per tentare di sorprendere Napoleone alle spalle  mentre assedia la fortezza di Mantova. Il Bonaparte invece, sfruttando proprio il fatto che Wuermser ha diviso la sua armata, si prepara a invadere il Tirolo.

Il 30 agosto, dal quartier generale di Brescia, Napoleone emana un proclama che promette la fucilazione dei tirolesi che tenteranno di organizzare una difesa territoriale. Tre colonne francesi si scontrano il 3 settembre presso Marco e Mossano con le prima truppe imperiali. La superiorità dell’esercito francese è subito evidente, i presidi austriaci lungo il corso dell’Adige soccombono. Rovereto cade in mano francese. Gli austriaci si ritirano a Lavis, seguiti da numerose Compagnie Schützen, mentre nella mattina del 5 settembre Napoleone entra vittorioso a Trento.

Temendo che il popolo gli si sollevi contro, e temendo in fondo quasi più la difesa territoriale dell’esercito, emana subito un proclama nel quale invita la gente a ritirarsi nelle proprie case senza cercare di ostacolare l’avanzata francese. E l’11 settembre a scopo dimostrativo ordina la fucilazione di quattro bersaglieri. Presso il ponte San Lorenzo cadono quel giorno Giovanni Galvagni di Pieve Di Bono, Nicolò Orion di Lavis, Battista Marinelli di Vervò, Angelo Silvestri della Val di Ledro.

L’esecuzione intende scoraggiare la popolazione dell’impugnare le armi. In realtà ottiene l’effetto opposto, accendendo negli Schützen il desiderio di riscatto. Le  Compagnie aumentano di numero e iniziano una resistenza eroica sull’ altopiano di Pinè. Alla mancanza di arma da fuoco, i tirolesi suppliscono con armi da taglio e da punta o con attrezzi da campagna come falci e forche. Il caporale Bernardino dal Ponte del Lomaso chiede e ottiene di poter condurre un’azione volta alla cattura di alcuni soldati francesi, per dimostrare “che noi sappiamo rispettare i diritti umani meglio dei nostri nemici che tanto ne parlano”.

Gli Schützen proprio dopo questo episodio inizieranno a portare sui loro cappelli una coccarda, che può essere bianca e verde, ossia dei colori degli Schützen, o bianca e rossa, dei colori del Tirolo. La coccarda ha lo scopo di renderli riconoscibili come milizia a tutti gli effetti e impegnare i nemici a osservare anche nei loro confronti le regole dell’onor militare.

 

Il 2 novembre 1796 a Segonzano l’attacco del generale Claude Henri de Belgrnad de Vaubois viene respinto dagli Schützen. Sono gli Schützen in Val di Cembra a decidere le sorti della battaglia napoleonica di Segonzano, ribattezzata la Bergisel von Welschtirol, la Bergisel del Tirolo italiano. Per la sua importanza e per il forte impatto sulla coscienza tirolese è infatti paragonabile al grande trionfo ottenuto da Andreas Hofer nel 1809. Il comune di Segonzano farà realizzare un quadro votivo da esporre nella chiesa parrocchiale di Piazzo.

Rinforzati dai bersaglieri tirolesi, gli austriaci costringeranno poi i francesi alla ritirata, e il 5 novembre entreranno vittoriosi a Trento. Riusciranno quindi a riconquistare il monte Baldo e ad allontanare i francesi sia dalla Valsugana che dalle Giudicarie . L’8 novembre gli Schützen entrano a Rovereto per poi scendere lungo la Valle dell’Adige. Il Tirolo può dirsi liberato.

L’imperatore Francesco II concede con un decreto la medaglia al valore per la lotta contro i francesi “poiché la lotta della nazione tirolese si è conquistata un incancellabile onore agli occhi di tutta l’Europa”.

 

A fine novembre vengono licenziate le Compagnie tedesche, e a protezione dei confini rimangono solo gli Schützen del Tirolo meridionale. Il Trentino nel 1796 conta 207.310 abitanti. Vengono costituite trentasei Compagnie, per un totale di diecimila bersaglieri, ai quali si aggiungeranno poi mille pionieri. Se la protezione del confine non risulterà dunque alla prova dei fatti efficace, ciò non sarà evidentemente per mancanza di uomini. A fiaccare la resistenza del Tirolo sarà piuttosto la mancanza di armi e la fame. Il cibo scarseggia e non si può nemmeno sperare in aiuti dal Veneto, già occupato dai francesi. Le truppe imperiali, che stazionano a Rovereto con una consistenza numerica che supera quella della popolazione stessa, aggravano ulteriormente il problema. Il 26 gennaio 1797 i francesi, guidati dal generale Barthèlemy Catherine Joubert, tornano a invadere il Tirolo. Sfondando i nuclei di resistenza austriaci sul monte Baldo, ad Arco vincono la resistenza opposta dagli Schützen e il 29 gennaio entrano nuovamente a Rovereto. Per scoraggiare la resistenza degli Schützen, Joubert pubblica subito un “Avvertimento ai Tirolesi” che promette pene gravissime a chi viene trovato in possesso di armi.

Il problema della mancanza di armi e munizioni perseguita gli Schützen lungo tutte le guerre napoleoniche, mettendoli spesso in gravissima difficoltà di fronte a un avversario in genere assai più numeroso e sempre ben rifornito. In alcune situazioni i Tirolesi si salvano effettivamente solo grazie alla fede e all’esemplare eroismo.

La battaglia di Spinges è rimasta celebre proprio per la situazione disperata, voltasi poi quasi miracolosamente in vittoria. Lo scontro avviene durante la battaglia di Bressanone, dove le truppe imperiali guidate da Johan Ludwig Alexius von Loudon sono state sconfitte dai francesi di Joubert. Joubert sta marciando versi Innsbruck quando apprende che è iniziata la mobilitazione degli Schützen. Decide dunque di asserragliarsi a Bressanone. Inutile un primo tentativo di assedio del generale Wilhelm Lothar Maria von Kerpen, il 30 marzo. Poco dopo, rinforzate le truppe, gli austriaci decidono di ritentare, mobilitando la difesa territoriale. Gli Schützen attraversano la Val Pusteria in pessime condizioni meteorologiche. Dopo una lunga marcia notturna nella neve ancora alta, senza potersi riposare, si trovano, la mattina del 2 aprile 1797, in piena battaglia, a Spinges, sotto la guida del comandante Philipp von Worndle. Ogni Schütze dispone solamente delle munizioni che ha potuto portare con sé, non sono previsti rifornimenti. Dopo tre ore di combattimento, molti si trovano quindi disarmati.

Il comandante Worndle incoraggia comunque la resistenza. Strappando dal pugno di un contadino un’azza, ordina al trombettiere di suonare la carica, urlando Picchiate! Abbattete!. La battaglia prosegue dunque con armi improvvisate, gli Schützen si oppongono ai francesi perfettamente armati sferrando colpi di azza, utilizzando i calci di fucile, raccogliendo bastoni e impugnando falci.

Un coraggio disperato che non resta senza premio. Intorno all’una del pomeriggio, i francesi sfiniti si ritirano attraverso i boschi di Spinges, in direzione di Mühlbach. Grande è il sollievo, ma di breve durata. Poco dopo il nemico ritorna, rinforzato, ancora meglio armato, ancora più numeroso. Duemila e cinquecento uomini ritentano l’attacco a Spinges, difesa da Schützen stremati e disarmati, ancor più abbattuti dalla delusione, dal rapido scemare della gioia di un trionfo insperato.

I contadini di Spinges si affrettano a portare loro cibo e acqua, ma nessuno può reperire munizioni o rinforzi. E un po‘ di cibo può forse rinvigorire i corpi, ma non gli animi. La voglia di ritirarsi sta per avere la meglio. Poi appare una ragazza. Una fanciulla del popolo, una semplice contadina. Dal muro di cinta del cimitero di Spinges, cerca di impedire ai francesi di raggiungere la chiesa. E “armata di un forcone da fieno manovrato con inaudita energia”, riporta il comandante Worndle. E con quel forcone, in piedi sul muro del cimitero, la giovane infilza uno ad uno i nemici che tentano l’assalto, poi li scaraventa ne vuoto. L’energia che comincia a mancare negli Schützen spossati, sovrabbonda là dove meno ci si aspetta di poterla vedere. In una contadina, che ostinata combatte con più coraggio di un soldato. Una fanciulla che difende il proprio campanile a colpi di forca insegna che bisogna tentare anche l’impossibile, resistere oltre ogni ragionevole possibilità, sperare contro ogni speranza. Gli Schützen si sentono tutti spronati a riprendere la resistenza. E resisteranno. Fino a quando, verso le tre e mezza del pomeriggio, si arriverà finalmente alla sospensione della seconda fase della battaglia.

La giovane donna che li ha soccorsi è Katharina Lanz, ladina della Val Badia, di St. Vigil in Enneberg. Ancora oggi ricordata e celebrata. Ha di fatto salvato Spinges, permettendo di superare il momento della disperazione. Ma la prova non è ancora finita. Verso le quattro del pomeriggio il comandante Worndle annuncia d’aver visto avanzare uno nuova colona francese di circa mille uomini. Sta salendo da Aicha, in breve giungerà davanti a cinquecento Schützen ancora privi di munizioni.

La situazione torna così ad essere disperata. Occorre un altro miracolo, un altro eroe. Questa volta è un uomo, un fabbro di Volders. Il suo nome è Anton Reinisch, ma tutti lo chiamano Senseler, viene descritto come un “uomo di eccezionale prestanza fisica e di audacia senza pari”.

“Nel momento cruciale, in cui si rimetteva in gioco il successo di tutta la giornata, armato soltanto di una falce a doppio taglio, fissata a una lunga pertica, si slanciò contro il fronte dei francesi, irto di armi urlando: ”fratelli seguitemi” e a colpi di falce riuscì ad aprirsi un varco sanguinoso nell’ armata nemica, impietrita dal terrore, finché non cadde lui stesso ferito a morte”. L’eroico sacrificio impressiona tutti, sgomenta i francesi, rianima i tirolesi. Gli Schützen grazie a lui si sentono pronti per l’ennesimo disperato sforzo. Resistono ancora, fino a che alle cinque la battaglia si conclude.

I francesi si ritirano, finalmente stremati. E quando tornano sul campo, è solo per contare i propri morti. Si dice che seicento cadaveri siano stati portati in un maso di Spinges requisito e dato alle fiamme appositamente a tale scopo.

Gli Schützen piangono invece quel giorno settantasette morti. Altri ventisei nei giorni successivi soccomberanno alle ferite riportate in battaglia. Battaglia che comunque, al di là di ogni ragionevole previsione, si è rivelata letteralmente trionfale. I nomi dei caduti sono riportati nel Libro dei morti della Curatia di Spinges.

 

Le battaglie di Spinges hanno messo i francesi di fronte a una chiara consapevolezza. Lo spirito di libertà può muovere gli Schützen a imprese inverosimili. Il generale Joubert decide quindi di utilizzare per le sue truppe l’ultima possibilità di ritirata attraverso la Val Pusteria.

Il 15 febbraio 1797, dopo la fucilazione arbitraria di alcuni Schützen Tirolesi, Joubert ha fatto affiggere un manifesto in lingua italiana a Trento, per informare che “i francesi erano arrivati nel Tirolo per liberare la popolazione e far comprendere la differenza tra mentalità francese e la tirannide austriaca”. L’esercito francese continua evidentemente a considerare le Compagnie di Schützen come bande irregolari, in cui uomini possono essere fucilati senza processo come banditi qualsiasi. Al proclama il comandante degli Schützen trentini Giuseppe Maria Fedrigoni risponde precisando come da oltre due secoli, sulla base di quanto stabilito dal Libello di Massimiliano I, gli Schützen tirolesi godano degli stessi diritti di guerra di tutti i soldati in uniforme. Ma più che un problema di effettivo riconoscimento degli Schützen, può esserci più facilmente dall’altra parte il problema di riconoscimento delle regole e dell’onor militare, che i francesi di Napoleone osservano tendenzialmente a modo loro.

 

Tratto dal libro: „Dagli Schützen la salvezza.Il cuore nel cuore dell’Europa“ Scritto da Elena Bianchini Braglia,pag.52.53.54.55.56.57.58.

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